DIVERSO PARERE - Mondo Voc novembre 2011 Torna al sommario
La famiglia cristiana luogo di trasmissione della vita, della fede e della cultura del progetto.
Finché c’è famiglia c’è speranza
Ciò che manca all’uomo di oggi è la fiducia nel domani. È un uomo appiattito sul presente che vive alla giornata ed ha paura del progetto. Di qui la cultura del divertimento e dello stordimento. Solo una famiglia formata in senso cristiano può far rinascere la società perché possiede la cultura del progetto e dell’apertura alla vita.
di Aldo Maria Valli
Di fronte alla grave crisi politica, economica e sociale che attanaglia il nostro paese, è sempre più evidente che la rinascita potrà avvenire attraverso le famiglie, e soprattutto grazie a quelle famiglie che si rifanno agli ideali di solidarietà, fiducia nell’altro, spirito di sacrificio e apertura alla vita che fanno parte della tradizione cristiana.
Non saranno i provvedimenti tecnici, per quanto importanti, a risollevarci dal baratro nel quale siamo caduti. Senza una rinascita morale non ci sarà modo di riprendersi, e la ricostruzione morale, per essere efficace, deve avvenire là dove i rapporti interpersonali nascono e si giocano ogni giorno.
La famiglia che vive e opera alla luce dell’insegnamento evangelico ha una grande ruolo perché i suoi valori sono proprio quelli di cui la società, nel suo complesso, ha più bisogno: si tratta della cultura del progetto e dell’apertura alla vita.
La cultura del progetto è propria di chi non vive appiattito sul presente e non si lascia dominare dagli istinti né dalla paura, ma ha una visione lungimirante. È propria di chi non si lascia irretire dall’individualismo spinto (l’io al centro di tutto), dall’edonismo (l’importante è cercare e ottenere il piacere) e dal pragmatismo (l’importante è accumulare esperienze al fine del soddisfacimento personale, qualunque sia il mezzo adottato).
Contro questa visione dell’uomo e delle relazioni interpersonali, la cultura cristiana oppone l’idea che la vita non è di mia proprietà ma è un dono che ho ricevuto e che devo tutelare. Oppone l’idea che la libertà non è fare ciò che si vuole (soltanto perché scienza e tecnica ci mettono a disposizione gli strumenti per farlo), ma è valutare in senso morale la portata della scelta. Oppone l’idea che ciò che conta non è l’esperienza in sé, ma ciò che l’esperienza comporta per il bene o il male della persona. Oppone l’idea che una vita fatta di soli diritti senza doveri diventa un peso per gli altri.
Oggi ciò che manca è la fiducia nel domani. Si vive alla giornata e si ha paura del progetto. Certo, la difficile congiuntura economica contribuisce a questa visione, ma al fondo della questione c’è un problema antropologico. L’uomo di oggi è appiattito sul presente perché vive nella convinzione (più o meno consapevole, più o meno meditata) che interrogarsi sulle grandi questioni dell’esistenza e guardare oltre l’orizzonte del quotidiano non sia più di competenza della ragione umana. Di qui la cultura del divertimento (in senso letterale, da divertere, guardare altrove, volgere lo sguardo in un’altra direzione) e dello stordimento: tutto va bene purché non ci sia spazio per l’introspezione, per un onesto esame di coscienza, per il silenzio, per le domande decisive sul proprio essere e il proprio destino.
La famiglia formata in senso cristiano può dunque dare un contributo fondamentale se riesce a essere se stessa, senza lasciarsi condizionare a sua volta da individualismo, edonismo e pragmatismo. Ma per essere se stessa ha bisogno di ancorarsi alla Parola di Dio e all’insegnamento evangelico attraverso la Grazia che sempre opera efficacemente e lasciando che lo Spirito scenda sui suoi componenti dando a ognuno forza, fantasia, coraggio e perseveranza.
Due le linee da seguire in questo lavoro di formazione e di autoformazione: la crescita culturale e la preghiera.
Per crescita culturale si intende la consapevolezza dei problemi, da alimentare attraverso l’uso critico delle fonti di informazione e il dibattito sia all’interno della famiglia sia in tutti gli altri ambiti in cui si svolge la vita quotidiana. Il cristiano non può vivere da disinteressato e da inconsapevole. Occorre inoltre trasmettere la bellezza della visione cristiana, dimostrando con l’esempio che non si tratta di applicare alcuni precetti, ma di essere persone nel senso più pieno, desiderose della vera felicità.
Tutto questo è possibile se ci si mete nelle braccia del Signore e ci si lascia aiutare dallo Spirito. E lo si verifica soprattutto quando, alla nascita di una nuova vita, si scopre quanto è liberante andare controcorrente, senza lasciarsi condizionare da una cultura che vorrebbe fare di noi esclusivamente dei consumatori o, ben che vada, degli utenti di servizi.
Il cristiano ha a cuore la persona, perché nella persona vede il riflesso di Dio. Di qui la dignità senza paragoni della persona stessa, e di qui il vigore che il cristiano sa mettere in campo, specie nei momenti in cui ogni speranza sembra negata.
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