DIVERSO PARERE - Mondo Voc marzo 2014 Torna al sommario
PROGETTARE UN’ALTRA “UMANITÀ”
Donne per un nuovo mondoA misura dell’essere umano
Sulla scorta di un felice discorso di Papa Francesco, nel 25° anniversario della Lettera apostolica Mulieris dignitatem, viene compiuta una rapida carrellata dei principali ambiti della vita e della cultura nei quali l’apporto delle donne potrà “fare la differenza”.
di Luciano Cabbia
Nel discorso rivolto ai partecipanti al seminario promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici, il 12 ottobre 2013, Papa Francesco ha detto: “Chiamando la donna alla maternità, Dio le ha affidato in una maniera del tutto speciale l’essere umano. Qui però ci sono due pericoli sempre presenti, due estremi opposti che mortificano la donna e la sua vocazione. Il primo è di ridurre la maternità ad un ruolo sociale, ad un compito, anche se nobile, ma che di fatto mette in disparte la donna con le sue potenzialità, non la valorizza pienamente nella costruzione della comunità. Questo sia in ambito civile, sia in ambito ecclesiale. E, come reazione a questo, c’è l’altro pericolo, in senso opposto, quello di promuovere una specie di emancipazione che, per occupare gli spazi sottratti dal maschile, abbandona il femminile con i tratti preziosi che lo caratterizzano. E qui vorrei sottolineare come la donna abbia una sensibilità particolare per le “cose di Dio”, soprattutto nell’aiutarci a comprendere la misericordia, la tenerezza e l’amore che Dio ha per noi”.
Il lavoro
È innegabile che le donne oggi incontrano un reale handicap nell’inserimento nel mondo del lavoro, difficoltà a muoversi in una situazione nella quale la “norma” della vita lavorativa è quella dell’uomo-maschio. Esisterà sempre uno svantaggio per le donne, se la società si limita soltanto a consentire loro l’accesso ai ruoli “maschili”. In questo senso, l’uguaglianza dei diritti e le pari opportunità di accesso, non sarebbero sufficienti a rendere libere le donne, in un mondo pensato e costruito a misura dell’uomo.
Occorrerebbe, allora, modificare l’universo simbolico, le strutture del pensiero e del linguaggio che hanno codificato come “universale” un’organizzazione umana, sociale e produttiva costruita a misura degli uomini. L’universo donna nel suo complesso lavora per la costruzione di un linguaggio, di una cultura, e di un sistema sociale nel quale le donne non siano definite solo “per opposizione”; e nel quale l’idea di uguaglianza delle donne, non risulti, infine, elitaria, ossia fruibile solo da quelle donne che sono arrivate a “pareggiarsi” agli uomini, in un sistema costruito da essi e per essi. Pertanto, al di là del discorso sui ruoli, dal punto di vista delle donne è necessaria una ristrutturazione sociale della sfera pubblica, per renderla il più possibile a misura dell’intero essere umano.
Il potere come partnership
Nel mondo immaginato dalle donne non trova posto una ridistribuzione del potere, cosa che non cambierebbe nulla della situazione presente; bensì trova accoglienza una ridefinizione del potere, cosa, questa, che potrebbe cambiare tutto. Non scandalizza allora l’affermazione che il movimento delle donne non cerca l’uguaglianza, ma cerca il “potere”; non insegue l’uguaglianza del mondo degli uomini, ma un differente modo di intendere il potere. E la figura più espressiva – più volte indagata dalla riflessione delle donne – è Antigone. Una figura dell’etica che pone in questione un ordinamento politico che si condanna condannando lei. Un personaggio inquietante che sconcerta l’ordine della politica, di cui è la negazione. Antigone, la vera portatrice della civiltà perché rispetta i morti, rispetta l’ordine cosmico, sa parlare e agire senza fare minacce. Ascoltando l’ordine interno a sé stessa, crea ordine anche fuori, e insegna un livello di civiltà superiore a quello di Creonte, che si è instaurato con il sangue di una guerra.
L’inclusione
“Le donne non possono affermare se stesse come soggetti di piena umanità, in un modo che diminuisca l’umanità degli uomini. Le donne, come la metà denigrata della specie umana, devono tendere ad una definizione dilatata di una umanità che sia inclusiva di entrambi i sessi, inclusiva di tutti i gruppi sociali e razze” (Rosemary Radford Ruether). In questa visione, il “rovesciamento” dell’ordine sociale presente non consisterebbe in un capovolgimento della gerarchia sociale, quanto piuttosto in una nuova realtà nella quale la gerarchia e il dominio sarebbero superati come principi delle relazioni sociali.
Progettare mondi “altri”
Sembra ormai chiaro che la riflessione e l’azione delle donne stanno contribuendo ad uno spostamento di paradigmi al quale si assiste all’interno della cultura, soprattutto per quanto riguarda certi “transiti” in atto. “Transiti” che tracciano il senso di un cammino che va dall’oppressione alla liberazione; dall’identità solipsistica ad un’identità che è in vista dell’accettazione dell’alterità e della reciprocità; transito da un modello segnato dal “dominio”, ad un altro segnato dall’“incontro”; e, infine, transito da un sistema maschilista di “cooptazione” delle donne, ad un “affidamento” non solo o non più delle donne alle donne, ma – come dice Papa Francesco – affidamento alle donne della “umanità”, un affidamento del tutto speciale dell’essere umano.
Verso una nuova Umanità
Si tratta, pertanto, di incamminarsi sulla via di una “umanità nuova”. Il pensiero e la pratica delle donne parlano volentieri di un “viaggio” da compiere, donne e uomini insieme, verso una meta: “Alla fine non ci sarà una “nuova donna” senza una “nuova umanità” (Rosemary Radford Ruether).
Una “nuova umanità” che cerca faticosamente di emergere in una Società e in una Chiesa che sappiano liberarsi dai pesanti condizionamenti e dai retaggi storici di una acculturazione avvenuta in epoche in cui dominanti erano l’imperialismo e il patriarcalismo. Come desidera Papa Francesco, la domanda è se si sia mai riflettuto seriamente su questo fatto, e se le dovute conseguenze ne siano state tratte. A tutt’oggi la risposta a questo interrogativo cruciale sembra ancora negativa, e, allora: questo apporto di “differenza” delle donne è ciò che la nostra stagione sociale ed ecclesiale “ha da pensare” per il suo presente e il suo futuro.
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