cism11 novembre 2012

Padre Luigi Gaetani, nuovo presidente Cism, anticipa il programma del suo mandato

Come una cerniera

Padre Luigi Gaetani, nato a Gallipoli nel 1959, carmelitano scalzo, è il nuovo presidente della Cism, la Conferenza che riunisce i superiori maggiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica maschili. Eletto durante la 52ª assemblea della Conferenza - conclusa ieri ad Acireale (Catania) - succede a don Alberto Lorenzelli, chiamato dal rettor maggiore dei Salesiani come provinciale in Cile. L’iter formativo di padre Gaetani si è snodato tra Napoli e Roma: dopo aver conseguito la licenza in Teologia dogmatica e averla insegnata per tredici anni, è stato maestro di formazione, provinciale per due trienni, definitore generale per sei anni, e ora nuovamente provinciale. Durante l’ultima giornata di lavori, il neopresidente Cism ha rilasciato a Graziella Nicolosi per il Sir un’intervista in cui traccia un bilancio dell’assemblea di Acireale e indica i punti principali del suo programma di lavoro.

Padre Gaetani, possiamo riassumere questi cinque giorni di incontri in Sicilia?
“Direi di partire dal tema scelto, ovvero il tempo della nuova evangelizzazione e i contributi che noi religiosi possiamo fornire. Le relazioni e i dibattiti ci hanno aiutato a capire che nuova evangelizzazione non vuol dire ri-evangelizzazione: non significa un ritorno al passato, ma l’auspicio di un’esperienza di fede più profonda. Un incontro personale con Gesù Cristo, che ci cambia la vita, e ci permette poi di narrare quest’avventura agli altri. La differenza tra comunicare contenuti e comunicare un’esperienza è fondamentale”.

Cosa vi lascia quest’assemblea?
“Ci lascia l’impegno a testimoniare Cristo facendo compagnia agli uomini e alle donne di questo tempo, recuperando la dimensione della mendicanza. La fede diventa così un cammino itinerante, e insieme una vicenda mistica, in cui si coniugano gli elementi della testa e del cuore. Mi piace richiamare l’immagine del seminatore - che ci ha accompagnato in quest’assemblea - come pure quella della samaritana, che Gesù invita ad osare, a non accontentarsi. E poi i due di Emmaus: il nuovo evangelizzatore - Cristo - li avvicina, parla con loro, cammina con loro. La nuova evangelizzazione è la capacità data agli uomini di aprire gli occhi. E quando gli occhi si aprono non importa più che sia giorno o notte, che la strada sia in salita o in discesa: si riparte comunque”.

Quali sono le linee guida del suo programma per i quattro anni di mandato?
“Mi baserò sul significato stesso della nostra conferenza: la Cism è un organismo di comunione, dove siamo chiamati a vivere con corresponsabilità, partecipazione, fraternità, travasando l’esperienza di ognuno nella vita dell’altro. Il mio impegno sarà coinvolgere tutti, per scoprire la bellezza e la funzionalità di questo organismo. È ovvio però che abbiamo pure esigenze concrete, quelle di ogni provinciale che quotidianamente deve occuparsi di persone e opere. Per cui vogliamo volare alto, ma anche sporcarci le mani con la storia”.

In che modo la vita consacrata può inserirsi in un contesto sociale in continuo cambiamento?
“Storicamente noi religiosi non ci adattiamo, ma anticipiamo i tempi. Siamo da sempre globalizzati, e di conseguenza non ci troviamo a disagio in questo mondo - pur con i suoi cambiamenti - e non tentiamo alcuna fuga. Il principio dell’incarnazione ci obbliga a ricucire continuamente il rapporto fra ciò che è terreno e ciò che è divino, come se fossimo una cerniera. E ci invita a stare sulla frontiera: non è un luogo comodo, eppure solo da lì si possono vedere entrambi i versanti, chi crede e chi non lo fa. Noi vogliamo parlare con gli uni e con altri, senza avere la pretesa di possedere Dio, ma cercandolo insieme a loro”.

L’Instrumentum laboris ha sottolineato il profondo valore della vita contemplativa. Quanto il mondo di oggi ha bisogno di contemplazione?
“L’uomo contemporaneo è affamato di contemplazione: ha la necessità di fermarsi, riflettere e ritrovare se stesso. Ad alcuni però può apparire un’esperienza difficile da comprendere: per questo sarebbe utile modificare il linguaggio, e parlare piuttosto di stupore, di fronte a qualcosa di bello, che ci tocca il cuore. Ancora una volta torna il tema dell’‘andare oltre, varcare la soglia’. L’esperienza dell’uomo, come diceva Santa Teresa d’Avila, è quella di ‘chi osa il cammino fino alla settima stanza’”.

(www.zenit.org)