STORIE DI VITA - Mondo Voc gennaio 2013 Torna al sommario
TRA GLI INDIOS E I PICCOLI PIACERI DELLA VITA
La ricerca della felicità
Scoprire di essere felici con poco a dispetto del molto che si lascia.
Ma che cosa è il molto e cosa il poco?
di Michele Pignatale
Un viaggio lungo e pensato da tempo che si realizza con una decisione maturata in una faticosa ricerca di una vita più autentica, più sobria, più felice. Condizioni che si ritrovano nello stile di popolazioni indios, di persone e popoli lontanissimi dalla nostra cultura ma che sono accomunate dalla straordinaria capacità di nutrirsi della felicità che gli regala la terra, la natura lussureggiante dei loro territori, che difendono anche a costo della vita.
Dentro a questa realtà si è inserita Vitina, giovane infermiera di 25 anni della provincia di Lecce.
Dopo un’esperienza vissuta in una struttura privata di Milano ha fatto ritorno nella sua terra natia. Non riusciva a sopportare la solitudine, l’indifferenza, l’impossibilità di stabilire rapporti fecondi di amicizia sul lavoro ma anche nell’ambito del suo quartiere. Questo disagio è cresciuto in maniera talmente pervasivo da subirne tutti gli effetti deleteri dell’essere insoddisfatta.
Bisogno di relazioni
“Ho deciso di ritornare al mio paese – ci racconta Vitina – anche se professionalmente mi è costato, ma non potevo continuare a vivere in un ambiente che non mi dava niente sotto l’aspetto umano. Quello che guadagnavo mi bastava appena per tirare avanti. I sacrifici si fanno se vedi un futuro possibile che vale la pena costruire e non parlo solo a livello economico. Il mio problema è stato la difficoltà a creare una rete di relazioni capaci di toglierti dalla monotona vita casa-lavoro, lavoro-casa. Eppure il mio carattere non è chiuso, anzi. Solo che purtroppo non ho saputo cercare occasioni valide. Però appena sono tornata dalle mie parti, la mia vita è cambiata. Nel Salento i rapporti umani sono fondamentali, ci conosciamo tutti e quando hai bisogno di passare del tempo o di scambiare qualche parola basta rivolgerti alla porta accanto oppure andare a trovare le amiche di scuola. Nostalgia del paesello mi ha rimproverato mio padre. Ma non sapeva cosa sarebbe successo in seguito”.
Naturalmente Vitina non rimane con le mani in mano e trova subito l’occasione di prestare servizio come infermiera in una casa di accoglienza per anziani, ragazze madri e disagiati. L’impegno si svolge tramite una cooperativa che le assicura un minimo mensile. Ma lei è contenta soprattutto quando è impegnata a livello domiciliare. L’incontro con i malati e le famiglie l’arricchisce, la fa stare bene. La stessa cooperativa ha aperto anche un ambito internazionale di servizio in diversi paesi del Sud del mondo. Sono delle piccole strutture dove volontari gestiscono servizi specifici a livello igienico-sanitario, istruzione scolastica e progetti finalizzati all’uso equilibrato del territorio. È stato proprio il ritorno di un volontario la scintilla che ha fatto scattare in Vitina il desiderio di condividere un’esperienza fuori dall’Italia.
La felicità che non ti aspetti
Era stata organizzata una serata per ascoltare l’esperienza fatta da questo collaboratore. Il racconto, i filmati e soprattutto l’entusiasmo che mostrava ha impressionato la nostra amica. Qualche tempo dopo ne ha parlato con il responsabile della cooperativa chiedendo se potesse essere utile, con la sua professione, in qualche altro luogo. L’amico non aspettava altro e subito le ha chiesto di essere disponibile per il Brasile, ma aveva tre mesi per pensarci e decidere.
“Si trattava di una proposta che aveva dell’incredibile. Si trattava di cominciare un progetto sanitario presso la popolazione indios degli Awà, circa 500 persone che costituiscono una tribù che vive nel Maranhão, in Brasile, minacciata a causa della loro terra che fa gola ai latifondisti. Quindi pericolo costante per la propria vita. Ma ero affascinata dalla possibilità di misurarmi con l’inizio del progetto. Saremmo state in due. Devo dire che ho pensato e ho cominciato a raschiare dal fondo della mia anima quelle energie silenti di una fede piccola ma radicata. Avevo bisogno di un sostegno perché quella scelta fosse consapevole e desiderata. Al quarto mese siamo partite e ci siamo ritrovate in una terra bellissima e fra gente dotata di una straordinaria capacità di essere felice, anche con un piccolo e insignificante specchio. Siamo state accolte con fiori e balli e ci hanno accompagnato nella nostra residenza, una capanna come le altre ma arredata in maniera così calda che poteva sembrare quasi una baita di montagna. La sera ci hanno invitate attorno al fuoco e ci hanno preparato da mangiare”.
È passato un anno circa e Vitina si è inserita profondamente nella vita del popolo Awà e di altre tribù di indios confinanti, bisognose di cure sanitarie. Non sono mancati i momenti difficili e anche drammatici perché i latifondisti continuano sempre la caccia all’uomo. E sono stati proprio questi momenti a stringere ancora di più quei vincoli di amicizia che si sono costruiti. Forse perché tra lei e la gente indios c’è un obiettivo comune: la ricerca della felicità che nasce nella semplicità e nella condivisione giorno per giorno dell’esistenza.
“La mia vita è cambiata grazie a questi amici che mi hanno dato slancio –conclude Vitina – che mi hanno accolta, aiutata e, oserei dire, amata. Di un amore semplice e vero che ha riempito il mio cuore di gioia. Ne ho parlato con Padre António, un missionario portoghese che viene a visitarci una volta al mese, e con lui ho scoperto tutta quella ricchezza e quella gioia che avevo dentro e che volentieri metto al servizio dei miei amici Awà. Ma la cosa più eclatante per me è che non ho nostalgia del mio paesello perché qui ho trovato la felicità”.
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