ATTUALITÀ - Mondo Voc novembre 2013 Torna al sommario
UN DIALOGO APERTO A TUTTI
Breve storia sulla pace post conciliare
Da Giovanni XXIII a papa Francesco
L’incontro di Francesco con Gustavo Gutierrez, fondatore della Teologia della Liberazione, ha segnato la fine di una lunga e pesante “guerra teologica” che ha segnato
di Gianni Epifani
Questa storia si apre con un Papa, Giovanni XIII, fa un cammino di 50 anni, e ci porta ad oggi, fino a Francesco.
Questa storia parla di pace e progresso, parte dal Concilio Vaticano II e, passando attraverso
Questa storia, che è più una cronistoria documentale, non ha grandi pretese. Vuole solo offrire uno spunto di riflessione – a cinquant’anni dal Concilio – su quello che rappresentava per Papa Roncalli il valore della pace, ma che i padri conciliari – forse anche a causa della morte di colui che lo indisse – non riuscirono a trasformare in azione concreta, circoscrivendolo ad una sorta di impegno programmatico.
Eppure il bisogno di parlare di pace e di giustizia e avere indicazioni su questi temi era avvertito fortemente, specialmente laddove di giustizia e di pace ce n’erano poche. E ancora oggi lo è.
I documenti post-conciliari
C’è un nesso fortissimo tra pace e giustizia. Quando, nel 1963 si chiuse il Concilio Vaticano II, fu netta la sensazione che alcune delle questioni più urgenti e delicate affrontate dal consesso fossero rimaste senza soluzione. Tra queste, quella della povertà, della miseria e del progresso dei popoli, che sono spesso all’origine di molti conflitti.
Temi cari a Giovanni XIII che, qualche mese prima di morire, con la sua ultima enciclica Pacem in Terris, aveva lanciato un appello forte: in un mondo dominato dal capitalismo, offeso dal colonialismo e lacerato dalla guerra fredda “cerchino, tutte le nazioni, tutte le comunità politiche, il dialogo, il negoziato”.
Sulla scia di questa esortazione, quattro anni dopo, il successore di Papa Rocalli, Paolo VI, promulgava l’Enciclica Populorum Progressio con il fine di “promuovere il progresso dei popoli più poveri, […] favorire la giustizia sociale tra le nazioni, […] offrire a quelle che sono meno sviluppate un aiuto tale che le metta in grado di provvedere esse stesse e per se stesse al loro progresso. «Giustizia e pace» è il suo nome e il suo programma”.
Il nesso tra sviluppo (o il suo contrario) e pace fu al centro anche dell’incontro promosso - nel 1968 - a Medellìn dai vescovi latinoamericani che nel documento finale così si espressero: “Se «lo sviluppo è il nuovo nome della pace» (PP 87), il sottosviluppo latinoamericano, con caratteristiche proprie nei diversi paesi, è una situazione ingiusta promotrice di tensioni che cospirano contro la pace”.
Su queste basi prese il via, negli anni seguenti, quella corrente di pensiero denominata Teologia della Liberazione che, pur nascendo dalla dedizione ai poveri, ha dato vita a fenomeni violenti quali lotta armata e rivoluzioni.
La strada così intrapresa si discostava non poco dagli orientamenti postconciliari e con quanto affermato nella Populorum Porgressio, in cui – a proposito della rivoluzione – si legge: “l’insurrezione rivoluzionaria - salvo nel caso di una tirannia evidente e prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del paese - è fonte di nuove ingiustizie, introduce nuovi squilibri e provoca nuove rovine. Non si può combattere un male reale a prezzo di un male più grande”.
Lo scontro tra i sostenitori della Teologia della Liberazione e la posizione ufficiale della Chiesa è proseguito, comprensibilmente, fino ad oggi. I pontefici successori di Paolo VI, Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI, pur riconoscendo i principi positivi e utili che sono alla base del filone, hanno sentito però la necessità di prendere le distanze dal movimento e dalle sue derive tendenziose. “La concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della chiesa”, aveva affermato Papa Woityla nel 1979. Posizione condivisa da Ratzinger che, ancora cardinale, in due documenti ufficiali ammoniva sui pericoli delle deviazioni dalla dottrina.
L’era Bergoglio
A settembre di quest’anno accade però qualcosa di inatteso, in una vicenda che sembrava ormai cristallizzata e stazionaria sullo scontro. Papa Bergoglio riceve in udienza Gustavo Gutierrez, uno dei fondatori della Teologia della Liberazione, sorprendendo il mondo intero.
In realtà più che una sorpresa, questa è stata una conferma della coerenza e della lungimiranza di questo Papa. Non solo perché – come ha detto il prefetto della congregazione per
I suoi gesti, le sue azioni rappresentano una significativa e promettente novità. La differenza che si nota rispetto al passato, rispetto all’impegno per la pace portato avanti con coraggio e tenacia anche dai suoi predecessori, è che stavolta l’invito al dialogo si concretizza in incontro dal vivo, in faccia a faccia con i portatori di qualunque posizione o idea, che vogliano confrontarsi con Francesco, quale rappresentante di tutta
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