01 Ottobre 2014
Chiamati ad insegnare
Ma se si tornasse a puntare sull’educazione ai veri valori?
Con la riapertura delle scuole è iniziato per le famiglie il periodo impegnativo delle gioie e dei litigi, delle soddisfazioni e delle discussioni. L’augurio più sensato, archiviati i tormentoni delle spese e dei testi, è che la scuola riesca a dare agli alunni non solo i saperi, ma anche un’educazione capace di favorire il progetto di vita di ciascuno alunno e di rispondere alle grandi domande di senso. “Nella scuola non solo impariamo conoscenze e contenuti, ma anche abitudini e valori” ha detto Papa Francesco il 10 maggio scorso al grande raduno di tutto il mondo della scuola.
E il Cardinale Angelo Bagnasco, nell’aprire l’ultimo Consiglio Episcopale Permanente, ha ricordato che la scuola “prima che ogni altro sapere, deve educare a pensare, al gusto di pensare con metodo e impegno: con la buona logica”.
Questo, fin dal tempo dei peripatetici e degli stoici dell’antica Grecia, è stato anche considerato il principale fattore della qualità della scuola. Lo stesso termine scuola viene dal greco scolé, che significa ozio, nel senso di momento libero dal lavoro manuale. Nell’Atene del IV secolo a.C. si riteneva privilegiato chi poteva permettersi di avere del tempo a disposizione, libero dal lavoro quotidiano; per cui approfondire la conoscenza era un lusso riservato a pochissimi. Prima di giungere alla scuola che conosciamo sono passati secoli e forme d’impostazione; dalle conversazioni per strada di Socrate con i suoi discepoli, alle lezioni al Liceo di Aristotele, alle rigide classi nei conventi del Medioevo, ai precettori privati per i più abbienti. Eppure una cosa è rimasta inalterata: la funzione dell’insegnante di tirar fuori dall’alunno le sue potenzialità e di aiutarlo a trasformarsi in una persona completa.
Ma poiché la scuola, come tutte le cose degli esseri umani, risente della propria epoca, uno dei rilievi che oggi balza con più evidenza è la crisi d’identità in cui è caduto l’insegnante nel suo rapporto con gli studenti. Vedere sul web un professore che si fa uno spinello davanti ai propri alunni o legge in classe brani di un libro inadatto ai ragazzi, sono fatti emblematici che fanno riflettere! Se un tempo si insegnavano i valori dettati dal buon senso, oggi la scuola sembra essersi trasformata in terreno di caccia senza limiti e senza regole, dove ognuno cerca di trasmettere ai giovani la propria ideologia. E i genitori, da tutti riconosciuti primi e insostituibili maestri dei loro figli? Non c’è riforma scolastica che non abbia chiesto agli insegnanti di lavorare insieme ad essi piuttosto che a fronteggiarsi. Ma nell’ordinarietà capita purtroppo di vedere nella scuola scene simili a quelle del film “Genitori e figli, agitare bene prima dell’uso” di Giovanni Veronesi, dove il severo docente di latino (Michele Placido, ex sessantottino) si ritrova con il figlio ribelle, mentre il mondo studentesco attuale vive le sue pulsioni e voglie di libertà.
Nell’educazione scolastica la Chiesa non sta a guardare, né si accontenta dell’abbondante mole di documenti emanati negli ultimi 50 anni, ma continua ad investire il meglio delle sue risorse culturali e spirituali. Sono tuttora vivi gli insegnamenti lasciati negli ultimi secoli da maestri come Filippo Neri, Giovanni Battista de la Salle, Giuseppe Calasanzio, Antonio Rosmini, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Annibale Di Francia, ritenuti anche dal mondo laico punti di riferimento per l’educazione, non tanto per le opere realizzate, quanto per il tipo di relazione educativa personalizzata che hanno saputo esercitare.
Anche oggi non mancano insegnanti che fanno della scuola un ambiente in cui i giovani si sentono accolti, riconosciuti ed accettati. “Ci rivolgiamo a tutta la classe sui temi grandi della vita” dice un’animatrice di Gioventù studentesca, movimento nato dall’opera educativa di don Luigi Giussani. “Talvolta capita che si va anche oltre”. Un esempio. Cristiano Ludovici da pochi mesi è sacerdote; si era allontano dalla Chiesa, poi sui banchi di un liceo romano ha trovato fede e chiamata.
(Vito Magno su www.avvenire.it)