ATTUALITÀ - Mondo Voc agosto-settembre 2014                                 Torna al sommario

 

 

PERCHÈ SCEGLIERE DI STUDIARE RELIGIONE

Le parole della Chiesa per motivare il sì

Dalla lettera della Congregazione per l’educazione cattolica al messaggio della CEI


L’insegnamento della religione non è materia di studio per soli cattolici. Essendo un modo per comprendere la cultura in cui viviamo e favorire una crescita dello spirito umano, prescinde dall’appartenenza religiosa. E non va confuso col catechismo, anche se non può essere un insegnamento neutro.

 

di Gianni Epifani

 

CEI_consiglio_permanenteAlle radici della nostra cultura
L’insegnamento della religione cattolica consente a tutti, a prescindere dal proprio credo religioso, di comprendere la cultura in cui oggi viviamo in Italia, così profondamente intrisa di valori e di testimonianze cristiane”. Esordisce così il Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana in vista della facoltà di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, per l’anno scolastico 2014/2015.


Ecco una ragione valida per non rinunciare alle lezioni di questa ‘materia scolastica’; ragione che non viene sbandierata – come è ovvio che sia – solo da chi è parte in causa in questo processo (la Chiesa), ma trova un puntuale riferimento e un valido supporto anche nelle Indicazioni per il ciclo di istruzione (scuola dell’infanzia, scuole elementari e medie per intenderci), adottate nel 2012 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. In esse si legge: “il confronto con la forma storica della religione cattolica svolge un ruolo fondamentale e costruttivo per la convivenza civile, in quanto permette di cogliere importanti aspetti dell’identità culturale di appartenenza e aiuta le relazioni e i rapporti tra persone di culture e religioni differenti”.

 


La formazione della persona umana
papa_scuole_gesuitiMa c’è dell’altro. Avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica “nella fase storica che attualmente stiamo vivendo – continua il testo – […] può essere determinante per favorire la crescita equilibrata delle future generazioni e l’apertura culturale a tutte le manifestazioni dello spirito umano”.


Lo ha ribadito anche papa Francesco nel discorso agli studenti delle scuole gestite dai gesuiti in Italia e Albania, pronunciato a giugno del 2013.


“La scuola – ha spiegato - è uno degli ambienti educativi in cui si cresce per imparare a vivere, per diventare uomini e donne adulti e maturi, capaci di camminare, di percorrere la strada della vita. Come vi aiuta a crescere la scuola? Vi aiuta non solo nello sviluppare la vostra intelligenza, ma per una formazione integrale di tutte le componenti della vostra personalità”.

 


Non è il catechismo
nocatechismoCome è chiaro, gli obiettivi di questa disciplina hanno un rilievo educativo e un senso pedagogico che non può essere riduttivamente inteso.  Lo aveva spiegato molto bene già la Lettera circolare sull'insegnamento della religione, inviata nel 2009 dalla Congregazione per l’educazione cattolica ai Presidenti delle Conferenze Episcopali. In essa è scritto: “l’insegnamento scolastico della religione s’inquadra nella missione evangelizzatrice della Chiesa.

 

È differente e complementare alla catechesi in parrocchia e ad altre attività, quale l’educazione cristiana familiare o le iniziative di formazione permanente dei fedeli. Oltre al diverso ambito in cui ognuna è impartita, sono differenti le finalità che si prefiggono: la catechesi si propone di promuovere l’adesione personale a Cristo e la maturazione della vita cristiana nei suoi diversi aspetti […]; l’insegnamento scolastico della religione trasmette agli alunni le conoscenze sull’identità del cristianesimo e della vita cristiana”.


 

diritto_insegnamento_religioneIl diritto alla libertà religiosa

Insomma l’insegnamento della religione cattolica ha una sua precisa connotazione identitaria, che le famiglie cattoliche hanno il diritto di pretendere perché la scelta di far studiare ai propri figli questa disciplina rientra nel novero delle libertà inviolabili di ciascuno, cui non si può e non si deve rinunciare in una sorta di compromesso con una controparte laica o appartenente ad una diversa religione.

 

“Si potrebbe anche creare confusione o generare relativismo o indifferentismo religioso – ha ammonito la Congregazione - se l’insegnamento della religione fosse limitato ad un’esposizione delle diverse religioni, in un modo comparativo e “neutro”.“Questo compito non è facile in un mondo secolarizzato, abitato dalla frammentazione della conoscenza e dalla confusione morale  - conclude la lettera circolare - coinvolge tutta la comunità cristiana e costituisce una sfida per gli educatori. Ci sostiene, comunque, la certezza - come afferma Benedetto XVI - che « i nobili scopi […] dell’educazione, fondati sull’unità della verità e sul servizio alla persona e alla comunità, diventano uno speciale potente strumento di speranza».

 

 

 

 

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