Dicembre 2014
Aumentano i carismi
Dal Concilio ad oggi cresciuto il numero delle congregazioni
Da qualche tempo si assiste all’invasione di tonache nel cinema, nelle fiction, e negli spettacoli; al primo posto le suore! Si trovano dappertutto: dalle miniserie che coinvolgono attrici famose (Virna Lisi, Elena Sofia Ricci, Angela Finocchiaro…) al palcoscenico con suor Cristina, che ai più anziani ricorda Suor Sorriso, la religiosa belga divenuta famosa 50 anni fa col disco Dominique. L’arte e lo spettacolo fanno inconsapevolmente da sponda all’appello di “svegliare il nostro mondo intorpidito” rivolto da Papa Francesco ai consacrati.
Appello destinato a fare i conti con la crisi delle vocazioni, che nei Paesi di più consolidata tradizione cristiana mette a dura prova la loro visibilità: sempre più anziani e più assorbiti dai problemi d’identità delle strutture e dalle molte attività di supplenza.
Chi dice che i consacrati sono oggi più visibili nella finzione che nella realtà potrebbe avere ragione se la vita religiosa si misurasse per l’apparenza. Ma d’altro avviso è il vangelo, che parla di lievito nella pasta, è del chicco di grano sepolto nella terra che germoglia moltiplicato in spiga. “Anche se sono estremamente importanti le molteplici opere apostoliche che svolgete -ha scritto Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica ‘Redemptionis Donum’- l’opera di apostolato veramente fondamentale rimane sempre ciò che voi siete”. Nella vita religiosa conta l’essere e il primato di Dio cercato nel silenzio e nella preghiera, amato e servito nel prossimo, nei poveri, nei sofferenti.
Sorprende l’attrazione che esercitano ancora antichi monasteri: luoghi dell’anima prima che del fare. Chi bussa alla loro porta non di rado s’imbatte in lapidi come questa: “Siste pede, viator, et lege…”,“Fermati un attimo, o viandante, e leggi…”. Nell’elenco delle cose da leggere non figurano riti particolari, ma servizi capaci di ritemprare lo spirito e di creare fraternità. Quando Papa Francesco dice ai religiosi che “Ci sono strutture antiche, caduche, che è necessario rinnovare” allude principalmente alle strutture mentali che impediscono di vivere in pienezza la dimensione umana.
Un altro modo, oltre alla visibilità, di considerare con occhio esteriore i consacrati, è l’eccessiva attenzione con cui si guarda ai dati statistici senza contestualizzarli. E’ vero che la crisi di vocazioni attiene alla quantità, ma è la crisi di vocazione, cioè di identità, a metterne in causa la credibilità. Dire che religiosi e suore diminuiscono di numero in Europa e in Nord America (Usa e Canada) è una constatazione sociologica. Più importante è ragionare sul perché il modo di vivere degli antichi istituti non è accettato dalle giovani generazioni. Importante è capire perché le nuove fondazioni si moltiplicano proprio nei Paesi che conoscono il calo verticale delle vocazioni. Basti pensare che tra il 1960 e il 2009 la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha approvato 469 nuovi istituti, cento in più di quelli scomparsi nello stesso periodo!
Non è dalle statistiche che può nascere la speranza del futuro, né dagli aggiornamenti strutturali che ordini e congregazioni hanno fatto dal Concilio ad oggi, ma dalla risposta che i consacrati saranno capaci di dare alle aspettative del proprio territorio. Domande di radicalità evangelica in Europa, di misticismo in Asia, di aiuto alla famiglia in Africa, di solidarietà nell’America Latina, di soccorso alle fragilità nell’America del Nord, di collaborazione con i laici nell’Oceania. Niente, però, più della significatività dei consacrati fa sperare; quel “modo diverso di fare, di agire, di vivere” -come dice Papa Francesco- di chi mette Cristo al centro della propria vita. Oggi come ieri Dio chiama e molti sono quelli che cercano. Il problema è che troppo spesso non trovano. Non basta la visibilità esteriore a fare vocazioni, occorre testimoniare. Non a caso i seguaci di Francesco di Assisi e quelli di Madre Teresa di Calcutta, alla loro morte, si contavano a migliaia.
(Vito Magno su Avvenire del 30 Novembre 2014)