RIENTARSI - Mondo Voc aprile 2013 Torna al sommario
Valore e attualità del Seminario
Partendo dalla domanda se il Seminario non sia ormai superato, si guarda all’origine di questa istituzione e alla sua evoluzione nella storia, per arrivare al presente e invitare al ripensamento di questa struttura e a una nuova proposta del Seminario come comunità di formazione adeguata ai tempi.
di Matteo Sanavio
Quando si incontra un sacerdote e gli si chiede di raccontare la sua storia e la sua vocazione, il più delle volte questi, dopo aver parlato della famiglia e della parrocchia in cui è vissuto, ricorda con piacere gli anni del seminario.
Il senso di una domanda
Quando parliamo di “seminario”, facciamo riferimento ad un’istituzione ben precisa, con una sua storia e che nel corso dei secoli ha subito un’evoluzione come poche altre, nell’ambito della Chiesa. Ma questa istituzione non appare un po’ “vecchia”, sorpassata per il terzo millennio? La Chiesa e i suoi candidati al sacerdozio non meriterebbero un sistema di formazione più pluralista, magari più sobrio, aperto e multiculturale e attento alla singola persona?
Uno sguardo alla storia
Il seminario, luogo in cui i candidati al sacerdozio verificano la loro vocazione attraverso un percorso formativo di discernimento personale e comunitario e acquisiscono le competenze per un servizio futuro per il bene dei fratelli e la gloria di Dio, nasce da un’intuizione dello zelo pastorale dei vescovi dei primi secoli della Chiesa. Già all’epoca di Sant’Agostino risalgono testimonianze che riferiscono di candidati al sacerdozio che si ritrovavano attorno a grandi pastori che li preparavano, seguendo modalità e condotte che si ispiravano allo stile di vita dei monaci. Si insisteva molto sull’ascesi personale, si condividevano momenti di preghiera e di fraternità.
Nel Medioevo, poi, con l’istituzione delle Università e l’avvento degli Ordini Mendicati vennero istituiti collegi in cui i candidati al sacerdozio ricevevano una formazione accademica più strutturata, ma fu grazie al Concilio di Trento che tutte le diocesi della Chiesa Cattolica dovettero organizzarsi per avere ciascuna un luogo e un itinerario formativo istituzionalizzato da proporre ai seminaristi. Dalla metà del 1500 fino al Concilio Vaticano II, l’istituzione del seminario è rimasta impostata attorno ai tre capisaldi della pietà, dello studio e della disciplina ecclesiale, che diventavano il bagaglio di coloro che dovevano fronteggiare le derive moderniste e spesso anticlericali che si diffondevano inesorabilmente nelle società avanzate.
Dopo il Concilio Vaticano II e la ricca riflessione che è culminata nella promulgazione dell’esortazione apostolica Pastores dabo vobis (1992) e dei numerosi documenti delle Conferenze Episcopali sulla formazione del Clero, il seminario ha assunto la caratterizzazione di un luogo fondamentale in cui si impara a coltivare la carità pastorale di Cristo, nello spirito di comunione e in dialogo con le sfide che oggi la società impone.
Una profonda verifica
Negli ultimi decenni, in coincidenza con la crisi generale delle istituzioni della società nel mondo occidentale, anche il seminario ha accusato il colpo, e molte case di formazione sono state costrette a chiudere i battenti per il progressivo calo delle vocazioni. Ultimamente, poi, la diffusione di notizie su abusi e scandali subiti dai candidati tra le mura dei seminari ha costretto questa istituzione ad una profonda verifica. Papa Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato ha insistito sulla necessità di trasformare le case di formazione per i futuri sacerdoti in luoghi in cui si deve effettuare un profondo discernimento, affinché si preparino persone mature e stabili dal punto di vista affettivo, che giungano ad offrire garanzie di grande umanità e profonda spiritualità.
Ha ancora senso, allora, parlare di seminari, oggi? In un Occidente ripiegato su se stesso dalla generale deriva egoistica, in cui gesti generosi come dare la vita per Dio e per gli altri sono sempre più rari, si potrebbe correre il rischio di guardare il futuro secondo prospettive fortemente pessimiste. Eppure il Signore non si stanca di chiamare e perciò rimane più che mai urgente che le nuove vocazioni siano accompagnate in un percorso formativo sempre più serio.
Un profilo del prete prossimo venturo
Il sacerdote del nuovo millennio, usando un’ispirata suggestione di Karl Rahner, sarà “l’uomo dal cuore trafitto” o non sarà nulla. Il sacerdote, cioè, dovrà avere gli stessi sentimenti di Cristo, che ha amato i fratelli fino a versare l’ultima goccia del suo sangue per loro. Una persona matura, che proponga la fede in quest’ora così “magnifica e allo stesso tempo drammatica della storia” (Cfr. Christifideles laici, 3), libero dai condizionamenti esteriori e allo stesso tempo obbediente alla Chiesa, uomo di comunione che incarna la sollecitudine pastorale di Cristo per i più piccoli e indifesi. Un uomo di preghiera e di azione, capace di insegnare a pregare e di portare Dio al mondo con gioia e coraggio.
Il seminario serve ancora oggi più che mai. È chiaro che i formatori hanno una grande sfida davanti, ma oggi più che mai essi sono chiamati a formare testimoni credibili e a testimoniare loro stessi, in primo luogo ai candidati loro affidati, la gioia e la forza della chiamata di Dio. I seminari oggi si devono caratterizzare come veri e propri laboratori per la nuova evangelizzazione, diventando scuole di comunione e di radicalità evangelica, in cui si vive la gioia della donazione di sé e si cresce in armonia con il prossimo e il creato. Passi in questo senso si stanno facendo e c’è speranza per il futuro. Il Signore non abbandona mai il suo popolo.
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