Il numero di FEBBRAIO 2013
affronta il tema
Quello della ricchezza più che un mito è un culto. I soldi governano il mondo, le relazioni umane, le scelte delle persone, in poche parole le nostre vite. E sono amati, desiderati, cercati, spesso a qualunque costo.
Sottrarsi a quella che da molti viene definita, a ragione, come una dittatura è davvero difficile. Più che altro ci vuole personalità e una buona dose di fiducia in se stessi per ribellarsi ai cliché e decidere di dare valore ad altro nella vita, che non siano l’avere e la ricchezza. Lo sappiamo tutti che accumulare beni è completamente inutile. La nostra “roba” dovremo lasciarla prima o poi e l’unico tesoro che potremo portarci dietro sarà quello delle opere compiute. E sappiamo anche molto bene che non è importante la ricchezza materiale, ma quella dello spirito. Sono certo che la gran parte di noi creda davvero in questa affermazione, capendo bene il valore di un’interiorità feconda e la gratificazione profonda che questa dà e che è molto più duratura di quella offerta dalle cose.
Ciò nonostante, di fronte ad una bella vetrina, la tentazione di fare un acquisto anche non necessario è forte e le probabilità di trasformare quel desiderio in un bene proprio è alta. Perché l’oggetto che abbiamo visto e che ci piace fa pendant con quel bel vestito a cui non sappiamo mai cosa abbinare o perché sostituisce qualcosa di demodé o di un po’ logoro, che è meglio cambiare. La nostra società è così. È la società dell’apparenza, del consumo e del superfluo e noi, vivendoci, ne subiamo le regole. Però attenzione! La società non è qualcosa di estraneo a noi. Non è altro da noi. Siamo noi la società. Per cui, se è vero che a dettarvi legge sono i pochi che detengono il potere economico, è anche certo che un nostro rifiuto avrebbe la forza di far perdere efficacia ai dettami che governano la cultura dell’opulenza. Ma come si fa a respingere i diktat con cui il sistema ci soggioga? Con la presa di coscienza, l’intelligenza e il coraggio.
Se ci fermiamo un attimo a riflettere e facciamo funzionare la testa, capiamo. E se comprendiamo, la forza di dire no nascerà spontanea in noi, perché è nella natura dell’uomo rifiutare di essere sottomesso e di perdere la propria libertà. È nato così questo numero di MondoVoc, per stimolare una riflessione sul mito, culto, prigionia - e chi più ne ha più ne metta - della ricchezza, nella certezza che domani, davanti alla vetrina, uno di noi inizi a dire no. E poi due, e poi tre, fino a diventare una moltitudine, una società di persone libere dalla schiavitù del possesso.
Gianni Epifani
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