cerimonia-in-cattedrale-con-il-vescovo-pietro-santoro-e-i-sacerdoti-della-marsica-1-1024x6824 novembre 2012

Un percorso verso il ''sé''.
La traccia formativa del Seminario regionale delle diocesi di Puglia per l'Anno della fede.

Anno della fede e i sacerdoti

Riscoprire una fede che non sia solo “fenomeno religioso”; guardare a Maria come madre di Cristo, e non per una “devozione” a sé stante; vivere da “uomini del nostro tempo, nello spirito del Concilio”. Queste le indicazioni contenute nella traccia formativa per il 2012-2013 del Pontificio seminario regionale pugliese “Pio XI” di Molfetta. Sullo sfondo un evento della Chiesa universale, l’Anno della fede, e uno locale, il 70° dell’arrivo nella cappella maggiore del Seminario dell’immagine mariana donata da papa Pio XII, poi divenuta la protettrice dei seminaristi della Puglia con il titolo di “Regina Apuliae”.

Pratica religiosa e fede. La traccia parte dal “motu proprio” di Benedetto XVI per l’Anno della fede, “Porta fidei”, laddove afferma: “Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene persino negato”. “Questa situazione - riporta la traccia formativa - è sotto i nostri occhi, nelle nostre città e nelle nostre famiglie; può essere persino in noi. Vediamo le nostre chiese e le nostre feste partecipate da folle, ma dobbiamo distinguere tra fenomeno religioso e reali cammini di fede, tra professione di fede e conversione, tra appartenenza ecclesiale della ‘corteccia’ e della ‘linfa’, per riprendere una bellissima immagine del card. Martini in un memorabile discorso alla città”. Ma vi sono pure tante persone che, ricorda papa Benedetto, “pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulle loro esistenze”. Il Santo Padre chiama questa ricerca “preambolo” alla fede, e la traccia applica questo appellativo ai seminaristi, che rappresentano un “preambolo della fede” perché portano a interrogarsi: “Ma perché dona la sua giovane vita a Dio?”.

Maria e la Chiesa. Il documento del Seminario si concentra quindi sulla figura mariana, la cui devozione è giunta a noi dalle “famiglie”, dalle “comunità parrocchiali”, dai “numerosi santuari che popolano la nostra Puglia”. “Sappiamo - si legge nel testo - che alla sincera devozione si mescola tanta ignoranza religiosa, che sa dire il suo atto di affidamento alla Madre, ma che non conosce il Figlio; che riempie le chiese nelle feste mariane, ma trascura i sacramenti di salvezza”. Maria, però, va conosciuta in rapporto al figlio, “il Concilio ci consegna un’immagine bellissima di Maria, e lo fa nel suo contesto, quello della Chiesa”. Così “da Maria possiamo imparare a essere Chiesa”. “Tra Maria e la Chiesa - evidenzia il documento - si crea una reciprocità, nel quale il mistero della Madre di Cristo e quello della Comunità di Cristo s’illuminano a vicenda”.

Nello spirito del Concilio. Vivere l’Anno della fede significa, dunque, “dare il primato alla vita di fede leggendo attraverso di essa la nostra umanità, la nostra formazione culturale, il nostro tirocinio pastorale”. “La fede è una scommessa”, ma “la cosa peggiore che potrebbe capitare a un presbitero” è perderla. Da qui due domande: “Cosa sarebbero le nostre realtà formative senza la fede? Cosa sono quando le vivo in una dimensione di fede?”. La traccia formativa pensa al Concilio Vaticano II, al quale si guarda “come a una realtà del passato” mentre “non pochi con nostalgia guardano al periodo che l’ha preceduto”. Ma non è questa la strada giusta. “Non dobbiamo essere né degli arrabbiati con il passato, né dei nostalgici, ma uomini del nostro tempo, nello spirito del Concilio”, riporta il testo, perché “è questa la nostra Chiesa, quella che ci sta formando”. Essere prete, “ecclesiastico”, “significa anzitutto ‘uomo della comunità’: non sta a indicare lo ‘status’ di privilegio, lo stare nella Chiesa, come diceva e viveva don Tonino Bello, ‘uno che non sta davanti al gregge, né dietro, ma in mezzo alle sue pecore’. Un prete che serve, che educa la Chiesa a essere la Chiesa del grembiule”. Infine un riferimento proprio a don Tonino Bello, che fu vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi fino alla morte. Egli “raccoglie in sé tutti questi aspetti: la sua fede testimoniata dalla carità, forte anche nell’ora della prova; giovane prete al Concilio con il suo vescovo, in un’esperienza che dovette essere esaltante; innamorato di Maria, fino al giorno della sua morte”. Nel 2013 si ricorderanno i vent’anni della sua nascita al cielo. “Il suo esempio, la lettura spirituale dei suoi scritti - conclude il documento - siano per noi stimolo a vivere questo nuovo anno puntando alla meta della santità”.

(www.agensir.it)