DIVERSO PARERE - Mondo Voc agosto-settembre 2014 Torna al sommario
LE ACCUSE ALLE MODALITÀ DI RECLUTAMENTO E AL NUMERO DEI DOCENTI DI RELIGIONE
I paradossi dell’insegnamento della religione a scuola
Chiaroscuri di un fenomeno in crescita
I dati indicano un aumento dei docenti specialistici in un periodo di crisi della scuola italiana, segnata da tagli ai fondi e da proteste. Un paradosso che non passa inosservato. Sotto accusa i vescovi. Mentre gli alunni snobbano sempre più l’ora di religione perché ha poco “appeal”
di Massimiliano Longobardi
Il paradosso all’italiana. Quando il Servizio nazionale della Cei per l’Insegnamento della Religione Cattolica dirama il “bollettino” annuale, va in onda ormai da anni la stessa musica: aumentano gli insegnanti di religione, ma diminuiscono gli alunni che seguono l’ora di religione.
Una contraddizione insita nei numeri. Gli insegnanti erano meno di 20mila nel 2008, precisamente 19.912. Nel 2013 ce ne ritroviamo 23.779. Eppure la scuola pubblica, nello stesso quinquennio, ha subito tagli per 3,5 miliardi e ha perso quasi 100mila cattedre a causa della riforma Gelmini.
Sull’altro versante gli alunni che hanno deciso di non seguire l’ora di religione sono saliti nel 2012/2013 all’ 11,1%, lievitando del 4,6% in un ventennio. Picchi si registrano nelle regioni settentrionali: alla materna dice “no” il 16,2% e addirittura il 27,2% alle superiori (percentuale che vola al 34,3 negli istituti professionali).
L’escamotage per aumentare il numero di insegnanti
In realtà l’exploit dei docenti di religioni è un fenomeno “spiegabile”. Questi ultimi, come i docenti delle altre discipline, dipendono proprio dal numero delle classi, e hanno un impegno settimanale di un’ora alla media e alla superiore, 2 ore settimanali all’elementare e 50 ore annue alla materna.
Ma una parte dei docenti di religione insegna per un numero inferiore all’orario di cattedra, percependo uno stipendio che è proporzionale alla quantità di lavoro settimanale svolto. In questo modo il numero degli insegnanti può aumentare con un semplice escamotage: su una cattedra di 18 ore alle superiori, per esempio, si possono sistemare due insegnanti con 9 ore ciascuno.
Questa analisi giustifica anche l’aumento delle docenti specialiste, cresciute tra il 2008 e il 2013 del 22%, passando da 11.692 a 14.226: lavorano di meno, ma c’è la possibilità di averne a disposizione un numero maggiore. Infatti sono i vescovi che, sulla quota di cattedre a tempo determinato - circa il 45 per cento del totale - stabiliscono quanti insegnanti collocare. Ma a pagarne le conseguenze è lo Stato: in questo modo lievita anche la spesa perché, in generale, due docenti sulla stessa cattedra costano di più di un solo docente. E con due docenti sulla stessa cattedra, anziché uno solo, anche il gettito fiscale cala.
Il silenzio di politica e istituzioni
Questo ragionamento trova forza pure in un altro dato, sempre fornito dalla Cei: nella scuola dell’infanzia e alla primaria, in quattro anni le cattedre “spezzate” si sono incrementate, a scapito di quelle complete, con il crollo numerico delle maestre abilitate ad insegnare religione, passate da 32mila a 15mila, e il citato aumento di quasi tremila unità delle insegnanti specialiste di religione cattolica.
È doveroso chiedersi come mai, questo “fenomeno” è stato completamente ignorato da tutte le forze politiche e istituzionali? C’è una palese discriminazione tra insegnanti normali e insegnamenti di religione: come è possibile che nessuno se ne sia accorto? Una discriminazione nei numeri che si aggiunge a quella, già ampiamente nota, dei criteri di selezione: sappiamo tutti che per accedere alle professioni pubbliche è necessario superare un concorso ministeriale mentre gli insegnanti di religione cattolica, dopo il loro onesto percorso di studi, per essere assunti dallo Stato italiano necessitano solamente di essere “segnalati” da un’autorità religiosa.
Tanti immigrati e problemi di comunicazione
Sull’altro versante c’è da chiedersi le ragioni del calo continuo e senza sosta del numero di alunni che scelgono di seguire l’ora di religione. Tra i motivi di questa disaffezione incide sicuramente l’aumento degli alunni che non sono cittadini italiani e spesso professano un credo non cattolico. Poi in troppe scuole l’ora di religione viene collocata all’inizio o alla fine della giornata, lasciando agli studenti che non la frequentano la possibilità di entrare un’ora più tardi o uscire un’ora prima. In pratica, la scuola stessa sancisce l’esistenza di questa “ora del nulla”.
Si aggiunge a questo quadro a tinte fosche anche la comunicazione poco efficiente sull’importanza della religione a scuola e la stessa Cei all’inizio dello scorso anno scolastico ha inviato un messaggio alle famiglie in vista delle iscrizioni a scuola e della scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione. Un invito, ovviamente, a scegliere l’insegnamento della religione cattolica per completare e sostenere la formazione umana e culturale.
Infine c’è la disaffezione dei ragazzi e giovanissimi alla Chiesa. Si vive spesso lontani dalle attività diocesane e parrocchiali. Si preferisce abitare lontano dai luoghi tradizionali di aggregazione dalla Chiesa come gli oratori. La laicizzazione dell’universo giovanile resta uno dei temi scottanti del terzo millennio, che, tra le conseguenze, porta all’allontanamento dalla religione in tutte le sue forme, tra cui quello dell’insegnamento della disciplina nelle aule scolastiche.
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