ATTUALITÀ - Mondo Voc marzo 2014 Torna al sommario
IL CAMMINO DELLA CHIESA ACCANTO ALLE DONNE PER LA PARITÀ
“Il genio femminile” nei pensieri dei Pontefici
Uguale dignità e tutela della femminilità, le parole chiave alla base dell’uguaglianza donna-uomo
È con il Concilio Vaticano II che la questione femminile entra a pieno titolo nel processo di rinnovamento della Chiesa. Da Paolo VI a Francesco, gli interventi e le parole più significative sul tema.
di Novella Caterina
Il recente intervento di Papa Francesco sulle donne, tenuto lo scorso gennaio, in occasione dell’udienza con il Centro Italiano Femminile, ha riportato l’attenzione su un tema delicato e centrale, da molti anni ormai al centro delle riflessioni e dell’interesse della Chiesa.
L’ora è venuta
Era il 1965 quando Paolo VI, chiudendo i lavori del Concilio Vaticano II, rivolgeva un messaggio alle donne. Per la prima volta un concilio ecumenico aveva affrontato la questione della pari dignità femminile, impegnandosi a trovarne i fondamenti teoretici. “L’ora è venuta – disse il Pontefice in quell’8 dicembre di 49 anni fa - in cui la vocazione della donna si completa in pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto”. Paolo VI esaltò, in quell’occasione, le peculiarità dell’essere femminile: “Voi donne avete sempre in dote la custodia del focolare, l’amore delle origini, il senso delle culle. Voi siete presenti al mistero della vita che comincia. Voi consolate nel distacco della morte” e affidò loro un compito importantissimo, proprio nell’anno in cui era scoppiata la sanguinosa guerra in Vietnam. “ Donne di tutto l’universo – concluse infatti - cristiane o non credenti, a cui è affidata la vita in questo momento così grave della storia, spetta a voi salvare la pace del mondo!”.
Il ruolo della donna
L’impegno di Papa Montini su questo fronte continuò negli anni seguenti.
Intanto, con il riconoscimento nel 1970 – per la prima volta nella storia del cristianesimo – di due donne come dottori della Chiesa: santa Caterina da Siena e santa Teresa D’Avila (la terza, santa Teresa di Lisieux sarà riconosciuta tale 27 anni dopo da Giovanni Paolo II).
Poi, nel 1973, con la costituzione della Commissione di studio sulla donna nella società e nella Chiesa, composta da 15 donne e 10 uomini, ecclesiastici e laici, sposati e non, di nazionalità e culture diverse, di diverse competenze. Scopo della Commissione era quello di: “raccogliere, verificare, interpretare, rivedere, esprimere correttamente le idee sul ruolo della donna nella comunità moderna”. Un ruolo che Paolo VI, nei suoi discorsi, ha sempre difeso, promuovendo la dignità della donna, nel rispetto però di ciò che è genuinamente femminile.
La donna, in sintesi, sosteneva con forza il Pontefice, non deve diventare virile in nome della parità, ma conservare la sua natura, pur riacquistando i diritti e il ruolo di complementarità all’uomo, che le è stato conferito dal Creatore.
La forza per la vita delle famiglia
Concetto ripreso anche da Francesco, che – a proposito dei nuovi spazi per le donne- ha detto: “non possono far dimenticare il ruolo insostituibile della donna nella famiglia. Le doti di delicatezza, peculiare sensibilità e tenerezza, di cui è ricco l'animo femminile, rappresentano non solo una genuina forza per la vita delle famiglie, per l'irradiazione di un clima di serenità e di armonia, ma una realtà senza la quale la vocazione umana sarebbe irrealizzabile”.
Dalla teoria alla pratica
Infine, l’impegno di Paolo VI si manifestò in occasione della Conferenza mondiale sulla donna, indetta dalle Nazioni Unite nel 1975. Fu quello il momento in cui venne palesata “la strategia” della Chiesa nell’“assicurare concretamente la piena integrazione delle donne”, incentrata sull’educazione come unico strumento per arrivare alla vera promozione e alla liberazione.
E di pragmatismo ha parlato, diversi anni dopo, anche Giovanni Paolo II che, nell’esortazione apostolica Christifideles laici, ha ribadito: “è del tutto necessario passare dal riconoscimento teorico della presenza attiva e responsabile della donna nella Chiesa alla realizzazione pratica”.
La richiesta di perdono
E per attuare questo proposito, Papa Woityla ha compiuto quello che è stato - in varie circostanze - il gesto significativo e caratterizzante del suo Pontificato: la richiesta di perdono, come punto di partenza da cui riprendere il confronto sul tema.
Nella celebre lettera pastorale Mulieris dignitatem, dopo aver accolto le interpretazioni che mettevano in risalto il fondamento biblico della parità tra uomo e donna (l’uomo e la donna – dirà – sono stati creati da Dio a sua immagine e somiglianza, quindi la donna non deve la sua dignità all’uomo, ma a Dio), riconobbe e denunciò le discriminazioni, le ingiustizie, gli abusi perpetrati per secoli ai danni delle donne.
Così, nella lettera alla donne, divulgata in occasione della IV Conferenza mondiale sulla donna, Giovanni Paolo II ringraziò ogni donna “perché lì dove sta, con al sua femminilità, arricchisce la comprensione del mondo e contribuisce all’autenticità dei rapporti”. Ma denunciò anche apertamente e condannò senza esitazione l’emarginazione, il misconoscimento, i maltrattamenti che le donne hanno dovuto subire nel loro difficile cammino sociale.
Tema, questo della denunzia, su cui è tornato nella prima domenica di quaresima dell’anno giubilare del 2000, quando – celebrando la giornata del perdono - disse: “preghiamo per tutti quelli che sono stati offesi nella loro dignità umana e i cui diritti sono stati conculcati; preghiamo per le donne, troppo spesso umiliate ed emarginate”.
Il suo appello di “riflettere sul “genio della donna” per dare ad esso più spazio nella società e anche nella Chiesa” è stato ripreso ultimamente da Francesco. “Auspico vivamente – queste le sue parole - che [i] nuovi spazi e responsabilità che si sono aperti possano ulteriormente espandersi alla presenza e all'attività delle donne, tanto nell'ambito ecclesiale quanto in quello civile e delle professioni”.
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