ATTUALITÀ - Mondo Voc giugno - luglio 2012 Torna al sommario
Il futuro è nell'amore
Solidarietà e apertura agli altri per vincere la crisi lavorativa
di Carlo Climati
“Un futuro. Vorrei solo avere un po' di futuro... Sperare di lavorare per costruire una famiglia, dare il mio contributo alla società... Non mi sembra di chiedere molto”.
Sono parole semplici, spontanee, sgorgate dal cuore di uno dei tanti giovani con cui ho avuto occasione di dialogare in questi anni, durante i miei incontri nelle scuole, nelle parrocchie, nelle università.
Sono veramente moltissimi i ragazzi che mi confidano la loro preoccupazione per il domani, frutto della paura o della difficoltà nel trovare un lavoro. È un tema importante, sentito, delicato. Ed è proprio utilizzando le parole dei giovani che vorrei cercare di illustrarlo.
Non bisogna arrendersi
“Ho studiato tanto”, mi ha detto Alberto, venticinquenne. “La mia famiglia ha fatto grandi sacrifici per mandarmi all'università. Adesso, però, sto incontrando molti ostacoli nella mia ricerca di un'occupazione. Faccio colloqui, mando il curriculum... Ma non ho ancora trovato nulla”.
“Il vero problema è il momento che stiamo attraversando”, dice Anna, ventenne. “C'è troppo pessimismo in giro. Secondo me la colpa è anche di certi mezzi di comunicazione che producono una vera e propria azione terroristica. Non fanno altro che parlare di crisi. E così il pessimismo diventa contagioso. La gente si scoraggia. Si crea un effetto di depressione devastante e i primi ad essere colpiti siamo proprio noi giovani. Quale futuro posso sperare d'avere, se non riesco a trovare un lavoro? Come posso pensare di sposarmi e creare una famiglia?”
Il consumismo sfrenato
“Mi impressionano le tante storie di suicidi legate alla crisi”, dice Margherita, diciotto anni. “Sono un segno terribile del bruttissimo momento che stiamo attraversando. Tanta gente si ritrova improvvisamente senza lavoro e deve affrontare problemi grandi: mandare avanti la famiglia, pagare un mutuo... La crisi ci sta distruggendo e sta polverizzando tante vite. È la cosa che più mi rattrista in questo momento”.
“In qualche modo, penso che ci meritiamo questa crisi”, dice Alberto, diciannovenne. “Finora abbiamo vissuto in uno stato di benessere esagerato, immersi in un consumismo sfrenato. Abbiamo veramente vissuto oltre le nostre possibilità. Oggi noi giovani paghiamo duramente il prezzo di questa esistenza materialista, in cui i valori più importanti sono stati abbattuti. La crisi del mondo del lavoro è figlia di questo non-pensiero che finora ha dominato le nostre vite. Mangiare, consumare, avere la pancia piena... Siamo stati abituati ad avere sempre il superfluo. E ora ci sentiamo in crisi, ci lamentiamo, diventiamo pessimisti... Ma la colpa è solo di chi ha costruito tutto questo”.
La crisi è un'opportunità
“Io non mi sento pessimista”, dice Claudia, diciannovenne. “Al contrario, vedo nella crisi un'opportunità per cambiare il mondo e creare qualcosa di bello, di nuovo. Dobbiamo tutti rimboccarci le maniche e provare a vivere in modo più sobrio, accontentandoci di ciò che abbiamo. Non dobbiamo lasciarci ingannare dai falsi modelli che ci vengono imposti dalla televisione e dalla pubblicità. Se ci ispiriamo a questi falsi idoli, ci sentiremo sempre tristi, incompleti, insoddisfatti. Io sto per iniziare l'università, ma contemporaneamente mi cercherò qualche lavoro temporaneo. I miei genitori mi hanno consigliato di fare questo e hanno ragione. Dicono che questo mio doppio impegno, nello studio e nel lavoro, mi aiuterà ad essere una persona più matura, più responsabile”.
“Il futuro è nelle nostre mani e dobbiamo cominciare a costruirlo oggi stesso”, dice Silvia, ventiquattro anni. “Penso anche che ognuno di noi abbia la possibilità di inventarsi una propria attività lavorativa, facendo fruttare le proprie passioni e i propri talenti. Conosco delle ragazze che hanno aperto un negozio in cui vendono accessori di moda, creati proprio da loro. Ricercano materiali originali e li trasformano in oggetti come foulard, collane e anelli. Mi piace questo spirito di iniziativa, che è nato dall'amicizia, dalla stima reciproca e da una passione comune: quella della bellezza. È un buon esempio da seguire, secondo me”.
“Io penso che sia giusto fare uno sforzo collettivo”, dice Manuela, ventenne. “La solidarietà è l'unica strada possibile per uscire da questa crisi del mondo del lavoro. Bisogna creare reti, aiutarsi reciprocamente. Io credo fermamente nell'uso di internet e dei social network. Il passa-parola può essere un modo per restare in contatto e scoprire se ci sono nuove opportunità di occupazione. L'importante è non sentirsi mai soli e, soprattutto, non far sentire soli gli altri. Bisogna darsi una mano, sostenersi in questo momento di difficoltà economica.
La civiltà dell'amore
Domani, futuro, speranza, impegno, sforzo, solidarietà... Sono le parole che ho ritrovato più frequentemente nei miei dialoghi con i giovani.
È bello vedere nelle nuove generazioni tanta buona volontà, voglia di fare, di costruire per uscire dalla crisi. Ed è bello, soprattutto, scoprire questa voglia autentica di solidarietà: la consapevolezza che il nostro futuro dipenderà soprattutto dall'impegno che metteremo nel sostenerci, gli uni con gli altri.
Lavorare, e avere la possibilità di lavorare, significa sentirsi vivi, attivi, esistenti, parti della società. Derubare i giovani (e non solo i giovani) di questa possibilità significa compiere un vero e proprio attentato alla dignità dell'essere umano.
Per questa ragione, come mi hanno aiutato a capire i dialoghi con i ragazzi, è necessario oggi uno sforzo comune, collettivo, incessante, per creare quella civiltà dell'amore di cui parlava un grande Papa, Paolo VI. In questa civiltà dell'amore potremo trovare tutti un futuro, un domani più vero ed umano, in cui il pane della nostra tavola sarà sempre condiviso con gli altri.
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