ATTUALITÀ - Mondo Voc febbraio 2013 Torna al sommario
QUEL MALESSERE CHIAMATO SOLDO
Quanto costano i soldi?
Avere soldi può sembrare bello, ma ha più costi che benefici. La ricchezza toglie libertà, originalità e, a volte, l’onestà. È proprio così che vogliamo diventare? È questa la società che vogliamo costruire?
di Gianni Epifani
Nella sua prolusione al Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, il Presidente, cardinal Bagnasco, ha tuonato contro i politici che interpretano il loro mandato come una fonte di profitto. “La gente – ha detto - vuole che la politica cessi di essere una via indecorosa per l’arricchimento personale”. Il monito arriva in un momento in cui il dio denaro sembra essere l’unica motivazione che spinge ad entrare o restare all’infinito in politica. Non si fa fatica a crederlo se si dà un’occhiata alle cifre dei compensi parlamentari.
Sul sito della Camera dei Deputati sono pubblicate le indennità dei suoi appartenenti. In breve, circa 5000 € netti al mese, cui si aggiungono 3500 € di diaria, quasi 3.700 € di rimborso spese per collaboratori, convegni, consulenze …. In totale oltre 12 mila € al mese, senza considerare i 3000 € all’anno per le spese telefoniche (che sono altri 250 € al mese), gratuità su autostrade, aerei, treni, navi (per spostamenti sul territorio nazionale), rimborsi per e dall’aeroporto. Più o meno analoga è la situazione al Senato, sul cui sito si legge però che nell’ultimo anno ci sono stati tagli e riduzioni (e nei precedenti 64 anni di vita della Repubblica?). In sintesi, un parlamentare in un mese guadagna quanto un insegnante in 8 mesi e mezzo di lavoro, quanto un conducente di autobus in 10 mesi, quanto un operatore di call center in 24 mesi. Detto ciò, il dubbio che il soldo sia un bell’incentivo all’impegno in politica sorge, anche senza voler essere maliziosi, qualunquisti e retorici.
Tuttavia il denaro è un bell’incentivo per qualunque altra cosa nella vita. Lavoro, amicizie, matrimoni.
Ma fermiamoci un attimo a riflettere. I soldi, è vero, permettono di comprare tutto (non proprio tutto, moltissime cose è più corretto), permettono di essere in una posizione invidiata, di guadagnare la considerazione della gente. Ma quanto costa tutto ciò? Anche i soldi hanno un prezzo. Ce lo possiamo davvero permettere?
Il “campo dei miracoli” non esiste
Accumulare tanti soldi non è normalmente una cosa possibile con mezzi leciti. Il primo costo dell’arricchimento è quindi di natura morale. Bisogna compromettersi, sporcarsi le mani, fare almeno qualche “impiccetto” o qualche favore, se non si vince la lotteria, unico caso questo in cui si fanno i soldi facili, senza sudore e senza compromessi di sorta. Ebbene sì, perché i soldi non si trovano per strada né crescono nei campi dei miracoli, come fanno credere a Pinocchio il gatto e la volpe.
I soldatini di stagno
L’altro costo lo si paga invece in termini di perdita dell’originalità, che è propria della società consumistica. Quasi nessuno fa caso al fatto che i nostri bisogni sono in realtà quelli che le aziende e la pubblicità decidono debbano essere. Da quando c’è la televisione, in modo particolare, si comprano una gran quantità di cose inutili, che però ci sembra siano necessarie o belle, quindi desiderabili. E così abbiamo tutti lo stesso modello di cellulare (notate che quando ne squilla uno tutti controllano se sia il proprio!), indossiamo tutti gli stessi abiti ecc. ecc. Siamo come i 25 soldatini di stagno della fiaba di Andersen, tutti uguali. Fini qui nessuna rivelazione.
Quello a cui non si pensa mai è che non lo decidiamo noi, ma una sorta di dittatura occulta a cui pochi riescono a ribellarsi. Senza considerare poi che abbiamo gli armadi e le scarpiere strapieni e che lì dentro finiscono gli sforzi che quotidianamente facciamo per portarci a casa la cosiddetta pagnotta.
Zio Paperone
Ultimo costo del denaro si chiama schiavitù. I soldi creano dipendenza e le dipendenze tolgono la libertà. Viene in mente zio Paperone, talmente innamorato del suo denaro, da avere negli occhi il simbolo del dollaro. Custodiva le sue monete d’oro in un deposito inaccessibile e soffriva pene atroci rispetto a qualunque cosa minacciasse l’entità del suo patrimonio. Che vitaccia!
Finire così? No, grazie.
Allora interroghiamoci. Che società vogliamo costruire? Siamo contenti dell’immoralità che dilaga, del conformismo che impera e della nostra soccombenza inconsapevole a tutto ciò? Non credo, altrimenti non proveremmo qual senso di nausea di fronte alle notizie degli usi illeciti dei finanziamenti pubblici ai partiti o delle truffe bancarie (solo per citare i casi più recenti). Non credo, se anche il Presidente della Cei ha sentito l’urgenza di richiamare l’attenzione del mondo cattolico su quello che si configura a tutti gli effetti come un problema della società odierna. Il denaro deve essere un mezzo, non lo scopo della vita.
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