STORIE DI VITA - Mondo Voc novembre Torna al sommario
RONY RAMEH
Se sono in Libano, Dio sa perchè
È un osservatorio privilegiato, quello di Rony Rameh, per capire il Libano che Benedetto XVI ha visitato a settembre. Libanese, di religione cattolica, lavora come logista per l’Organizzazione non governativa AVSI nel Campo Nahr al-Bared, abitato da profughi palestinesi non cristiani, a nord del Libano.
di Vito Magno
In quale parte del Libano si trova il Campo profughi in cui lavora?
A 16 chilometri a nord di Tripoli, lungo il mare, abbastanza vicino alla frontiera.
Da quando questo Campo è funzionante?
In Libano ci sono una dozzina di Campi creati nel '48, quando è avvenuta la prima ondata di profughi. Poi sono cresciuti molto, tanto da diventare grandi città in cui la gente vive ammucchiata in modo difficile e complicato specialmente a causa della guerra e dei continui spostamenti. Purtroppo sono giunte anche persone che militano nel terrorismo. Anni fa è scoppiata la guerra tra loro e l'esercito libanese.
Quanti rifugiati contiene attualmente il Campo?
Originalmente erano oltre 40.000, ora molto di più, anche perché nella parte centrale del Campo dove non si può entrare, e che fu distrutta quasi totalmente dalla guerra, sono in tanti ad abitare.
In che cosa consiste il servizio di volontariato che voi svolgete?
Noi abbiamo lavorato per rimettere a posto quasi 400 appartamenti, nei quali abbiamo portato l'acqua, l'elettricità e aggiustato le finestre e i muri.
In questi mesi dell'ondata di profughi siriani in Libano i giornali hanno dato cifre contrastanti, come stanno effettivamente le cose?
Non si sa mai il numero preciso perché quando arriva una folla c'è sempre qualcuno che non denuncia la sua presenza perché ha paura. Certamente si tratta di oltre 50.000 persone.
Insieme alla Caritas libanese che programmi l’Avsi condivide?
Stiamo lavorando soprattutto con i ragazzi che hanno ripreso la scuola e che adesso non hanno niente, neanche la casa.
Ragazzi di quale nazionalità?
Sono profughi siriani. Diverse zone al nord e alla Beqaa dove hanno potuto rifugiarsi il governo libanese ha aperto anche le scuole per ospitarli.
Il popolo libanese cosa fa?
I profughi siriani sono in maggioranza musulmani, ed è normale che i musulmani del Libano li accolgano, specialmente nei villaggi vicino alla frontiera.
Che dire, invece, dell'esodo dei cristiani dal Libano?
Gli eventi di questi ultimi anni, mischiati alla crisi economica, sono drammatici. È molto duro vivere in Libano. Soprattutto i giovani tendono ad andar via, anche se tendono a finire gli studi nel Paese. Dopo, non vedendo sbocchi sul mercato del lavoro, preferiscono partire.
Anche lei è stato tentato di lasciare questo Paese?
La fede mi aiuta a sopravvivere. Molti sono i momenti di disperazione, ma sono un po' testone: ci tengo a rimanere, anche perché sono convinto che si nasce in un luogo non per caso, ma per un compito. Ho avuto varie occasioni per fuggire nei momenti più difficili, come ad esempio nella guerra del 2006, però ho detto sempre di no. Se sono nato qui, se sono cresciuto qui, se sono riuscito a resistere anche dopo 16 anni di guerra nella quale sono stato coinvolto, vuol dire che ho una missione da compiere. Ho trasmesso questa idea anche ai miei figli. Uno di essi che sta per finire la scuola superiore e ha ricevuto inviti per andare negli Stati Uniti dove abbiamo anche dei parenti, si oppone, preferisce andare all'Università Libanese Statale e vivere e resistere nella sua terra.
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