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IL SIMBOLISMO CHE RACCONTA LA SANTITÀ


La santità nell'arte



Figure esemplari dal fascino senza tempo


di Luciano Cabbia

 

santi_nellarteLa rappresentazione dei santi dai primi secoli del cristianesimo ai giorni nostri 

Nei Musei Vaticani ci sono immagini di santi dipinte nei fondi di bicchiere: in questo modo i cristiani potevano avere davanti agli occhi l’immagine di Cristo e dei suoi santi. Un uso derivante dal mondo pagano. Gli ateniesi infatti – racconta Platone – facevano dipingere nei fondi dei bicchieri l’immagine della persona amata.

 

Lo storico dell’arte monsignor Timothy Verdon ci accompagna in una essenziale rassegna sulla presenza dei santi nell’arte. In oriente, Cristo e il santo sono rappresentati solo nella loro condizione gloriosa, quindi nella fissità delle icone. La Chiesa latina di occidente invece ha accolto gli stili espressivi dei vari periodi storici e in questo modo l’evoluzione dell’iconografia occidentale dei santi corrisponde alle varie epoche e sensibilità. Nei primi secoli del cristianesimo si trovano figure anonime e ieratiche. Nel Medioevo, con l’evolversi della nuova spiritualità di san Bernardo di Chiaravalle, di san Francesco d’Assisi e degli ordini mendicanti, il santo è una persona che soffre e gioisce in maniera pienamente umana. Nel Rinascimento, con la riscoperta dell’antichità, il santo viene raffigurato con un corpo “classicamente” perfetto e in questo caso l’iconografia dei santi sposa insieme realismo e idealità. Il passo successivo segna una esagerazione stilistica: santi “impossibilmente belli”, come in Raffaello; santi “impossibilmente eroici”, come in Michelangelo. Nell’arte barocca poi non c’è chiesa in cui l’intero soffitto non sia occupato da uno stuolo di questi personaggi “aerei” e non più tanto credibili perché, appunto, troppo belli, troppo grandi, troppo idealizzati. Ma il barocco viene salvato dal nuovo realismo dell’Ottocento, che aderisce, per esempio, ai nuovi modelli di santità delle Congregazioni religiose e all’impegno dei santi nel sociale: un realismo che rappresenta comunque lo sforzo di tornare a una visione di santità più concreta e quotidiana. Oggi non si affacciano nuove tendenze prevalenti. In una cultura secolarizzata è diventato difficile esprimere l’essere umano in termini spirituali, così l’arte riesce al massimo a cogliere, di volta in volta, le dimensioni psicologica, sociologica, politica dell’essere umano contemporaneo. Un’arte “sacra”, quindi, anch’essa frammentata. Qualcuno ha detto che i santi sono i capolavori di Dio; ma, a loro volta, i capolavori dell’arte “sacra” sanno ancora comunicare Dio?

 


Il Cristo di San Giovanni della Croce di Salvador Dalì

Cristoi_Salvador_DalLa storia dell’arte è ricca di immagini che esprimono la santità nelle sue varie articolazioni. Per quel che riguarda Gesù Cristo, la sua non può essere una “vocazione” alla santità, dal momento che il Figlio di Dio è il Santo per eccellenza. Questo dato teologico lo si può scorgere nel Cristo di San Giovanni della Croce di Salvador Dalì (1951).

 

Il quadro, ispirato a un disegno di San Giovanni della Croce, è conservato presso l’Art Gallery di Glasgow. L’opera nasce da un sogno: Dalì vede Gesù senza corona di spine, con il corpo senza ferite, miracolosamente aderente al legno della croce e privo di chiodi.  

 

Il Dio crocifisso è sospeso al centro della composizione in uno spazio irreale: è una figura cosmica e insieme carica di una bellezza terrena, una figura che con le braccia allargate sembra abbracciare tutti e chiamare a sé l’umanità intera.

 

 

Il Battesimo di Gesù di Piero della Francesca

Il tema del “rivestirsi di Cristo”, ossia intraprendere una via di santità nella propria vita, è bene espresso in un particolare presente nel Battesimo di Gesù di Piero della Francesca, che si trova alla National Gallery di Londra. Sullo sfondo del dipinto, a destra dell’osservatore, si scorge un uomo seminudo che sta indossando un abito. Il biancore della sua pelle, del tutto simile a quella del Cristo che sta al centro dell’immagine, fa pensare al neofita che ha già attraversato le acque salutari del Battesimo e si riveste di Cristo. Il simbolismo è chiaro: chi si riveste di Cristo ed entra in familiarità con Lui, riacquista il candore e la bellezza originaria. L’uomo seminudo non ha abiti che permettano di collocarlo in un’epoca precisa; non è un uomo del tempo di Gesù, ma è il credente di ogni tempo, è la Chiesa che attraversa i secoli e le epoche: già santificata, eppure sempre bisognosa di rivestirsi di Cristo per essere santa.

 

 

Il ritorno del figliol prodigo del Guercino

Figliol_prodigo_GuercinoUn’altra raffigurazione pittorica sul tema del “rivestirsi di Cristo” come inizio di una vita santa, è la tela del Guercino, Il ritorno del figliol prodigo, un’opera del 1619 che si trova al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

 

Del racconto evangelico il Guercino non mette in risalto il momento dell’abbraccio tra il padre e il figlio, ma coglie il momento in cui il figlio, di ritorno dal lungo viaggio che lo ha riportato a casa, si toglie la camicia lacera per indossare la veste bianca che il padre sta prendendo con la mano sinistra, mentre con la destra lo tiene abbracciato, sotto lo sguardo sorpreso e incredulo del fratello maggiore.

 

È un fermo immagine sul momento del cambiamento di vita da parte del figlio prodigo: indossare la veste bianca, simbolo della rinascita del Battesimo, significa gettarsi alle spalle un passato lontano da Dio e ricominciare una vita insieme con Lui.

 

 

La chiamata di Matteo del Caravaggio

Il quadro di Caravaggio, La chiamata di Matteo (1599-1600), nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma, rappresenta il momento in cui Gesù vede Matteo al banco di esattore delle tasse e lo chiama a divenire suo discepolo. La raffigurazione è di grande effetto: il gesto di Cristo, nell’ambiente scuro, prende forma con l’entrata, a destra, del violento fascio di luce, una luce chiaramente simbolica e spirituale che, illuminando Matteo, lo toglie dall’ombra e in questo modo lo chiama, lo designa. La vocazione di Matteo è prima di tutto una conversione, la chiamata ad una vita nuova e santa, prima che la vocazione ad uno specifico discepolato o ministero. In un clima da bisca, i giocatori al tavolo indossano abiti moderni, contemporanei al pittore, a significare la contemporaneità perenne del gesto di Cristo che chiama tutti e sempre a conversione. La mano di Cristo ricorda quella della creazione di Adamo nella Cappella Sistina di Michelangelo: è una mano che chiamando la persona, la ri-crea in una nuova dimensione di vita. Se il locale di riscossione delle gabelle, il denaro, il gioco… stanno a significare il vecchio dal quale si viene distolti da quell’indice puntato, allora la persona che viene “indicata” – cioè ciascuno indistintamente – è chiamata a lasciare la vecchia vita, e cominciarne un’altra nella verità e nella santità.


 

La_Presentazione_BelliniLa Presentazione al tempio di Giovanni Bellini

Nel dipinto di Giovanni Bellini, Presentazione al tempio, che si trova nella Galleria Querini Stampalia a Venezia, è presente una specie di “mandato missionario” per il cristiano. Nel gruppo centrale la Madonna accoglie nuovamente tra le braccia – dopo averlo offerto a Simeone per la benedizione – il figlio Gesù. Il volto sereno della madre ha un velo di pensosa serietà, come se stesse decidendo se trattenerlo entro il suo abbraccio, per proteggerlo dal dolore che le è stato profetizzato, oppure donarlo al mondo senza riserve, anticipando l’offerta che il Figlio farà di se stesso. Il Bambino è il protagonista del quadro e sembra interpellare chi guarda, che da quel momento non potrà più essere solo un disinteressato spettatore: abbiamo visto la salvezza, siamo stati resi santi. Ancora oggi quelle braccia sembrano donare a noi, alla Chiesa (figurata in Maria) questo Figlio, perché lo riceviamo e a nostra volta lo “presentiamo” agli altri, perché sia visibile da tutti, e tutti possano credere in lui e ricevere in dono una vita santa. I cristiani sono chiamati ad essere santi, e ad essere, a loro volta, “ostensori” della santità di Dio.

 

 

 

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