lacroix18 Gennaio 2014

L’arcivescovo di Quebec, già membro di un Istituto secolare, è l’unico nordamericano del prossimo Concistoro

Lacroix, il cardinale che lavorava in un ristorante

Quando tre anni fa nella diocesi canadese di Quebec pensavano alla successione al card. Marc Ouellet, chiamato da Benedetto XVI in Vaticano alla guida della Congregazione per i vescovi, di lui dicevano che non aveva  “un curricolo adeguato”.

Il curricolo ovviamente lo possiede, ma forse non così tradizionale come qualcuno si aspettava. Ma  Gérald Cyprien Lacroix a 53 anni venne nominato arcivescovo e il prossimo 22 febbraio (esattamente tre anni dopo) a 56 diventerà il 17esimo cardinale nella storia della Chiesa cattolica del Canada e il terzo più giovane dell’intero Collegio. Fino a quella data sono solo tre i cardinali canadesi, di cui due emeriti: Jean-Claude Turcotte, 77 anni è stato sostituito nel 2012 da arcivescovo di Montreal e Marc Ouellet lavora in Vaticano. Solo il card. Thomas Christopher Collins, 67 anni appena compiuti a gennaio, è in servizio nella sua arcidiocesi di Toronto.

Nato a St. Hilaire de Dorset (Beauce) all’estremità sud del Québec nei pressi del confine con il Maine, Lacroix, primogenito di sette fratelli, ha trascorso la sua gioventù negli Stati Uniti, New Hampshire, dove la famiglia di piccoli agricoltori era emigrata quando lui aveva 8 anni. Al termine della Trinity High School di Manchester, torna a Quebec City, dove lavora prima in un ristorante, poi come graphic designer in una casa editrice. Nel corso dell’ultimo anno di scuola era diventato membro dell’Istituto secolare Pio X, fondato da padre Henri Roy a Manchester nel 1939 la cui attività apostolica si può riassumere così: “Annunciare il vangelo con la propria vita” (approvato da papa Giovanni XXIII 20 anni dopo). Nel 1980 prende un anno di aspettativa per andare missionario in Colombia presso una clinica di indigenti, tornato a casa entra in seminario e viene ordinato nel 1988 all’età di 31 anni. Si è poi dottorato presso la Laval University in teologia pastorale, quindi torna missionario in Colombia: parroco, docente nel seminario locale e pure conduttore radiofonico (la missione resta in lui che inserirà il sandalo del pellegrino e un amo da pescatore nello stemma vescovile). Al rientro in Canada, dopo otto anni, diventa direttore e assistente spirituale dell'Istituto Pio X e  membro del CEO della Conferenza Mondiale per gli Istituti Secolari.

Già vescovo ausiliare di Ouellet nel 2009, in qualità di arcivescovo di Quebec aveva incontrato papa Francesco lo scorso giugno in occasione della visita ad limina dei vescovi canadesi e in quella sede Bergoglio aveva sottolineato la necessità di “ricucire il Quebec lacerato” (dall’esperienza in Colombia parla correttamente lo spagnolo, lingua in cui dialoga con papa Francesco).

Lacroix è conosciuto per la sua straordinaria capacità di dialogo e accoglienza, non esente da critiche di quanti apprezzavano le posizioni più nette del predecessore Ouellet. Descritto come un “bon vivant”, un uomo alla mano, gioviale, non è difficile avere un colloquio con lui o uno scambio di idee sui social network dove sottolinea la fiducia nei giovani e nelle famiglie (“la foresta che cresce senza far rumore”). “E’ un prete vicino alla gente, non un uomo di potere” ha detto di lui il portavoce diocesano Jasmin Lemieux-Lefebve ai media, considerando la nomina un dono per il Quebec che celebra quest’anno i 350 anni dalla costruzione di quella che sarà l’attuale Cattedrale di Notre-Dame dopo l’arrivo dei primi missionari (di quelle terre è anche Kateri Tekakwitha, “il giglio degli Irochesi”, la prima santa nativa americana, fuggita al nord presso la missione di San Francesco Saverio vicino a Montreal, morta a 24 anni nel 1680 e sepolta a Kahnawake in Quebec).

Anche la sua nomina è venuta senza preavviso e l’ha appresa domenica mattina al risveglio: “Una grande responsabilità – ha subito scritto su Twitter – ma sono molto contento di lavorare nella Chiesa a fianco di papa Francesco”. “Mi ha telefonato al mattino per dirmi la novità ed era così emozionato che faticava a parlare”, racconta dalla Florida la mamma, Brigitte Laurendeau Lacroix, pronta a partire per Roma con tutta la sua grande famiglia. “Avevamo pensato da tempo che potesse diventare prete, ma non l’avremmo mai immaginato arcivescovo e tantomeno cardinale”.

Convinto promotore di una cultura della vita a livello ampio (è co-presidente della Commissione episcopale famiglia), contro la “cultura dello scarto” secondo l’espressione di papa Francesco, in un'intervista del dicembre 2011, aveva esortato i fedeli a portare il Vangelo nella pubblica piazza con coraggio. “Occorre portare la luce di Cristo in tutti i settori della società: educazione, politica , sanità, dobbiamo essere lì”.

Nell’autunno scorso il dibattito sulla nuova Carta dei Valori per garantire la neutralità religiosa nel Paese: “Non provochiamo una tempesta nella teiera” è stata la risposta di Lacroix a quanti intendevano replicare con durezza, collocandosi invece in linea con Gilles Routhier, decano della facoltà di Teologia e Scienze religiose dell’università di Laval che difendeva la neutralità dello stato. "Coloro che vogliono credere dovrebbero essere in grado di farlo in tutta libertà, in privato e in pubblico, ma lo stesso vale per coloro che scelgono di non credere o credere diversamente. La questione della libertà religiosa è fondamentale, ma in ogni direzione”, ha detto in un'intervista al Journal de Québec. “Non possiamo costringere nessuno con la forza a pensarla come noi” ha ribadito nelle numerose interviste all’indomani della sua nomina.

(MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA su www.vaticaninsider.lastampa.it)