dc8bd5c16920 gennaio 2013

L’arcivescovo di Napoli lo ha detto agli studenti durante un convegno sulla comunicazione

«Se Gesù nascesse oggi, si iscriverebbe a Facebook»

«Se Gesù nascesse oggi, si iscriverebbe a Facebook». Usa una frase a effetto l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, rivolgendosi alla platea degli studenti presenti in sala per il convegno `Valori e disvalori. Importanza e responsabilità della comunicazione´, organizzato dall'Unione cattolica stampa italiana della Campania e dall'arcidiocesi in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono degli operatori dell'informazione. «Non potrebbe essere altrimenti», aggiunge il cardinale, sottolineando che «si costruisce sulla comunicazione l'identità stessa della Chiesa, chiamata ad annunciare la grande notizia. Non avrebbe avuto senso la venuta di Gesù se non avesse detto e fatto le cose che oggi narriamo».
Sepe ammette che «in alcuni periodi della storia la Chiesa non è stata all'altezza di questo compito» e che «nell'ultimo periodo non sempre è riuscita a stare al passo con i tempi, facendosi travolgere dal tecnicismo che avanza».
Gli fa eco il giornalista e autore televisivo Giovanni Minoli, che ricorda come durante il pontificato di Karol Wojtyla la Chiesa abbia raccontato «soprattutto la figura del Papa, perdendo il rapporto con l'evoluzione dei media e le opportunità che offrono».
Il punto fondamentale resta «la modalità con la quale ci si pone di fronte alle nuove tecnologie - spiega Sepe - è importante che la Chiesa prenda coscienza del fatto che bisogna essere parte attiva e non solo subirle».
A tal proposito cita un aneddoto personale, relativo alla sua decisione di iscriversi a Facebook. «Una scelta che allora suscitò tanto clamore in Vaticano - ricorda - mentre oggi lo stesso Papa comunica attraverso Twitter». L'appello del cardinale ai ragazzi è di «restare sempre liberi da chi cerca di condizionarvi».
Minoli evidenzia poi le «potenzialità offerte dai nuovi media», ai quali i giovani devono accostarsi investendo «sulla preparazione e sulle competenze, comportandosi come i pionieri del Far West, che andavano verso l'ignoto, ma con la speranza di scoprire un nuovo mondo». Lo studio e la verifica dei fatti diventano gli unici antidoti agli effetti distorsivi della comunicazione, come è accaduto con il caso Tortora, che per Minoli è «l'episodio simbolo di come il potentissimo mondo dell'informazione possa distruggere vite senza responsabilità per distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica da altre vicende».

(www.vaticaninsider.it)