ORIENTARSI - Mondo Voc maggio 2013 Torna al sommario
Sposarsi in Cristo e nella Chiesa
Le “nozze riparatrici” dal punto di vista di un sacerdote che accoglie una coppia di fidanzati in difficoltà.
È importante aiutare i fidanzati a capire quale sia la strada giusta da percorrere e qual è il vero senso del matrimonio. Che non può mai essere una “scorciatoia”, una sbrigativa (non) soluzione ad un problema.
di Sandro Perrone
Cassazione e Sacra Rota d’accordo
Lo scorso anno, ha fatto un certo scalpore negli ambienti giuridici una sentenza della Cassazione checonfronti di una coppia che aveva contratto le nozze perché era in attesa di un figlio. Secondo la Suprema Corte (sentenza 5175) la decisione del Tribunale ecclesiastico di annullare le nozze è ineccepibile dal momento che “la scelta matrimoniale era stata dettata dall’intento di riparare all’errore commesso (nel concepimento del figlio)”.
Secondo una statistica molto attendibile, oggi circa la metà delle giovani coppie che frequentano i corsi prematrimoniali, e quindi chiedono un matrimonio cristiano, vivono già in stato di convivenza! La Chiesa li accetta... salvo poi accorgersi che il matrimonio va annullato per la diffusa mentalità divorzista, per l’esclusione della prole, per il venir meno della fedeltà e per la riconosciuta immaturità psicologica! Qualcuna di queste coppie, poi, si trova ancora – nonostante tutto! – nella condizione di dover ricorrere alle “nozze riparatrici”.
Matrimonio riparatore?
Le due notizie hanno in comune il ricorso alle “nozze riparatrici”: nel primo caso, per farle annullare in sede civile e religiosa; nel secondo, come “percorso di grazia” scelto liberamente e consapevolmente, una volta che ci si è trovati davanti alla gravidanza, forse indesiderata, ma che ha innescato comunque un processo di maturità umana e cristiana, che è sfociata nella scelta di richiedere il sacramento del matrimonio cristiano.
I casi di “matrimonio riparatore” oggi non sono più molto frequenti, per la verità, anche a causa della facilità con cui la coppia può ricorrere ai metodi contraccettivi e persino, purtroppo, all’aborto. Aver fatto di comune accordo la scelta di non ricorrere all’aborto – e di portare a compimento una gravidanza forse non desiderata e tuttavia infine non rifiutata –, non può che essere, per il pastore intelligente e sensibile, il punto di partenza per un percorso di crescita umana e cristiana, che deve essere proposto con coraggio e lealtà, senza falsi pietismi o metodi inquisitori. La questione, come si vede, è molto complessa e meriterebbe una lunga ed approfondita trattazione, che non è possibile affrontare e sintetizzare nel breve spazio di poche righe. Sia sufficiente solo accennare a qualche breve riflessione.
Cambiare il vocabolario
Premesso che il sacerdote in cura d’anime non deve mai parlare di “nozze riparatrici” (d’altra parte, è noto che, sfortunatamente, molte coppie già vivono in stato di convivenza o la scelgono a gravidanza avvenuta, cosa che rimane la via più comoda e più facile), ma deve riferirsi a persone che, con vivo senso di responsabilità umana, vogliono assumersi in pieno la conseguenza dei propri gesti: un figlio non è mai un incidente, un imprevisto né tantomeno un ostacolo, qualunque sia l’opinione corrente in proposito; un figlio è sempre frutto di amore e di comunione profonda. Il fatto che il bambino sia concepito e nasca fuori dal matrimonio non inficia per nulla il discorso fatto, anzi. Sarebbe un peccato gravissimo se, dopo aver concepito un figlio, una coppia si decidesse disgraziatamente per l’aborto, al fine di non avere problemi, complicazioni, conseguenze.
Ma tutto questo, in sé lodevole e positivo, non è ancora sufficiente. È certamente necessario partire da questi presupposti, ma poi occorre che venga presentato ed attuato un serio cammino di fede, cioè la comprensione e l’attuazione della natura e significato del matrimonio cristiano, che si fonda sul mutuo donarsi in Cristo, nello sforzo comune di crescere insieme, maturare insieme, favorire insieme tutto quello che costruisce, tutto ciò che è comunione profonda e piena. La vita sacramentale, infatti, non può rimanere qualcosa di episodico, quasi che “passata la festa, gabbato il santo!”, ma deve improntarsi ad un cammino certo arduo ma meraviglioso, sulle orme di Cristo Signore, per realizzarsi pienamente come persone e come cristiani.
Educare al vero senso dell’amore
Di conseguenza, per fare un semplice esempio, la frequenza alla chiesa deve essere costante e la preghiera in famiglia abituale; e dunque riscoprire l’esercizio delle virtù da quelle umane a quelle teologali; e dunque riscoprire il valore del dono e dell’offerta: l’amore vero è quello che permette al partner di crescere, di essere se stesso, di maturare e svilupparsi, anche a costo di accettare e soffrire qualche sacrificio e qualche rinuncia; e dunque superare la logica del possesso e del piacere (e, peggio ancora, dello sfruttamento), imparando a dare più che a ricevere, a curare più che ad essere curato, ad accettare più che ad essere sopportato, ecc. Troppo facilmente l’amore è confuso con la passione amorosa: questa, presto o tardi, passa; ma l’amore vero rimane, dato che ha posto solide fondamenta nella persona. Il sacramento del matrimonio cristiano proprio a questo mira. Copiando una vecchia pubblicità, può dichiarare: “più di ieri, meno di domani”. Cresciuti in questo clima di rispetto, di cura, in una parola: di amore, i figli assorbiranno naturalmente i valori della vita cristiana: la generosità, la bontà, l’altruismo, il dono di sé. Ma è evidente che non si può insegnare nulla, se questa “sublime scienza” non è già posseduta da chi educa.
Come alle Nozze di Cana
Il sacerdote, con sapiente pedagogia, deve saper presentare questi valori ai giovani che desiderano sposarsi in chiesa, cristianamente. La fede in Cristo aiuta a crescere e a maturare umanamente e cristianamente. Chi chiede di sposarsi in chiesa, e dunque rifiuta la scelta laica del Comune o, peggio, la semplice convivenza, desidera e vuole che Cristo sia presente nella famiglia. E, dato che un figlio è già in arrivo, si prepara contestualmente al matrimonio religioso e al battesimo del bambino, perché il figlio nasca e cresca in una famiglia di credenti. Si inizia e si continua un cammino di fede, in cui viene recuperato in pieno il valore del Vangelo e della testimonianza cristiana, con la frequenza ai Sacramenti, la vita di preghiera, lo sforzo di vivere in castità, privilegiando le virtù della speranza, della carità, dell’umiltà, della generosità. Sapere di dover essere di esempio al figlio in arrivo è uno stimolo fortissimo per crescere insieme e amarsi sempre più. Le “nozze riparatrici” saranno allora come le nozze di Cana, in cui la mancanza del vino ha “obbligato” Gesù al miracolo, fornendo il vino migliore!
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