ORIENTARSI - Mondo Voc agosto - settembre                                                        Torna al sommario

 

 

UN PROGETTO VOCAZIONALE NON è MAI FACILE

 

Tobi, il giusto provato da Dio
 

La vocazione risolta dalla preghiera

 

Tobi è un credente verace e “solitario”, perché chi vuole seguire il suo Signore non trova facile compagnia lungo la strada. Anche oggi la vocazione è sempre più la scelta radicale del singolo, solo davanti a Dio. Tobi vive anche la prova come vocazione, e la sua vicenda ha similitudini con la storia di Sara. Dice la Bibbia che la supplica di ambedue – Tobi e Sara – «fu accolta davanti alla gloria di Dio», perché la preghiera vocazionale è condannata a essere esaudita.

 

di Amedeo Cencini

 

TobiIl libro di Tobia è un racconto quasi romanzesco, ma profondamente intriso di quella fede che diventa sempre più serena fiducia nella provvidenza dell’Eterno che non può abbandonare chi osserva la sua parola e mette la propria piccola vita nelle sue grandi mani. Ma è anche un libro e racconto vocazionale, ricco com’è di un susseguirsi di chiamate e missioni, di rivelazioni e teofanie, di ascolto del Dio che invia e di obbedienza di chi è mandato, con diversi soggetti e interpreti. Lo affronteremo in due momenti di riflessione.

 

 

“Io ero il solo…” (Tb1,6)

Tobi si presenta in modo davvero “singolare”: prima ancora dell’esilio, quando ancora la sua famiglia era nella terra d’Israele “io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme nelle feste per obbedienza a una legge perenne”. Nel tempo poi dell’esilio-prigionia a Ninive, continua a seguire “le vie della verità e della giustizia” (1,3), a differenza dei suoi connazionali che si dedicavano ai culti stranieri (“ma io mi guardavo bene dal farlo”, 1,11); fa l’elemosina e si sente in dovere di seppellire (di nascosto) i morti degli stessi suoi connazionali e finisce per pagare molto cara questa sua pietà verso i defunti, costretto com’è a fuggire dal re che lo vuole punire.


C’è una accentuata solitudine nella vita di questo credente verace. La stessa solitudine di chi vuole seguire il suo Signore lungo la via che egli gli indica, che non sarà mai una via tanto battuta e trafficata da molta gente, ne’ sarà una via facile e in discesa, tanto meno una via lungo la quale si raccolgono consensi e onori. Viene in mente una certa situazione vocazionale attuale. Un tempo forse, così ci raccontano i nostri padri, certi percorsi vocazionali erano abbastanza frequentati, i seminari erano pieni poiché ancor prima lo erano le chiese. Oggi non è più così, e molti se ne rammaricano. Eppure non è del tutto negativa la situazione: la vocazione, da quella alla fede (del semplice credente) a quella a una chiamata di consacrazione specifica, è diventata un fatto non più automatico o di massa, ma è sempre più una scelta del singolo e di pochi singoli. E questo non è detto che sia un male, ma potrebbe essere un fattore che qualifica la scelta. Se davvero verrà recuperata nella Chiesa la coscienza vocazionale come atteggiamento generale, ne guadagnerà la risposta vocazionale sia in quantità che in qualità.

 


“… che venga tolta la mia vita” (3,6)

Tobi_ciecoMa la vita di Tobi continua a essere attraversata da eventi sfortunati: a un certo punto diventa cieco per una banale caduta di escrementi di uccelli sui suoi occhi; la gente lo deride, la moglie lo irride, invitandolo implicitamente a ribellarsi a quel Dio che lui aveva servito e che ora sembra “ricompensarlo” in questo modo. Tobi non cede e resta se stesso anche nella prova. Potremmo dire che egli vive anche la prova come vocazione, come la chiamata del momento, per quanto misteriosa e dolorosa. Accetta infatti il suo stato senza ribellarsi, e non solo, ma chiede alla moglie il rigore del comportamento corretto, quando ha il sospetto che il capretto che qualcuno le ha regalato sia stato rubato. A dire il vero si lamenta anche con Dio, ma soprattutto si fa carico del peccato della sua gente dinanzi al Signore, e accetta col sacrificio della sua vita di pagarne la pena. In qualche modo anticipando il gesto redentivo di Gesù sulla croce e di ogni autentica vocazione cristiana.


Oggi si tende molto a dimenticare il senso redentivo della chiamata, forse considerato meno attraente, che invece resta centrale in ogni vocazione. La quale non è mai in funzione esclusiva del chiamato, neanche della sua propria salvezza, ma lo spinge semmai ad entrare nella logica pasquale dell’Agnello innocente, di chi sceglie di non scendere dalla croce, come lo sfidano i suoi crocifissori, con lo scopo di salvare se stesso. Gesù è il Salvatore, infatti, perché ha scelto di salire la croce per la salvezza degli altri, dell’umanità intera. Non certo per la propria salvezza. E proprio dalla sommità della croce non cessa di chiamare altri a scegliere questa stessa libertà, la libertà e il fascino del dono di sé per gli altri. Per questo, paradossalmente, la croce attrae. Come la più potente provocazione vocazionale.

 


“Dopo lacrime di pianto, tu diffondi la gioia” (3,22, volgata)

Tobi_SaraIn parallelo alla vicenda drammatica di Tobi si sviluppa un’altra storia, quella di Sara, con evidenti similitudini e convergenze. Anche Sara si trova in una situazione singolarmente drammatica (ha avuto sette mariti, tutti morti uno dopo l’altro), soffre gli insulti di chi la offende proprio per questo, si sente sola e abbandonata, ma resta fedele al Dio dei padri e si rivolge a lui con una preghiera struggente, che dice tutta la passione del suo cuore ma anche la certezza della fedeltà del Dio misericordioso.


Da un lato, allora, e in prospettiva vocazionale, Sara – che aveva avuto ben sette mariti – mi fa pensare a un certo tipo di giovane d’oggi che ben conosciamo e che magari frequenta i nostri incontri vocazionali: giovane di belle speranze e grandi progetti, ma incapace di fedeltà e di costanza, di iniziare un cammino seriamente per portarlo avanti sino in fondo. E che di fronte alle prime difficoltà si spaventa, non affronta il problema, si tira indietro e passa a un altro progetto, illudendosi di risolvere in tal modo i suoi problemi e di trovare un progetto vocazionale facile e che non gli ponga alcuna sfida. E così passa da un’esperienza all’altra e non conclude niente, anzi, a volte, crea anche problemi laddove passa. Sembra quasi che sia qui all’opera una sorta di dèmone della “frustrazione vocazionale”.


Non è certo il caso di Sara, che supplica con fiducia il suo Dio con una preghiera… vocazionale, perché il Signore le riveli alfine il suo piano, la strada da seguire.


Dice il testo sacro che in quel momento la supplica di ambedue (Tobi e Sara) “fu accolta davanti alla gloria di Dio” (3,16), perché la preghiera vocazionale è condannata a essere esaudita.

 

 

 

Copyright © La riproduzione degli articoli di MondoVoc richiede il permesso espresso dell'editore