La famiglia, sede naturale del volontariato
Fare volontariato in famiglia
Il volontariato non è solo quello che si fa fra i poveri, gli ammalati, i profughi. Volontariato è anche offrire il proprio contributo in famiglia, con amore e abnegazione.
di Aldo Maria Valli
Quando, in casa nostra, è il momento di sparecchiare la tavola, attorno a me e a mia moglie si fa il vuoto. Le quattro figlie che ancora vivono con noi si danno alla fuga e, ci giurerei, in quel momento darebbero chissà cosa per raggiungere i due fratelli più grandi, che ormai vivono per conto loro. Sparecchiare è noioso, e poi ognuna di loro chiede: perché io? Perché non loro tre? Lo stesso succede quando chiediamo che qualcuno vada a prendere qualcosa in cantina, oppure quando ci sono i panni da stendere, o le camerette da mettere in ordine. Mugugni, mugugni e ancora mugugni.
Sono egoiste? Ma no. Sono solo sorelle. Poi magari in altre occasioni si aiutano (a dire il vero, ora come ora, non saprei dire precisamente in quale altra occasione) e comunque vivendo in una famiglia numerosa sicuramente apprendono il senso del limite: nessuno può considerarsi al centro dell’universo, con tutti gli altri che ruotano graziosamente attorno come satelliti al servizio del motore immobile.
La famiglia è il primo luogo di elaborazione del volontariato. Papà e mamma non sono pagati per fare il loro difficile mestiere. Lo fanno per amore. Lo fanno gratuitamente. Ed è questo il motivo per cui mia moglie ed io, quando chiediamo ai nostri figli qualche forma di collaborazione, non lo facciamo mai promettendo in cambio del denaro o un regalino. La famiglia è il luogo della gratuità, vissuta ogni giorno e appresa attraverso l’esempio. Per lo stesso motivo non abbiamo mai finanziato i nostri ragazzi con la paghetta. Un figlio non è un dipendente e un papà e una mamma non sono imprenditori familiari. La logica mercantile non ha diritto di cittadinanza in una famiglia che voglia crescere nell’amore.
Sento già l’obiezione: amore è parola troppo grossa! Sarà, ma se non ne parliamo mai finisce che non crediamo neppure più alla sua esistenza. E invece è proprio per amore che la famiglia sta in piedi. Altrimenti perché la mamma dovrebbe tutti i giorni sistemare e pulire la casa pur sapendo che il giorno dopo lo dovrà fare di nuovo e il giorno dopo ancora e ancora e ancora?
Il volontariato ha che fare con la volontà, la volontà va educata, e la famiglia è un ottimo luogo di educazione, perché il rapporto con l’altro è concreto e quotidiano. Facile essere generosi, altruisti e disponibili sulla carta. Un po’ meno facile esserlo nei confronti di un fratellino noioso, di una sorella dispotica, di una mamma apprensiva, di un papà superficiale.
Pare che in fatto di volontariato gli italiani vadano forte. Siamo un popolo di generosi, e lo si vede quando qualche catastrofe ci mette alla prova. Tutto molto bello, però sarebbe ancora più bello se lo spirito del volontariato aleggiasse anche dentro le mura domestiche, dove nessuno gira con una bella divisa arancione o gialla e dove non c’è nessuno pronto ad applaudirti per le tue imprese quotidiane di volontario sconosciuto.
La volontà va allenata, e i ferri del mestiere per allenarla sono le virtù. A partire dalle quattro classiche virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Con la prima si impara a distinguere il vero bene e a scegliere i mezzi per raggiungerlo. Con la seconda si impara a dare a ciascuno ciò che è dovuto. Con la terza si impara la fermezza e la costanza. Con la quarta si tiene a bada la ricerca del piacere in nome di qualcosa di più grande e di più alto della pulsione immediata.
Educare alle virtù dovrebbe essere la prima preoccupazione di ogni educatore. Senza l’esercizio delle virtù anche il volontariato rischia di ridursi a una forma di auto-gratificazione.
Volontariato in Africa, volontariato in India, volontariato in fattoria, volontariato in comunità di ascolto e di aiuto, volontariato fra i poveri e i senza tetto, volontariato fra i profughi e i richiedenti asilo, volontariato nelle carceri, negli ospedali, negli ospizi. C’è solo l’imbarazzo della scelta ed è molto bello che sia così. Ma che ne direste di un po’ di volontariato in famiglia? Secondo me non è una proposta da buttar via!
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