DIVERSO PARERE - Mondo Voc aprile 2014                               Torna al sommario

 

 

LE RAGIONI DELLA DISCORDIA

L’Otto per mille dà i numeri

Il calo delle destinazioni alla Chiesa Cattolica


Polemiche sui criteri di ripartizione dei fondi, una quota minima ai poveri e cifre consistenti per pagare gli stipendi ai sacerdoti. Ecco perché i contribuenti sono in continuo calo.

 

di Massimiliano Longobardi


Firma-8x1000Calano i contribuenti italiani che scelgono di destinare l’8xmille a favore della Chiesa Cattolica. I dati trasmessi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2013, relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2010, evidenziano l’ennesima emorragia. È dell’82,01 la percentuale della quota complessiva di gettito Irpef per la Chiesa Cattolica, in calo rispetto all’anno precedente (82,91%), ma sopratutto lontana dalla percentuale record segnata nel 2005 (sfiorato il 90%).

 

 

Solo il 35% degli italiani sceglie realmente la Chiesa Cattolica

Se si analizza più dettagliatamente il dato, l’inversione di tendenza è ancora più preoccupante. Come è noto l’8xmille può essere riservato anche allo Stato o alle altre confessioni religiose. In effetti è solo il 35% dei contribuenti italiani a scegliere l’opzione Chiesa Cattolica, barrandola sulla propria dichiarazione dei redditi. Il 10% circa dirotta il gettito su Stato (in crescita) e altri credi, il 55% lascia in bianco lo spazio riservato al destinatario dell’8xmille. Eppure, grazie al meccanismo di ripartizione che assegna le quote non espresse (55%) in misura proporzionale alle preferenze dichiarate dagli altri contribuenti, la Chiesa cattolica incassa quell’82,01% del gettito complessivo.

 

 

E la polemica infuria

Questo criterio rappresenta l’aspetto più controverso dell’8xmille. Secondo le principali critiche violerebbe di fatto il principio di equo sostegno alle confessioni religiose su cui avrebbe dovuto basarsi il sistema dell’8xmille. Fu definito già nel 1984 «una mostruosità giuridica» dallo storico Piero Bellini in un suo articolo per Il Sole 24 Ore è criticato da diverse personalità del mondo laico e dello stesso mondo cattolico, compreso l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

 

 

Solo il 20% va ai poveri

totemAl di là dell’ “aiutino” offerto alla Chiesa Cattolica, la diminuzione del numero di italiani che investono su di essa è legato anche ad una serie di altre polemiche sempre più incalzanti negli ultimi anni. La prima riguarda gli spot commissionati dalla Cei, che pubblicizzano la sola destinazione agli interventi caritativi dei fondi raccolti tramite l’8xmille. Quegli stessi spot non evidenziano, però, che l’effettiva percentuale impiegata per tali interventi è di poco superiore al 20% dei fondi ricevuti. Nel 2013, sul 1 miliardo 032 milioni incassato, “solo” 240 milioni andranno alle diocesi per “opere di carità” (125 milioni), “Terzo Mondo” (85 milioni), “esigenze di rilievo nazionale” (30 milioni).

 


Costi elevati per lanciare messaggi distorti

La pubblicità è contestata perché oltre ad essere fuorviante, è anche costosa. Per essa si investono circa 9 milioni di euro all’anno (con una incidenza media pari a meno del 1% dei fondi raccolti). «Questo sforzo significativo – si legge nel sito dell’8xmille – è necessario per sensibilizzare e tenere puntualmente informati gli oltre 40 milioni di contribuenti, in particolare sulle modalità di partecipazione alla firma e sul rendiconto annuale delle somme destinate alla Chiesa Cattolica». La campagna 8xmille utilizza soprattutto la televisione perché è il mezzo più efficiente per raggiungere tutti i 40 milioni di contribuenti. «Per raggiungerli attraverso una lettera informativa – dichiara la Chiesa Cattolica – si dovrebbero spendere circa 32 milioni di euro, ipotizzando un costo di 80 centesimi di euro tra busta, lettera e francobollo e senza considerare il costo degli indirizzi».

 


Un terzo dei proventi al sostentamento del clero

8x1000immagineL’ulteriore motivo che contribuisce ad accrescere lo scetticismo degli italiani è la quota consistente del gettito che va all’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero. Si tratta di un terzo dell’intero incasso: 382 milioni di euro nel 2013, in aumento rispetto ai 363 milioni del 2012. In pratica con il loro gettito Irpef, gli italiani contribuiscono a pagare lo stipendio mensile ai 37mila sacerdoti in servizio nelle diocesi italiane e ai 500 preti diocesani impegnati nelle missioni all’estero. In cifre sono 882 euro netti al mese per un sacerdote appena ordinato, 1.376 euro netti al mese per un vescovo alle soglie della pensione. Va aggiunto anche che ogni sacerdote può attingere ai cosiddetti “diritti di stola”: battesimi, matrimoni, funerali, ecc. Così qualcuno pensa che, in tempi di crisi, anche loro debbano tagliarsi lo stipendio.


E anche questo influisce sulle scelte dei contribuenti.

 

 


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