ATTUALITÀ - Mondo Voc febbraio 2013 Torna al sommario
LA FORZA DISTRUTTIVA DELL'AVERE
O l’avere o la vita
Nelle parole di Erich Fromm una verità non sempre evidente
Trent’anni fa circa, lo psicanalista e sociologo tedesco spiegava i rischi di una società imperniata sul possesso e sulla brama di avere. Questo è nemico della vita e la distrugge. Recuperare la dimensione dell’essere equivale a salvare se stessi e la società dalla rovina.
di Novella Caterina
Se fosse un libro sarebbe “Il manuale del perfetto consumatore”. Inizierebbe più o meno così: tre sono i tipi di consumatori esistenti. Quello che “non ho niente da fare, quindi mi dedico allo shopping”, quello che “se gli altri ce l’hanno, lo voglio pure io!”, quello infine che “avere è necessario per essere”.
Le tre tipologie corrispondono a tre patologie precise: la sindrome del compratore, la sindrome del frustato, la sindrome dell’apparente. Mentre le prime due hanno origine nel vuoto esistenziale di quanti comprano per riempire di senso la vita o per arginare l’insicurezza, la terza è conseguenza del modo in cui si è evoluta la società moderna, in cui i beni materiali fanno la ricchezza e questa è un valore da inseguire e perseguire.
Compro quindi sono
Il paradigma è semplice ed in teoria di facile attuazione. Basta comprare l’ultimo modello di smartphone, la giacca più trendy (griffatissima, s’intende) e un auto molto costosa (se sportiva, è meglio!), per raggiungere l’ambito traguardo di essere riconosciuti come ricchi (orgogliosamente) e sentirsi sicuri ed accettati. Questi parametri sono spesso, e non a caso, anche i requisiti di scelta delle proprie amicizie.
Il moderno concetto di ricchezza passa attraverso il possesso ed anche in tempi di crisi la regola vale sempre (magari al prezzo di qualche debito, ma resta in piedi). Basti pensare che qualche giorno prima di Natale, il più difficile probabilmente dal secondo dopoguerra, era quasi impossibile trovare nei negozi di settore articoli come tablet e macchine per l’espresso.
Una recente inchiesta condotta da Lewis PR dimostra che in Italia ci sono più cellulari che cittadini. I dati rivelati dal “Bilancio di mandato 2005-
Questa necessità di avere ad ogni costo è patologica, ma pochi se ne accorgono perché “l’avere – scriveva Erich Fromm nel saggio Avere o essere del 1976 – costituisce una normale funzione della nostra esistenza. Per vivere – aggiungeva – dobbiamo avere oggetti. In una cultura – continuava - nella quale la meta suprema sia l’avere, e anzi l’avere sempre di più, e in cui sia possibile parlare di qualcuno come una persona che “vale un milione di dollari”, come può esserci un’alternativa tra avere e essere? Si direbbe, al contrario, che l’essenza vera dell’essere sia l’avere; che se uno non ha nulla, non è nulla”. Lo studioso tedesco spiegava quindi che “la differenza tra avere ed essere è in realtà la differenza tra una società imperniata sulle persone e una società imperniata sulle cose. L’atteggiamento dell’avere è caratteristico della società industriale occidentale, in cui la sete di denaro, fama e potere, è diventata la tematica dominante della vita.”
Avere e essere in rapporto alla vita
Per far capire ai lettori questo concetto e le differenze principali tra le due dimensioni, Fromm ricorre a due poesie. Una dell’inglese Tennysonn, l’altra del giapponese Bash. Entrambi raccontano di un fiore, ma mentre il primo scrive “fiore in un muro screpolato/ti strappo dalle fessure/ti tengo qui, radici e tutto, nella mano …”, il secondo dice “se guardo attentamente, vedo il nazuma che fiorisce, accanto alla siepe”. In sintesi, spiega lo psicanalista e sociologo tedesco, Tennysonn vuole possedere il fiore, averlo per sé con le radici e tutto, il secondo semplicemente lo guarda attentamente per vederlo.
Questa differenza si riflette sul modo di considerare la vita. Nel primo caso c’è un atteggiamento distruttivo, nel secondo c’è invece un senso di profondo rispetto. Bash il fiore non vuole ucciderlo, Tennysonn vuole averlo a tutti i costi, anche a costo di farlo avvizzire e quindi morire. L’avere è in sintesi distruzione della vita; si può dedurre perciò che l’amore per la vita sia incarnato dalla dimensione dell’essere.
E anche se a distanza di un trentennio circa il mondo non è più quello del tempo di Fromm (il giapponese di oggi è uguale all’inglese della poesia), l’insegnamento resta. L’avere, il possesso, hanno una forza che devasta. Annientano la personalità, la creatività, l’altruismo, l’amore e questo è un pericolo che nessuna società dovrebbe voler correre.
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