santa_marta15 Giugno 2013

Il papa a S. Marta lancia un invito

«Il cristiano va per il mondo ad annunciare Gesù»

Vita cristiana non è “stare in pace fino al Cielo”, ma andare per il mondo ad annunciare Gesù che “si è fatto peccato” per riconciliare gli uomini con il Padre. Lo ha ribadito Papa Francesco all’omelia della Messa di questa mattina in casa S. Marta. Sull’altare col Papa hanno concelebrato il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, il nunzio apostolico Justo Mullor, e i vescovi Luc Van Looy di Gent, in Belgio, Enzo Dieci, ausiliare emerito di Roma, e Antonio Santarsiero di Huacho, in Perù.

La vita cristiana non è stare in un angolo a ritagliarsi una strada che porta comodamente in cielo, ma è un dinamismo che spinge a stare “sulla strada” ad annunciare che Cristo ci ha riconciliati con Dio, facendosi peccato per noi. Con il consueto argomentare profondo e diretto, Papa Francesco si sofferma sul brano della Lettera ai Corinzi, proposto dalla liturgia di oggi, nel quale in poche righe un San Paolo insistente, quasi “di fretta”, usa per ben cinque volte il termine “riconciliazione”. E lo fa, osserva il Papa, alternando “forza” e “tenerezza”, prima esortando e poi quasi in ginocchio, “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”:

“Ma cosa è la riconciliazione? Prendere uno da questa parte, prenderne un altro e farli uniti: no, questa è parte ma non è… La vera riconciliazione è che Dio, in Cristo, ha preso i nostri peccati e Lui si è fatto peccato per noi. E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. No, non è quello! Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: ‘Questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta’. E a Lui piace quello, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberare a noi”.

È la bellezza e lo “scandalo” della redenzione operata da Gesù. Èd è anche il “mistero, afferma Papa Francesco, da cui Paolo trae lo “zelo” che lo sprona ad “andare avanti” e a ripetere a tutti “una cosa tanto meravigliosa”, l’amore di un Dio “che ha consegnato suo Figlio alla morte per me”. Eppure, ha constatato Papa Francesco, esiste il rischio di non arrivare “mai a questa verità” nel momento in cui “noi un po’ svalutiamo la vita cristiana”, riducendola a un elenco di cose da osservare e smarrendo così l’ardore, la forza dell’“amore che è dentro” di essa:

“Ma i filosofi dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine: tutto ordinato e tranquillo… Quella non è la pace cristiana! La pace cristiana è una pace inquieta, non è una pace tranquilla: è una pace inquieta, che va avanti per portare avanti questo messaggio di riconciliazione. La pace cristiana ci spinge ad andare avanti. Questo è l’inizio, la radice dello zelo apostolico. Lo zelo apostolico non è andare avanti per fare proseliti e fare statistiche: quest’anno sono cresciuti i cristiani in tal Paese, in tal movimenti… Le statistiche sono buone, aiutano, ma non è quello che Dio vuole da noi, fare proseliti… Quello che il Signore vuole da noi è proprio l’annunzio di questa riconciliazione, che è il nucleo proprio del suo messaggio”.

Le ultime parole dell’omelia ricalcano l’ansia interiore di Paolo. Papa Francesco ripete in modo incalzante quello che definisce il “pilastro” della vita cristiana, e cioè che “Cristo si è fatto peccato per me! E i miei peccati sono là, nel suo Corpo, nella sua Anima! Questo – esclama il Papa – è da pazzi, ma è bello, è la verità! Questo è lo scandalo della Croce!”:

“Chiediamo al Signore che ci dia questa premura per annunziare Gesù, ci dia un po’ quella saggezza cristiana che nacque proprio dal Suo fianco trafitto per amore. Anche ci convinca un poco che la vita cristiana non è una terapia terminale: stare in pace fino al Cielo… No, la vita cristiana è sulla strada, nella vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci possiede, ma ci spinge, ci preme, con questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama. Chiediamo questa grazia”.

(www.avvenire.it)