MEDIAEDUCATION - Mondo Voc ottobre 2014 Torna al sommario
SACRO E PROFANO IN TV
The voice e suor Cristina
Forma di evangelizzazione o fenomeno da baraccone?
Una suora che canta in tv non è un modo per evangelizzare, per avvicinare giovani alla Chiesa. Non c’è alcun messaggio di fede dietro quelle esibizioni, ma solo una strategia di promozione vincente, che sfrutta la bizzarria di alcuni personaggi per fare audience.
di Stella F.
Lo chiamano il fenomeno suor Cristina, quello creato dal talent show The voice, che ha tenuto incollati allo schermo milioni di telespettatori a vedere, ogni settimana, le performance della giovane religiosa siciliana. Sacro e profano mescolati in una formula di successo, che ha visto suor Cristina trionfare con il suo coach J-Ax, definitosi il diavolo rispetto al suo opposto: l’acqua santa.
Per mesi non si è parlato di altro. Il video della prima esibizione della talentuosa sorella è stato il più visto su Youtube, mentre su Twitter il suo fan club l’ha difesa contro ogni illazione e l’ha sostenuta fragorosamente fino alla vittoria.
Il bizzarro che attira
Bella voce, niente da dire, ma non certo la migliore del programma. E dunque, perché tanto successo?
Un articolo pubblicato sul Fatto ha provato a spiegare questo fenomeno: “Per creare fenomeni del genere – vi si legge - questi personaggi devono essere bizzarri e spiazzanti; devono dare l’impressione, almeno all’inizio, di essere fuori posto, non devono fare la cosa giusta (o, meglio ancora, non essere la persona giusta) al posto giusto. È questa forse la chiave per suscitare interesse, imprimersi nella memoria e sentire quindi il bisogno di condividerli. Proprio come suor Cristina (che ci fa una suora in un posto come The Voice?)”.
Il punto è proprio questo. Che c’entra la religione in una trasmissione televisiva generalista? Se c’entra! Si tratta di una forma di dialogo tra fede e laicità oppure la presenza di quell’abito nero col velo nel format televisivo è solo una strumentalizzazione, pensata ad arte per fare audience?
Suor Cristina o un novantenne: il risultato non cambia
Se quanto affermato dal quotidiano è vero, allora ad aver fatto schizzare gli ascolti è stata solo la stranezza di quella presenza in uno show in cui nessuno si aspettava di vedere una suora; non dunque il messaggio religioso attraverso questa veicolato. A nessuno è importato che lei rappresentasse un’ideale ed infatti il Padre nostro recitato dopo la vittoria ha infastidito, è risultato eccessivo, fuori luogo.
Quella che ha conquistato è stata la novità e, in un certo senso, l’assurdità di quella figura. Se al suo posto ci fosse stato un novantenne con la voce altrettanto potente sarebbe stato uguale. Avrebbe destato curiosità perché fuori dallo schema, diverso dal gruppo. E molto probabilmente avrebbe vinto.
Religione e media: l’area di incontro
Questo non significa che la religione non possa trovare nei media un canale di trasmissione. “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”, dove il cambiamento è rappresentato dalla presenza dominante dei nuovi media, è non a caso il titolo del Direttorio delle comunicazioni sociali, pubblicato dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Il punto è che per parlare di fede, di Dio, del messaggio di Cristo servono i contesti adatti, anche in tv o sul web occorrono format dedicati, ambiti specificamente pensati a tal fine. Il talent show non è certo il posto giusto. Lì ci si esibisce e si compete non si evangelizza. È un gioco e una sfida insieme non un’occasione di riflessione e approfondimento, che invece il messaggio religioso richiede. E così, la suora cantante non potrà mai rappresentare l’espressione di una vocazione evangelica che usa la voce come mezzo di trasmissione, ma sarà solo un triste e patetico fenomeni da baraccone, destinato all’oblio quando i riflettori si spengono.
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