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Giovani ed “ateismo pratico” nell’anno della fede


La vita di molti giovani e meno giovani di oggi sembra essere caratterizzata da un “ateismo pratico” che si traduce concretamente nel vivere una vita impegnata, piena di cose da fare dalla mattina alla sera, fatta solo di lavoro, lavoro, lavoro. E basta. Dio sembra non fare più parte dell’orizzonte dell’esistenza. E le sue risposte di fronte ai problemi concreti non sembrano essere più tanto valide e veloci come quelle di uno smartphone. L’anno della fede, dunque, invita a guardare in alto, per ritrovare nella fede la bussola che il mondo di oggi, lontano da Dio, impegnato nella ricerca di sempre maggiori agi e capitali, sembra aver perduto.


di Santi Scibilia


Giovani_ateismo_pratico“Io credo in Dio… e mi basta!”. Non si tratta di una vera e propria professione di fede, ma piuttosto di una sorta di “mini-male” che accomuna molti giovani e meno giovani di oggi. Non parliamo di quei pochi che professano un ateismo filosofico, parliamo invece di quei più a cui, in realtà, non interessa la questione nel suo insieme e si affidano a fenomeni di cui spesso si sente parlare: chi all’indifferenza, chi all’individualismo e chi invece ad una sorta di nuova tendenza di cui più recentemente si discute, il cosiddetto ateismo pratico. Non è necessario cercarne una definizione nei libri di filosofia o di teologia, è più semplicemente la naturale tendenza di quei giovani che concretamente vivono una vita impegnata, piena di cose da fare dalla mattina alla sera, o per alcuni una vita fatta di lavoro, lavoro, lavoro. E basta.


La cosa più interessante, addirittura sorprendente, o forse anche curiosa di questo, per lo più, inconsapevole atteggiamento di vita, è che il fenomeno può toccare anche i religiosi e soprattutto i giovani religiosi. Sacerdoti e suore, anche loro, non è detto che siccome vestano un abito non possano contrarre questa specie di malattia dell’anima, non appena comincino a smettere di affidarsi a Dio e alla preghiera per confidare di più nei numeri dei propri risultati, nell’efficientismo del proprio operato, nella ricerca di ciò che funziona a discapito di ciò che è buono e giusto anche se meno performante.


Giovani_ateismo_pratico_2I tempi di crisi accentuano ed aggravano la situazione, invitano a guardare verso il basso piuttosto che verso l’alto, a cercare soluzioni pratiche più che spirituali, a mettere da parte Dio se le risposte che da Lui ci vengono non ci sembrano più tanto valide e veloci come quelle di uno smartphone.


Ecco perché allora abbiamo bisogno di un anno per riflettere e per cercare di capire quanto abbiamo bisogno di fede, cioè di riscoprire in noi quella virtù che ci faccia andare oltre i risultati e che ci convinca che, alla fine, gli ultimi saranno i primi.


Senza rendercene conto continuiamo ad allontanarci da Dio per dedicarci a mille cose da fare, mentre ci dimentichiamo che “una sola è la cosa di cui c’è bisogno”.


I giovani hanno bisogno di una rinnovata fede in Dio per superare la vera crisi interiore che viviamo in questo tempo, laddove non è il livello dello spread che ci dirà se siamo sulla strada giusta, ma la nostra capacità di alzare gli occhi al cielo per essere più solidali e meno speculatori. C’è un sistema economico, quello su cui sono fondate le logiche dei potenti, che ha veramente poco a che fare con il Vangelo; mentre quel sistema insegue sempre migliori performance di mercato a discapito dei meno abbienti, almeno noi dovremmo cercare di non farci fagocitare dallo stesso meccanismo.


L’anno della fede, dunque, invita tutti i giovani a guardare in alto, per ritrovare nella fede la bussola che il mondo di oggi, lontano da Dio, impegnato nella ricerca di sempre maggiori agi e capitali, sembra aver perduto… per il momento.

 

 

 

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