Gennaio 2015
La storia del beato Ukon
Il "samurai di Cristo"
Takayama Ukon, chi era costui? Takayama Ukon (il primo è il cognome, come si usa in giapponese) fu un samurai figlio di samurai, cristiano figli di cristiani. Si coprì di gloria terrena come uomo d’arme e si guadagnò la gloria del cielo come uomo di fede. Il 2015 marca il quarto centenario della sua morte e molti sperano che proprio quest’anno da venerabile (la sua festa liturgica cade il 3 febbraio) il “samurai di Cristo” diventi beato.
Tra i suoi devoti c’è persino un protestante, Warren Okerman. Ingegnere del Colorado, dal 1983 vive e opera in Giappone assieme alla moglie, che è nata in California: entrambi born again quando erano poco più che 20enni, entrambi sono oggi missionari in Estremo Oriente di una Chiesa diffusa in tutto il mondo, Youth with a Mission, che tra l’altro non disdegna il lavoro interconfessionale: «Considero le diverse confessioni cristiane come le varietà dei gusti di un gelato». Il fascino di un evangelical per il cattolicissimo “samurai di Cristo” nasce da qui. Gli Okerman hanno 7 figli tra i 12 e i 29 anni, di cui adesso 5 sono negli Usa. Li hanno tirato su con l’homeschooling e un bel dì li hanno pure scritturati, con altri loro compagni, per un progetto più unico che raro: un film di cappa, spada e fede sulla vita del famoso samurai cattolico. S’intitola Takayama Ukon: A Warrior of Faith, è stato realizzato anni fa e in dvd è oramai irreperibile. Ma ne vale davvero la pena, e così Warren Okerman, accogliendo di buon grado la richiesta de La nuova Bussola Quotidiana, ha caricato la pellicola su YouTube nelle due versioni esistenti, quella con voce narrante inglese (clicca qui) e quella in giapponese (clicca qui).
Era il 1998. Per la realizzazione fu creata un’etichetta casareccia ad hoc, la Oakleaf Family Films, che per due anni ha lavorato alacremente con un cast di una trentina tra bimbetti e bimbette. Tutto è stato fatto in casa: sceneggiature, riprese, costumi e colonna sonora; le armature sono state ricavate da tappetini per auto, però i kimono erano autentici. Il grande Ukon lo ha interpretato Jeremy, il terzogenito degli Okerman; una famiglia di amici missionari, protestanti, ha infilato al proprio figlio la talare di un prete cattolico. Una prima versione è uscita nel 2000, ma Warren ha continuato a lavorarvi fino al 2010 grazie a un attrezzatura del valore di 10mila dollari poi messa a regime per produrre i dvd con cui la KidsWow (l’azienda familiare con cui gli Okerman sbarcano il lunario) insegna l’inglese ai piccoli giapponesi. Il budget necessario è stato racimolato con lavoretti extra e posando per servizi pubblicitari (in Giappone adorano gli spot in cui compaiono bimbi stranieri).
Ma come mai un protestante s’interessa tanto a un cattolico in odore di santità? Warren Okerman mi risponde così: «Ho studiato la storia del Giappone per molti anni. In particolare i due periodi della sua storia cristiana, la fase cattolica, dal 1549 al 1637, e il periodo Meji, iniziato nel 1867, allorché nel Paese penetrarono anche i protestanti. E questo mi è servito per il nostro lavoro missionario. In Giappone, infatti, la presenza di Youth with a Mission è esigua, ma è qui che entrano in gioco il “samurai di Cristo” e la sua enorme testimonianza di fede. Ukon ci è di grande esempio».
Il samurai nacque probabilmente nel 1552 a Haibara-cho, nella prefettura Nara, figlio del signore del castello di Sawa, nella provincia di Yamato, il valoroso Takayama Tomoteru (1531-1596). Il piccolo fu chiamato Hikogoro, ma nel 1564, quando aveva 12 anni, il padre si convertì al cattolicesimo, assunse il nome di Dario, battezzò l’intera famiglia e al ragazzo impose il nuovo nome di Iustus; era questo uno dei primi e grandiosi frutti della predicazione di san Francesco Saverio (1506-1552), sbarcato in Giappone il 15 agosto 1549 e iniziatore della Chiesa in quelle isole. Noto poi a tutti come Dom Justo Takayama (Ukon è solo un riferimento alle sue cariche, com’è uso in qui luoghi), onorato anche da mezzo Giappone pagano, compare persino in una scena della popolarissima serie animata manga (fantasy e un po’ scollacciata) Oda Nobuna no Yabou, del 2012, dove per un attimo fuggente emerge dal nulla come una specie di “angelo della vittoria” dei buoni.
Dario e Justo si guadagnarono il rango di daimyo (feudatari) e il castello di Takatuski (prefettura di Osaka) con il mestiere delle armi e lì governarono da kirishitan, cioè da buoni cristiani. Allora, infatti, ancora si poteva; ma poi vennero i tempi oscuri di Toyotomi Hideyoshi (1536-1598), il più potente daimyo del periodo Sengoku (circa 1467-circa 1603) che i cristiani li perseguitò. Pur di restare fedele a Cristo, Dom Justo rinunciò a terre e a titoli. Ma la situazione peggiorò ulteriormente sotto lo shogun Tokugawa Ieyasu (1543-1616), che nel 1614 bandì totalmente il cristianesimo dal Paese. Fu l’inizio di una tragedia enorme in cui anche Dom Justo fece la sua parte. Espulso, l’8 novembre, con 300 compagni della cattolicissima Nagasaki, il 21 dicembre giunse a Manila, nelle Filippine, accolto trionfalmente dai gesuiti venuti dalle Spagne la cui corona propose subito al samurai cattolico di rovesciare lo shogun. Ma il regno di Cristo non è di questo mondo, e il daimyo era un uomo onorevole. Si oppose al progetto, e dopo soli 40 giorni morì di malattia. Un martire bianco, un confessore della fede. Accadeva il 5 febbraio 1615: Dom Justo fu seppellito nella capitale filippina con gli onori militari. In Plaza Dilao, nel cuore di Manila, nel mezzo del “quartiere giallo” (quello dei kirishitan giapponesi) sorge ancora la sua statua maestosa.
Per i filippini, infatti, fu una sorta di seconda evangelizzatore, lo straniero innocente ma braccato come un criminale che venne da lontano per confermare i fratelli. Lo storico Ambeth R. Ocampo, presidente della Commissione nazionale per la cultura e le arti delle Filippine, sta studiando a fondo l’argomento (clicca qui) e promette d’informarci appena pubblicherà qualcosa. Il film della famiglia Okerman è intanto un bel modo per iniziare a conoscere questo straordinario soldato di Cristo ignoto ai più.
(Di Marco Respinti su www.lanuovabq.it)