LETTERE - Mondo Voc agosto-settembre 2014                                Torna al sommario

 

 

perrone

 

 

√ Quando ad essere perseguitati sono i cristiani

 


 

√ In chiesa con ogni tipo di abbigliamento


 

Risponde Padre Sandro Perrone

 

 


Il dramma dei cristiani perseguitati in Iraq

Caro Padre, in questi ultimi giorni stiamo assistendo angosciati all’agonia della vita cristiana in Iraq. Devo dire che sono rimasto schioccato nel leggere i brevi resoconti dei giornali (che per la verità non hanno dato grande peso alla notizia) che i cristiani sono posti di fronte alla drammatica scelta di fuggire oppure convertirsi all’Islam. Chi rimane nel Paese lo fa a rischio della vita e che non sia una semplice minaccia lo dimostra l’incendio e la distruzione dell’episcopio di Mosul e la devastazione degli “edifici cristiani”. É in atto una vera e propria persecuzione contro i cristiani, e non solo in Iraq, in Siria e altri Paesi del Medio Oriente, ma anche in Africa, in Sudan e in Nigeria, per non parlare del Pakistan e altri Stati islamici. Temo che in un giorno non lontano lo stesso avverrà anche in Europa! Sono esagerato? Vorrei tanto sbagliarmi!

(Carlo L., Roma)

 

Caro Carlo, non sono profeta né figlio di profeta e non so cosa rispondere alla tua provocazione. La verità è che sono ormai anni che la strage dei cristiani continua, quasi quotidiana. A decine e decine i cristiani vengono bruciati vivi o ammazzati nelle chiese dell’India, del Pakistan, dell’Egitto, della Nigeria e adesso dell’Iraq e della Siria, sempre nel silenzio o comunque nell’indifferenza generale. Sono state rapite ben 276 ragazze cristiane, in Nigeria, dalla banda jihadista di Boko Haram perché colpevoli di voler andare a scuola. Che si è fatto? Un po’ di chiasso e poi nulla, il silenzio. Quali le cause? Anzitutto, in Occidente, sempre di più si stenta a sentirsi, e ancor di più a dirsi, cristiani, che è qualcosa di più della semplice perdita della fede. Oggi, la secolarizzazione ha sottratto al Cristianesimo la dignità socio-culturale di una volta. Da tempo essere e dirsi cristiani non solo non è più intellettualmente apprezzato, ma in molti ambienti è quasi giudicato non più accettabile. Di conseguenza, l’atmosfera culturale dominante nelle società occidentali lo giudica come qualcosa di primitivo e buono per gli spiriti deboli. Lo stesso si può dire, e di più, dell’Islam, ma di questo il mondo occidentale ha paura, per il suo potere di ricatto economico legato al petrolio e ha paura per il terrorismo spietato. Da qui, la tentazione di prendere le distanze (“meglio non immischiarsi in certe cose”), che genera l’indifferenza e l’inazione. Ed intanto, centinaia, miglia di fratelli nella fede soffrono e muoiono per Cristo. Solo recuperando una forte identità cristiana sarà possibile far fronte a questa minaccia, ma il discorso ci porterebbe molto lontano e non è possibile affrontarlo in questa sede. Spero sia stato sufficiente averlo almeno accennato.

 

 

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Abbigliamento "balneare" in chiesa

Caro Padre, probabilmente il “discorso” che intendo fare non è nuovo e lei lo avrà certo affrontato altre volte, ma per me è “attuale” e desidero sottoporglielo. Si tratta di questo: avrà notato sicuramente che la “moda” quest’anno impone dei pantaloncini femminili che definire corti è un vero eufemismo. Ragazze e ragazzine (ma anche signore di una certa età!) vanno in giro esibendo le loro grazie con abbondanza; e fin qui, fatti loro. Ma se poi queste persone entrano così abbigliate (non oso dire “vestite”) in chiesa, è anche “affar mio”, che ho il diritto di essere rispettata, visto che sto in un luogo sacro, ma soprattutto deve essere rispettato il Signore! Io ho una certa età e mi ricordo della severità di certi parroci che non avevano timore a farti fare certe figuracce in pubblico. Ma ora siamo caduti nell’eccesso opposto e nessuno dice niente, nemmeno i preti!

(Concetta R., Messina)

 

Cara Concetta, ti sarà capitato certamente di venire a Roma e di voler visitare la Basilica di San Pietro in Vaticano, (o altre chiesa) e di vedere dei “guardiani” che “controllano” l’abbigliamento delle persone, impedendo l’ingresso a chi non è vestito correttamente, uomo o donna che sia. Un simile controllo non è possibile per tutte le chiese, è ovvio, ma se uno va in un Paese islamico e vuole visitare una moschea, è obbligato a togliere le scarpe (questo avviene anche in Italia, naturalmente) e nessuno si lamenta. Quando si tratta delle “cose nostre”, invece, tutti si credono in dritto di comportarsi come gli pare, per cui non è raro vedere della gente vestita (si fa per dire) con abbigliamento balneare, che non si vergogna minimamente di entrare in chiesa, assistere alla santa Messa e perfino accostarci alla Comunione. Molti preti, ormai, hanno rinunciato a intervenire, “perché è una battaglia persa”, oppure, perché “così si penalizza comunque chi vuole venire in chiesa”. Che dire? É questione di educazione e di sensibilità religiosa e chi non ce l’ha non gliela puoi dare. In ogni caso, qualche avviso non guasta mai: è vero che ci sono i cartelli alle porte delle chiesa, ma dirlo dal microfono non  fa male alla salute.