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Pellegrini della fede nelle periferie del mondo. E dell’anima

Nei giorni scorsi, mentre i giornali davano risalto alla mamma che per fame e disperazione si prostituiva insieme a sua figlia a Rimini, passava quasi inosservata la notizia che nella stessa città la Comunità Papa Giovanni XXIII chiedeva formalmente al vescovo Lambiasi l’apertura della causa di beatificazione di don Oreste Benzi, il prete “dalla tonaca lisa” che ha svolto gran parte del suo ministero nelle periferie. Un pioniere, si direbbe, della missionarietà spesso richiamata da Papa Francesco, come fosse un chiodo fisso. Per decenni Don Benzi ha combattuto la prostituzione, la droga, l’emarginazione, nei luoghi che più hanno bisogno di sentire la vicinanza di Dio.


“C’è chi fin là non giunge mai; è lì che muore il mondo. E la città oltre non va, dove anche un cielo è di fango…Là c’ero io, non certo Dio”. Così cantava trenta anni fa Renato Zero evidenziando, nel brano “Periferia”, le conseguenze del male che segna e piega il mondo che lo  circonda. Come dargli torto di fronte all’imperante individualismo che conosce persino la spregiudicatezza di ragazze che si vendono in un bar e di  mamme che costringono le figlie a prostituirsi? Fatti di estrema gravità su cui non si riflette mai abbastanza. Non è un caso che la Pontificia Università Gregoriana ha avviato degli incontri settimanali proprio sul tema: “Nelle periferie dell’esistenza, di fronte al male”.  Il corso è aperto a tutti, ma frequentato soprattutto da sacerdoti. Più volte Papa Francesco, rivolgendosi a loro, li ha invitati, perfino con un linguaggio colorito, a non comportarsi come “i pastori che passano il tempo a mettere i bigodini alle pecore”. La periferia, nel mondo scristianizzato in cui ci troviamo a vivere, comincia già fuori dalla porta della chiesa, per strada, in ufficio, nella fabbrica, a scuola. Di conseguenza  una pastorale che tende a chiudersi,  che non si apre alla ricerca e al confronto con i problemi della vita di “fuori”, è destinata a creare problemi; tra i primi la diminuzione delle vocazioni.
Per evangelizzare le periferie occorre però un metodo. Al riguardo un’indicazione viene dall’episodio evangelico dell’incontro di Gesù con la samaritana. Egli sapeva che questa donna chiacchierata prima o poi sarebbe passata dal pozzo dove abitualmente attingeva l’acqua, e lì l’aspetta. Leggendo le biografie dei santi, dei fondatori soprattutto, ci si accorge subito come la loro capacità di fare proseliti dipendeva molto dagli incontri senza appuntamenti, dalla loro  testimonianza esercitata nei luoghi dove la gente, i giovani soprattutto, vanno a cercare la felicità, il senso della vita, la risposta ai propri interrogativi.
Si tratta in genere di luoghi lontani dal tempio, dove più nascosta è la domanda, e più cocente la delusione. Il 14 settembre è stato proclamato beato Padre José Gabriel Brochero, una delle figure più popolari dell’Argentina, che per portare a tutti l’amore di Dio ha passato gran parte della vita percorrendo in sella ad una mula i 200 chilometri quadrati della sua parrocchia. Parlando di lui Papa Francesco ha detto: "Non rimaneva nell’ufficio parrocchiale, ma si sfinì sulla mula e finì malato di lebbra, a forza di andare a cercare la gente, come un pellegrino della fede".
Pellegrino della fede fu anche don Oreste Benzi, come ha messo in luce l’inchiesta appena conclusa sulla sua fama di santità. Non si accontentò di celebrare l’Eucaristia, di predicare, di insegnare, di dirigere le anime, ma andò a trovare nelle discoteche, nei bar, nei luoghi della miseria morale, l’uomo periferico che aveva perso il centro della propria esistenza. Egli aveva anche capito che una persona per ritrovare il suo centro non ha bisogno di fare molti chilometri, basta che qualcuno la aiuti  a scorgere quanto di buono e di positivo ha in sé. Il resto spetta allo Spirito, che è capace di mettere in bocca a chi evangelizza le parole giuste per stabilire un’amicizia. Un’avventura che fa crescere la Chiesa e  restituisce ai protagonisti il centuplo che hanno donato in termini di maturità umana e cristiana.

(Vito Magno su Avvenire del 29 Novembre 2013)