STORIE DI VITA - Mondo Voc aprile 2013 Torna al sommario
La preparazione al sacerdozio
Esperienze a confronto
La nascita della vocazione al sacerdozio nei racconti di Ignazio e Giuliano. Percorsi di vita differenti, ma con alcuni tratti che convergono verso convinzioni di fondo comuni, prime tra tutte, il posto da assegnare a Dio, e la presenza del prossimo da accogliere e amare.
di Stefania Careddu
Una laurea in tasca, i primi passi nel mondo del lavoro, una vita fatta di amici, hobby, divertimento. Poi la scelta di entrare in seminario. Graduale, naturale per Ignazio Devoto, 28 anni. Più travagliata per Giuliano Oggiano, 37 anni.
Itinerari differenti, quelli dei due giovani seminaristi del Pontificio Seminario Regionale Sardo di Cagliari, accomunati dal desiderio di donare la propria vita a Dio e agli altri Con la logica positiva e gioiosa (addirittura fortunata) del servizio piuttosto che con quella cupa e nostalgica della rinuncia.
Un cammino in salita
Laureato nel 2005 in storia a Genova e con un percorso di studi in fase conclusiva in lingue e letterature straniere, durante gli anni universitari Giuliano lavora come sarto costumista scenografo presso alcuni teatri genovesi: il Teatro della Tosse, l’Auditorium Carlo Felice, Lunaria, e collabora nella produzione di pubblicità e cortometraggi. “Per andare avanti negli studi, oltre ad un aiuto da parte della famiglia, ho fatto diversi lavori: dal promoter per articoli audiovisivi a commesso, cameriere e dipendente comunale presso l’ufficio di pubblica istruzione del mio paese, Viddalba, in provincia di Sassari”, spiega Giuliano.
Una “lunga relazione pluriennale” ad arricchire la vita affettiva, “la discoteca presente nel curriculum vitae, come le uscite con amici veri e di lunghissima durata che non sono mai stati neutri alle cose che vivevo, e con un giusto giudizio sul mio operato e le mie scelte di vita”. La parrocchia, confida il giovane seminarista, “era la messa domenicale, e spesso negli anni universitari, è mancata anche questa”. Eppure, aggiunge, “non è mai venuto a mancare l’amore per il Signore, che anzi più vivevo la vita donatami, più la vedevo orientata verso di Lui”. Per Giuliano però la scelta “è stata un lungo travaglio, iniziato all’età di 11 anni”. “I miei – racconta – non sono mai stati favorevoli. C’erano stati altri due tentativi nel 2006 e nel 2008, di intraprendere questo cammino fortemente ostacolato”.
Seguire Dio? Ne vale la pena
“L’amore per il Signore” tuttavia è stato più forte di qualunque ostacolo, di qualunque resistenza. “Più mi allontanavo da Lui più tutto mi portava a Lui. Non ho rinunciato a nulla anzi – sottolinea Giuliano – definire questa scelta una rinuncia non è il termine appropriato: è come quando uno si sposa non rinuncia alla libertà, ma accoglie un nuovo cammino nella propria vita, che propria non è”. Certo, la vita di un seminarista “non è semplice, ma è molto bella”. “Ho fatto e visto tanto nella vita, ma vale davvero la pena seguire il Signore e camminare con Lui e per Lui”, sorride Giuliano.
“A quasi 40 anni – ammette – non è facile affrontare situazioni da ventenni, ma alle volte è una ulteriore sfida di conferma sul cammino che sto facendo”.
Un cammino che è accompagnato anche dalla famiglia che “questa volta ha accolto la scelta con molto affetto e vicinanza”, confermata ogni giorno “dal vedermi sempre più sereno, a differenza di tutte le mie scelte di vita precedenti”.
Una vincita al Superenalotto
“Ai seminaristi capita di sentirsi fare i complimenti per la ‘scelta coraggiosa’ fatta: a me viene da sorridere perché penso che si tratti di una grande fortuna”, gli fa eco Ignazio per il quale tutto ciò “è molto di più che vincere al Superenalotto”. Per il giovane seminarista, infatti, “la chiamata al celibato e a servire la Chiesa nel ministero sacerdotale sono dei doni totalmente immeritati”. “Non ho una visione idilliaca, sono consapevole delle difficoltà che mi si potranno prospettare, eppure – osserva - sono molto tranquillo perché so che Dio non si lascia vincere in generosità”. Di questo, Ignazio ne è pienamente convinto. La sua vocazione è sbocciata in modo quasi naturale. “La mia vita cristiana, coltivata fin da piccolo in famiglia e in parrocchia, è stata fortemente accresciuta dalle attività di formazione promosse dalla Prelatura dell’Opus Dei, che ho frequentato per diversi anni, dalla fine del liceo”, spiega Ignazio, che, “grazie all’esempio di tante persone, laici e sacerdoti”, ha imparato ad avere “un rapporto personale con Dio, cercando di trovarlo, oltre che nei tempi dedicati esclusivamente alla preghiera, nelle attività di ogni giorno: studio, lavoro, amicizie”.
Così, a 16 anni, Ignazio ha cominciato “a prendere Dio sul serio”. Fino a quel momento, rivela, “avevo avuto una vita cristiana standard, frutto di una buona educazione in famiglia, ero sempre andato a Messa, occasionalmente mi confessavo e dedicavo del tempo a pregare”. “Poco a poco – continua – ho scoperto che potevo parlare con Dio in maniera personale, ho iniziato a leggere ogni giorno qualche versetto del Nuovo Testamento e a partecipare sempre più spesso alla Messa, a confessarmi e farmi consigliare nella direzione spirituale. Così, in maniera del tutto normale, il mio rapporto con Dio è cresciuto e, di pari passo, ho iniziato a rendermi conto che la ricerca della santità non poteva prescindere dall’attenzione al prossimo, cominciando da chi mi stava accanto”.
Da una vita reale ad una vita piena
La scelta del giovane dell’arcidiocesi di Cagliari è stata dettata dunque “dalla quotidiana esperienza dell’amore di Dio per me e dal fatto che egli si voglia servire di noi per aiutare gli altri ad essere felici”. Sebbene radicata in un terreno già preparato e sostenuta dall’affetto dei genitori (“Contenti della mia decisione, ma – dice – non particolarmente sorpresi: mi conoscevano bene e poi sono stato preceduto alcuni anni fa da mio fratello Carlo, più piccolo di quattro anni, che tra qualche mese sarà sacerdote”), quella di Ignazio è una vocazione maturata nel mondo reale, attraverso l’esperienza.
Studente universitario di Lettere classiche alla Sapienza di Roma, al termine del secondo anno si trasferisce a Palermo per portare avanti, assieme ad altri ragazzi, un Centro Culturale per studenti liceali. Pur “con il dispiacere di abbandonare la Città Eterna e una possibile carriera universitaria”, in Sicilia, Ignazio si dedica alla formazione dei giovani. “Completavo la laurea specialistica all’Università di Palermo e intanto mi occupavo di formazione per studenti universitari, collaborando alla direzione di un Collegio”, racconta il giovane seminarista che, terminati gli studi, ha iniziato ad insegnare alle scuole medie e al liceo classico. “Ho cercato di imparare a fare più cose alla volta e a gestire bene il tempo. In questo modo – rileva – ho potuto coltivare anche i miei interessi personali come la lettura, i viaggi, lo studio delle lingue, un po’ di tennis, ma soprattutto – ciò che più mi piace – dedicare tempo agli amici”.
Preti per servire non per autorealizzarsi
È in questa “palestra” di vita che Ignazio si è allenato. Oggi la sua esistenza è scandita dalla preghiera perché “se il sacerdote non diventa ‘esperto’ dell’incontro con Dio, difficilmente potrà aiutare gli altri a conoscere il Signore”, e dallo studio “per conoscere noi e aiutare gli altri a conoscere ciò che Dio ha voluto rendere accessibile di sé alla nostra intelligenza e per poter rendere ragione della propria fede in un mondo fortemente secolarizzato”. Sempre a “servizio”, all’interno della “comunità”, dal momento che “non si diventa sacerdoti per autorealizzarsi ma per servire la Chiesa e il prossimo”. Secondo Ignazio, “gli anni di Seminario non sono il prezzo da pagare per poter diventare sacerdote, ma una vera scuola di fraternità e servizio: chi non cogliesse questa dimensione starebbe perdendo molto di ciò che la Chiesa gli offre per prepararsi al futuro ministero”. Quanto alle difficoltà del domani e a come mantenersi fedeli alla chiamata, il giovane sardo rimanda ad una frase di Giovanni Paolo II: “Non ti preoccupare, te lo dirà Dio giorno dopo giorno”.
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