ATTUALITÀ - Mondo Voc novembre-dicembre 2014                                    Torna al sommario

 

 

EXCURSUS STORICO TRA I SIGNIFICATI DELLE CHIESE NEL TEMPO

La chiesa, “Casa” della Comunità cristiana

Dalle catacombe alla nuove architetture

 


Una  rassegna del rapporto tra le mura della chiesa e le persone che ci vivono: dai luoghi nascosti, che le prime comunità perseguitate si davano per celebrare il Mistero cristiano, alle ben visibili ed imponenti cattedrali dell’epoca in cui la chiesa era un po’ il centro di tutto;  fino ai deserti anonimi delle moderne città, dove molte chiese  non fanno “sentire a casa” le persone, che sempre meno le frequentano.


di Sandro Perrone


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Dal nome, un profondo significato

Credo che quasi tutti siano a conoscenza che la parola italiana “chiesa” deriva dal termine latino “ecclésia”, che a sua volta deriva da quello greco “εκκλησια”, parola composta dalla preposizione “εκ” e dal verbo “καλεώ”, che normalmente significachiamare”. Etimologicamente, perciò, la parola “chiesa” significa “chiamata”, “convocazione”: è il popolo di Dio che, raccolto e chiamato insieme dalla Parola del Signore, si raduna per lodare il suo Dio e celebrare l’Eucaristia.

Nei primissimi tempi della storia del Cristianesimo, non appena i fedeli cristiani ebbero lasciato Gerusalemme, per spandersi in tutto il mondo allora conosciuto, i cristiani stessi erano soliti radunarsi nelle case private, dove poter celebrare i Santi Misteri. Ma quasi subito cominciarono le persecuzioni, che cercarono di distruggere la nuova religione.


I cristiani furono perciò costretti a radunarsi in luoghi appartati e segreti per paura dei persecutori, che li cercavano a morte. Chiunque sia stato a Roma, sicuramente avrà visitato le catacombe, luoghi sotterranei, fuori dall’abitato cittadino, dove era possibile recarsi con il favore della notte, per radunarsi con una certa sicurezza, pregare, “spezzare il pane” (celebrare l’Eucaristia) ed ascoltare la voce dei primi testimoni, alcuni dei quali avevano conosciuto personalmente il Maestro Gesù, come l’apostolo Pietro.

 


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Le chiese in epoca cristiana

Tutto questo durò per secoli, finché l’imperatore Costantino, nel 313, con l’Editto di Milano, diede la libertà di culto ai cristiani, concedendo loro anche di potersi costruirsi le loro chiese, come facevano tutti gli altri cittadini romani. Ed ecco che la fede e l’amore dei nostri padri hanno fatto sorgere come per incanto le chiese, le meravigliose costruzioni in onore del Signore, della Vergine Maria e dei Santi Martiri. Alcune di queste chiese si sono conservate fino ai nostri giorni, anche se ci sono stati dei notevoli interventi architettonici, a volte, addirittura radicali: si pensi all’attuale Basilica di San Pietro, sul Colle Vaticano, che non conserva quasi più nulla dell’antica Basilica Costantiniana.


Ma ciò che è più notevole e più significativo, è il fatto che non solo le grandi città, ma anche quelle piccole, e perfino piccoli paesi e minuscoli villaggi abbiano fatto a gara per costruire la “Casa di Dio”, che è diventata, di fatto, la “casa degli uomini”.

 


Al centro della vita della gente

67_smaria_martyresAppena un piccolo nucleo abitato cominciava a prendere forma, immediatamente si pensava a erigere la chiesa, la “casa di tutti”, degli uomini e di Dio, come il luogo attorno al quale si costruiva e cresceva la città e, con essa, la vita e l’attività dei suoi abitanti. Ancora oggi è possibile ammirare i piccoli borghi medioevali, dove il cuore e il centro della città era (ed è) la chiesa, con il suo sagrato e la piazza prospiciente, dove la gente si riuniva, dove si parlava e si faceva politica, si teneva il mercato, dove si scambiavano le notizie e le novità, dove si cresceva e si viveva insieme. Ancora fino a non molto tempo fa, almeno in Italia, era familiare vedere, soprattutto nei paesi e nelle piccole città, la piazza principale del centro cittadino su cui si affacciano insieme la “casa del Signore”, la chiesa, la “casa del potere”, il municipio, e magari la “casa delle armi” la caserma dei carabinieri! La “prima messa” del mattino era appannaggio delle donne e delle casalinghe, che andavano poi a preparare il pranzo domenicale; la seconda messa era quella “dei fanciulli”, che si preparavano alla prima comunione e alla cresima; la “messa delle 12” era quella “degli adulti”, che sul sagrato fumavano l’ultima sigaretta, prima di entrare in chiesa.


Potrebbero sembrare delle scene tratte da un film di Peppone e don Camillo; in realtà questa era l’Italia, forse sparita, ma certamente vera, in qualche caso ancora esistente: la chiesa, come “cuore” e “casa” del popolo semplice e umile, dove si andava (e si va) per pregare, certo, ma anche per incontrarsi, parlare, comunicare… La chiesa diventa così il punto di riferimento naturale del paese stesso e il parroco il suo interprete ideale, la persona cui fare affidamento, per rivolgersi poi a tutta la piccola o grande comunità ecclesiale locale.

 


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Cambio d’epoca

La “rivoluzione urbanaha cambiato radicalmente molte carte in tavola e oggi, probabilmente, la gente, il popolo cristiano, fa fatica a vedere nella chiesa la “casa di Dio e degli uomini”. Né meraviglia, allora, un certo estraniamento e disorientamento, la perdita cioè del riferimento naturale. Per molti, oggi la città, vuota ed anonima, è come il mare aperto: non c’è orizzonte né punti di riferimento; nessun faro segnala che c’è una terra vicina: ci si sente persi nel vuoto e nel nulla. Eppure, basta il suono di una campana, per sentire di non essere soli, che la “casa” è vicina e che c’è sempre Qualcuno che ci aspetta.


Nei tempi più vicini sono state costruire molte chiese “moderne”, quasi tutte di rara bruttezza, che non ispirano alcun senso del sacro: né casa di Dio né casa degli uomini, che non invitano a entrarci, ma quasi a starne lontano. Se il fedele non si sente a suo agio, non si sente “a casa”, perché dovrebbe entrare? Gli architetti, più che inseguire sogni bizzarri ed irrealizzabili, dovrebbero avere in mente uno “spazio familiare, un luogo “caro” e “di famiglia”, dove sia bello fermarsi a pregare, in cui ritrovarsi per “fare comunità” e costruire insieme il Regno di Dio, cominciando dalla piccole cose: accessi facili e confortevoli, spazi per i bambini, per i giovani e per gli anziani, piccoli servizi sociali di pronto intervento, ecc. Tutto questo non è chiedere la luna nel pozzo, ma il minimo indispensabile per rendere davvero la “casa di Dio” anche “casa dell’uomo”.

 

 

 


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