Educazione: una sfida per tutti
Una particolare responsabilità educativa spetta al laicato cattolico, una responsabilità che si esercita principalmente attraverso la famiglia, le parrocchie, le associazioni e i movimenti, la scuola cattolica, la presenza di insegnanti, tra cui un ruolo particolare spetta gli insegnanti di religione.
di Stefania Careddu
Missione: educazione. Una sfida per tutti, un’emergenza che ciascuno – con le proprie competenze e nel proprio ambito – è chiamato ad affrontare. Una responsabilità che spetta certamente al laicato cattolico e in particolare a quel mosaico di movimenti, associazioni e gruppi giovanili che colorano la comunità ecclesiale, coinvolgendo moltissimi ragazzi.
Studi recenti stimano infatti che circa 1/3 di coloro che hanno tra i 18 e i 30 anni partecipano alle attività di gruppi parrocchiali senza etichette, ma anche a quelle promosse dall’Azione Cattolica, dal Rinnovamento nello Spirito, dalle Comunità Neocatecumenali, da Comunione e Liberazione e dai Focolarini.
“Le aggregazioni hanno voce in capitolo perché sono impegnate sul territorio e hanno a che fare con i giovani”, ha fatto notare Paola Dal Toso, segretaria generale della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (Cnal) sottolineando che “come laici cristiani e come laici associati abbiamo il dovere di rileggere il contributo che il mondo si attende da noi nell’oggi della Chiesa con un’apertura che non sia solo all’interno ma anche all’esterno”.
L’emergenza educativa del resto rappresenta una preziosa occasione per tutta la Chiesa. Senza nascondere gli evidenti ostacoli posti dal contesto culturale, si può lavorare per proporre percorsi formativi che siano cammini fatti insieme, in vista di uno sviluppo integrale di giovani e adulti. “Ci siamo erroneamente illusi – ha osservato Sergio Belardinelli, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Bologna – che l’educazione potesse essere una materia da esperti, dimenticando così le poche e semplici evidenze elementari su cui, da sempre, si fondano tutte le vere relazioni educative: convinzioni profonde, amore, esempio e, soprattutto, nessuna pretesa di essere padroni della situazione; un progetto educativo non è, non può essere, un progetto tecnico, ma è un processo di generazione di una persona”.
Ecco perché assume un’importanza decisiva la testimonianza. Come ha avuto modo di evidenziare il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata: “l’educazione ridotta a mera verbosità – ha ammonito – è incompiuta: finché nella nostra pastorale riduciamo tutto a predica, nel senso ovviamente più dispregiativo del termine e non come annuncio della Parola, cioè a discorso a cui non corrisponde una prassi, non otterremo alcun risultato se non un simpatico stare insieme, una buona compagnia, una qualche attività benefica”.
Se occorre riscoprire la bellezza dell’opera educativa, intesa come scambio tra educatore ed educando, le associazioni e i movimenti possono e devono essere protagonisti. Perché, come ha rilevato il vescovo di Palestrina, monsignor Domenico Sigalini, “rendono l’esperienza del credere accessibile a tutte le età e a tutte le situazioni, formano alla corresponsabilità oltre che alla collaborazione”.
Non solo: possono dare vita “ad una costituente educativa che mette attorno un tavolo – o meglio ad un ideale – tutti coloro che danno contributi all’educazione delle giovani generazioni”. La partita si gioca cioè nel contesto della parrocchia, vicino alle famiglie e insieme alla scuola. L’alleanza tra agenzie educative non è uno slogan, ma una necessità. Anche per recuperare la dimensione relazionale, apparentemente facilitata dall’uso di internet e dei social network, ma in realtà, forse, minata.
Il professor Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici, parla di “un marcato narcisismo facilmente verificabile nei profili come Facebook, espressione dei nuovi rapporti virtuali dove spesso non c’è una identità definita ma la possibilità di inventare ogni giorno una nuova immagine di sé”.
Ed è proprio per rispondere in modo globale e concreto alla crisi valoriale e formativa che la Chiesa rivaluta la funzione della comunità. Una comunità che sappia sostenere i genitori, sempre più demotivati e disorientati, e non faccia mancare il suo apporto a maestri e professori, chiamati a fare i conti con un sistema scolastico sfiduciato e in evidente difficoltà.
Accanto ad animatori, catechisti ed educatori, rivestono un ruolo di prim’ordine gli insegnanti di religione che con il loro servizio, ha ricordato Benedetto XVI, contribuiscono “a dare un’anima alla scuola e ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale”. Secondo il ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, “hanno un compito cruciale, unico: loro, portatori di passione educativa, sono una risorsa essenziale per formare i cittadini di domani”.
Se dunque la missione è quella dell’educazione, la modalità è quella dell’alleanza. È un lavoro a lungo termine – che non deve temere né le criticità iniziali né gli eventuali stalli – da portare avanti sul territorio. Insieme, in rete, senza rivolgersi sterili accuse e senza delegare ad altri.
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