STORIE DI VITA - Mondo Voc gennaio 2011                                                        Torna al sommario



ROSALBA ARMANDO. Il fiore della Siberia


di Vito Magno


Si occupa da 18 anni a Novosibirsk, capitale della Siberia, di progetti sociali per l’integrazione delle ragazze madri e dei ragazzi orfani. Rosalba Armando ha 48 anni, è di Cuneo e dirige un’organizzazione non governativa del Movimento Comunione e Liberazione, l’AVSI della Siberia. In una città di un milione e mezzo di abitanti, dove il numero dei bambini abbandonati è raddoppiato rispetto agli anni novanta, la Comunità di Accoglienza che lei ha creato è ritenuta da tutti “un fiore nel deserto”.

rosalba_armandoPerché ha lasciato l’Italia per fare la missionaria in Siberia?

Nasce tutto da una passione nei riguardi delle persone, che si è accesa grazie alla passione che un Altro ha avuto per me.

Da quando si è stabilita in Siberia?

Da 18 anni. Partii da Cuneo, dal Piemonte, per Novosibirsk, capitale della Siberia. Lo scopo iniziale era quello di insegnare all’Università di Novosibirsk in collegamento con l’Università Cattolica di Milano. Erano gli anni in cui, caduto il muro di Berlino, si moltiplicavano le iniziative di collaborazione tra l’Europa e la Russia.


Che scopo aveva il progetto?

Era destinato agli assistenti sociali.


Era la prima volta che svolgeva attività di volontariato?

No. In Italia per alcuni anni mi ero preso cura dei bambini che avevano problemi relazionali.


E ora nella capitale della Siberia lei con altre missionarie di che cosa vi occupate?

Collaboriamo con le strutture che l’Amministrazione Pubblica ha. In una casa di accoglienza ospitiamo 58 ragazze madri con i loro neonati. Vivono con noi un anno e mezzo e si prendono cura dei loro bambini dalla nascita fino a quando sono accolti all’asilo nido. Dopo i primi mesi che imparano come lavare il bambino, come allattarlo, come svezzarlo, ci informiamo se le mamme hanno fatto la scuola dell’obbligo e se hanno una professione. Dopo di che cerchiamo di dare loro la possibilità di studiare, di imparare un mestiere, di trovare un lavoro e anche una stanza da prendere in affitto per essere reinserite nella società civile.


Quanti siete?

Siamo 11 a fare le assistenti sociali, poi ci sono i consulenti di progetti.


Ricorda quante ragazze madri e quanti orfani avete aiutato in 18 anni?

Più di due mila. Ciascuno è stato aiutato secondo le proprie necessità. Ad esempio con i ragazzi degli orfanotrofi cerchiamo di capire che attitudini hanno per assicurarli ad una professione adeguata ed essere protagonisti nella realtà di Novosibirsk.


Può raccontare una storia che l’ha particolarmente colpita?avsi_siberia

Sì, quella di una ragazza che viveva in un tombino assieme ad alcuni suoi amici. Rimasta incinta e volendo tenersi la bambina ha lasciato i sottofonti della città, ma ha continuato a fare la vita di strada. È venuta nella nostra Casa di accoglienza, ma le ho detto che se avesse continuato a prostituirsi le avrei portato via la bambina. Se ne è andata, ma l’abbiamo seguita a distanza finché non abbiamo perso le sue tracce. Dopo un anno e mezzo casualmente un nostro collega l’ha incontrata in una mensa e l’ha riconosciuta. La ragazza gli ha confidato di avere un gran desiderio di venire a trovarci, perché dopo che era andata via era rimasta molto colpita dal tono e dalla fermezza che avevo usato nei suoi confronti. Nessuno fino ad allora era stato così duro con lei. Ma proprio quella mia presa di posizione le aveva giovato. Da quel giorno aveva cercato un lavoro, aveva ritrovato il papà della bambina, si erano sposati, ed era stata assunta nella mensa. Il suo desiderio ora era quello di venire a darci una mano.


Come avete festeggiato il decennale della Casa di Accoglienza?

Per tutto settembre in piazza Pirmenov e fino al 31 ottobre davanti l’ingresso del Centro commerciale Royal Park, abbiamo allestito la mostra fotografica “Il rischio di educare”: venti pannelli articolati in tre sezioni (Accogliere, non scegliere: «Mi aspettate?»; Per educare ci vuole un adulto; La violenza è un vicolo cieco), in occasione della campagna nazionale contro la violenza sui bambini organizzata dal Fondo per il sostegno ai minori in difficoltà, che ci ha permesso di usare il suo logo. Una mostra che non pretende di insegnare il mestiere di genitori o di dare istruzioni, ma propone un nuovo punto di vista sull’educazione.


Si sente missionaria?

Se per missionaria si intende affrontare la realtà e condividere con i più disagiati quello che c’è, allora mi sento una missionaria.


Pensa di restare ancora a lungo in Siberia?

Non mi sono data una scadenza.

 

 

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