GMG. La valigia del ritorno
Quello che si porta a casa resta per sempre
La GMG di Rio nelle impressioni dei giovani che l’hanno vissuta, con tanto entusiasmo, qualche superabile difficoltà pratica, ma a contatto con persone straordinarie nella loro semplicità, ricavandone una lezione di grande umanità che non potranno dimenticare tanto facilmente.
di Stefania Careddu
Quando si torna a casa da un viaggio si fa un po’ fatica a richiudere la valigia. Ci sono i vestiti ripiegati alla meglio, qualche piccolo souvenir da regalare a parenti e amici, ma soprattutto ricordi, momenti, volti, situazioni, parole, foto, propositi. Succede sempre, a maggior ragione se si è vissuta una Gmg.
Che sia stata la prima o l’ultima di una serie, che sia stata voluta con tutte le forze o sia capitata, ciò che ci si porta a casa è un bagaglio stracolmo che tuttavia non pesa. Anzi, spinge ad andare avanti, mette ali alle speranze e dà forma ai sogni.
Una lezione di vita
“Ho toccato con mano cosa è la libertà vera: dalle cose materiali, dagli oggetti, dai confort, dai mezzi di trasporto che condizionano la vita”, confida Daniele, di Ascoli, che nei giorni precedenti all’evento carioca ha partecipato alla Settimana Missionaria: “sono stato accolto in una famiglia che vive in una favela. È stata un’esperienza forte, un pezzo di cuore è rimasto ad Itaquà”. Se per Daniele quella di Rio è stata la quarta Gmg dopo le edizioni di Roma, Colonia e Madrid, per Jessica, anche lei della diocesi di Ascoli Piceno, è stata la prima. “Ho imparato – afferma – che ciò che conta è quello che riusciamo a dare: in Brasile abbiamo ricevuto un’accoglienza straordinaria, la gente è sempre sorridente anche se non ha nulla. Le persone che mi hanno ospitato hanno dormito sul divano per lasciarmi il loro letto. La casa non aveva intonaci e non c’era l’acqua potabile, ma per me è stato come vivere nella Reggia di Versailles”. “Ci siamo capiti nonostante parlassimo lingue diverse: è l’amore – osserva - che ci ha fatto comunicare”.
Tornare cambiati
“Ho scoperto la gioia della condivisione e sento che qualcosa dentro di me è cambiato. Indubbiamente la mia fede si è rafforzata”, dice Marco, 22 anni, di Popoli, in provincia di Pescara. “Ho capito che bisogna cominciare da noi, che bisogna muovere per primi noi stessi”, gli fa eco Chiara, 18 anni, volontaria di ‘Casa Italia’ (il quartier generale tricolore, punto di riferimento per tutti i pellegrini italiani). “Prima di partire non ero così, tornerò cambiata. Due anni fa – racconta - ho perso mio papà, allora mi sono allontanata da Dio, dalla Chiesa. Ero arrabbiata. Venendo qui, invece, ho capito che Lui c’è. E pensare che non dovevo esserci”. Non avrebbe dovuto esserci nemmeno Erika, diciottenne, di Scicli, in provincia di Ragusa. “Sono qui perché ho vinto il biglietto messo in palio nella mia diocesi. Da quel momento l’ho sentita come una chiamata, perché nulla è casuale”, sorride la ragazza che aggiunge: “spero che le parole di Papa Francesco continuino ad essere il trampolino di lancio per staccarci dalla monotonia quotidiana e ritornare all’intimo di noi stessi, alla nostra spiritualità”.
A Rio, Simone, calabrese di 27 anni, ci è arrivato insieme a Noemi, la sua fidanzata: “abbiamo voluto partecipare a questa Gmg per fare discernimento, per capire la Sua volontà su di noi, per capire se questa storia la vuole anche Lui. Poi per consolidare la fede, ovviamente: per aprirci maggiormente al Signore”.
Sentirsi Chiesa
“Mi ha dato la carica vedere tanti ragazzi che credono come me. A volte credere in Dio è quasi un fattore di discriminazione. Qua mi sono resa conto che davvero non sono da sola”, spiega Agnese, 19 anni. “Ho fatto esperienza concreta di Dio, attraverso le parole che ho ascoltato, le celebrazioni eucaristiche, ma – continua – ho capito anche che davo per scontate tante cose. Ho visto dei posti bellissimi e ho realizzato che Dio è anche nella natura, perché ti guardi intorno e ti rendi conto che non è stato l’uomo a fare tutto questo”. Sofia, diciottenne romana, invece è arrivata a Rio con la voglia di “rivedere l’esistenza di Dio”. “Ero in ricerca e – rivela - iniziavo ad avere dei dubbi: grazie all’esperienza delle persone che ho trovato qui e i fatti accaduti in questi giorni, ho avuto la conferma che Lui c’è”.
“Essere discepoli non è facile”, ammette Francesca, 22 anni, di Perugia. “Cercherò di meditare e pregare sulle parole del Papa. A volte – rileva – si ha quasi paura di ‘perdere la faccia’, parlando della propria fede. Mi ha colpito molto sentir dire che ‘evangelizzando si viene evangelizzati’. È vero, perché è proprio in quei momenti che la fede si fortifica e ci si sente più Chiesa”. Lucia, 30 anni, di Rionero in Vulture (PZ), porta a casa un “maggiore entusiasmo per essere testimone credibile di fede, ma anche tanta serenità” perché, come ha ricordato Papa Francesco, “le croci non le portiamo da soli, ma con Cristo”.
Essere missionari a casa
“Spero di arricchire la mia parrocchia con l’esperienza che sto facendo qui ”, è lo spirito con cui Carmelo, 31 anni, torna nella diocesi di Noto. “Per il nostro gruppo – sottolinea – è stata una doppia esperienza di condivisone: con giovani di tutto il mondo e tra di noi. Prima di partire non ci conoscevamo, apparteniamo a diocesi diverse”. “A partire da questi giorni vissuti insieme – conclude Simona, 27 anni, di Ragusa – potrebbe nascere una bella sinergia tra le diverse parrocchie della nostra zona”. Idee che hanno il sapore della progettualità. Tessere che fremono per comporre un puzzle. Desideri che vogliono diventare realtà. È questa la forza della Gmg.
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