ATTUALITÀ - Mondo Voc ottobre 2014                                                       Torna al sommario

 

 

DIALOGO TRA CREDENTI E LAICI

Un'amicizia possibile

Dal vaticano II alle parole di papa Francesco

 

Può esservi un proficuo dialogo tra cattolici e laici? Se il fine non deve essere quello di fare proseliti, come può porsi un cattolico rispetto a chi non crede?

 

di Salvatore Izzo

 

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“Sentono il peso dell’inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia, mentre si interrogano sull'attuale andamento del mondo”, che con le sue ingiustizie a carico dei più deboli “sfida l'uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta”. Più di mezzo secolo fa il Concilio Vaticano II aveva fotografato così - al numero 4 della “Gaudium et Spes” - la condizione drammatica dei non credenti, letta come una opportunità per incontrare Dio, non più stigmatizzata come una carenza. Infatti, “immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente i valori perenni e di armonizzarli dovutamente con le scoperte recenti”. Una vera rivoluzione copernicana, realizzata in parallelo all’affermazione sui “semi della verità” sparsi anche da chi avendo una fede diversa non si riconosce nel Vangelo, dove soltanto possiamo cercare la verità tutta intera.

 

Cosa ne è stato di quell’inversione di rotta? Paolo VI  (beatificato da Papa Francesco il 19 ottobre 2014)  tentò di dare consistenza all’intuizione del Concilio creando il Segretariato per i non credenti, che oggi è il Pontificio Consiglio per la cultura e che ha tra i suoi obiettivi studiare il fenomeno dell’ateismo per comprenderne le ragioni profonde, e instaurare e sviluppare il dialogo con i non credenti. Benedetto XVI ha poi voluto arricchirlo nel 2010 con il  “Cortile dei gentili”, un luogo d’incontro, cioè,   appena “fuori”  dalla comunità ecclesiale, basato sul rispetto e l’apertura all’altro da entrambe le parti.

 


 

Nessuna condanna per chi non crede 

cover2“Il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede?”, ha chiesto a Papa Francesco un grande non credente di oggi, Eugenio Scalfari, l’anziano fondatore della Repubblica. E il Pontefice - esattamente un anno fa sulle pagine dello stesso laicissimo giornale - ha risposto che certamente “la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito”, ma “la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire a essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”. 

 


Fratelli in cammino su una strada di bontà

impronte-sabbia“Tutti siamo fratelli. Credenti, non credenti, o di questa confessione religiosa o dell’altra, ebrei, musulmani … tutti siamo fratelli!”. Sono parole di Papa Francesco nell'intervista tv rilasciata ad alcuni ragazzi belgi il 31 marzo scorso. In quell’occasione, il Pontefice ha spiegato ai suoi giovani amici fiamminghi e al mondo intero che chi “cerca Dio e, forse, non riesce a trovarlo, ma va su una strada di onestà, cercando la verità, per una strada di bontà e una strada di bellezza … è su una buona strada e troverà Dio sicuro! Tardi, prima, ma lo troverà”. “Il cammino - ha aggiunto - è lungo e alcune persone non lo trovano, nella vita. Non lo trovano coscientemente. Ma sono tanto veri e onesti con se stessi, tanto buoni e tanto amanti della bellezza, che alla fine hanno una personalità molto matura, capace di un incontro con Dio, che è sempre una grazia. Perché l’incontro con Dio è una grazia”.

 


La fede non è intransigente

Anche dalla lettera di Francesco a Scalfari, del settembre 2013, “risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”.  L’originalità, della fede cristiana, del resto, “sta proprio nel fatto che la fede ci fa partecipare, in Gesù, al rapporto che egli ha con Dio, in questa luce, al rapporto che egli ha con tutti gli altri uomini, compresi i nemici, nel segno dell’amore. In altri termini, la figliolanza di Gesù, come ce la presenta la fede cristiana, non è rivelata per marcare una separazione insormontabile tra Gesù e tutti gli altri: ma per dirci che, in lui, tutti siamo chiamati a essere figli dell’unico padre e fratelli tra di noi”.

 


Dare a Cesare per dare a Dio

napolitano-papa_francescoDa questa affermazione, per il Pontefice chiamato “quasi dalla fine del mondo”, “consegue anche, e non è una piccola cosa, quella distinzione tra la sfera religiosa e la sfera politica”, la cui identificazione mortifica invece entrambe le dimensioni. La laicità sancita nel Vangelo dalla raccomandazione di “dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”, rappresenta il modo possibile di una collaborazione tra chi ha fede e chi non ha ricevuto (ancora) questo dono, ha osservato Francesco, che nella lettera al fondatore di Repubblica ha messo in luce come essa sia “affermata con nettezza da Gesù” e che su di essa “faticosamente, si è costruita la storia dell’Occidente. La Chiesa, infatti, è chiamata a seminare il lievito e il sale del Vangelo, cioè l’amore e la misericordia di Dio che raggiungono tutti gli uomini, additando la meta ultraterrena e definitiva del nostro destino, mentre alla società civile e politica tocca il compito arduo di articolare e incarnare nella giustizia e nella solidarietà, nel diritto e nella pace, una vita sempre più umana”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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