ATTUALITÀ - Mondo Voc gennaio 2014 Torna al sommario
IL RUOLO DELLA MUSICA E DELL’ASSEMBLEA NELLE CELEBRAZIONI
Una comunità attiva e partecipe
Canto per coro, strumentista e fedeli
Dopo il Concilio Vaticano II la musica ha riavuto il posto che merita nella celebrazione liturgica. Da elemento ancillare, spesso parallelo e non integrato al rito, a preghiera. E con essa anche l’assemblea dei fedeli ha scoperto il proprio ruolo di soggetto attivo nella celebrazione.
di Gianni Epifani
Prima del Concilio Vaticano II non era strano assistere (termine voluto, perché non si trattava di partecipazione) a messe in cui il celebrante, oltre ad esprimersi in latino, intonava canti in modo solipsistico, mentre i fedeli recitavano il rosario per conto loro.
Nelle celebrazioni solenni invece, o in quelle funebri, intervenivano uno o due cantori accompagnati dall’organista e anche qui lo spazio per l’assemblea era ancor meno pensabile.
Allora la musica nella celebrazioni seguiva un percorso parallelo al rito. Non si cantava la messa, ma si cantava nella messa che, lungi dall’essere espressione unanime della preghiera di tutta la comunità, dei fedeli, del celebrante e degli altri ministri, diventava una funzione disarticolata, non corale.
Le novità portate dalla riforma conciliare
Il Vaticano II arriva come una rivoluzione. “[Avvertiamo] l’esigenza vivissima – scrivevano i vescovi italiani all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso – di una chiesa tutta ministeriale, tutta dotata e preparata, tutta compaginata e mobilitata con la molteplicità delle sue membra al servizio della propria missione nel mondo”. Insomma una chiesa nel vero senso del termine, in cui i credenti possano partecipare attivamente alla celebrazione liturgica, in cui “ciascuno, ministro o fedele – si legge al n. 28 della Sacrosanctum Concilium – svolgendo il proprio ufficio, compia solo e tutto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza”.
I diversi servizi ministeriali
Ognuno dunque ha un ruolo preciso all’interno della celebrazione, una ministerialità per essere più precisi. E sono i documenti ad indicare chi debba fare cosa. L’Ordinamento Generale del Messale Romano è il testo di riferimento principale. Nelle premesse, a proposito del canto e della musica nella celebrazione, vi si legge ad esempio che se il coro si appropria delle acclamazioni, delle risposte, dell’Alleluia o dell’Osanna usurpa i compiti dell’assemblea e non svolge bene il proprio servizio ministeriale. Fa altrettanto l’assemblea dei fedeli se sottrae al coro il Gloria o i canti dell’offertorio, del ringraziamento dopo la comunione e quello finale.
Il Concilio Vaticano II ha, in sintesi, sancito il superamento pieno e definitivo della separazione tra presbiterio e navata, fra clero e fedeli, che si differenziano solo per la diversità di uffici: quello sacerdotale ordinato da un lato, quello battesimale dall’altro.
L’assemblea ha acquistato lo status, che le proprio, di soggetto della celebrazione. Una celebrazione in cui la musica diventa parte essenziale e non più optional. Anche questa è stata una conquista importante del Concilio dopo il quale il canto e la musica durante la messa sono essi stessi preghiera. Perciò non si può partire da un testo qualsiasi, tanto per cantare, né trascurare “l’obiettivo fondamentale di una preghiera comunitaria autentica” così come precisato dalla Conferenza Episcopale canadese.
Un’alternativa e una differenza
Se però escludere l’assemblea dal canto è un abuso, coinvolgerla a prescindere – senza curare la sua preparazione – è un sacrilegio. La musica e il canto nel rito sono parti importanti e devono essere eseguiti con correttezza, competenza e impegno.
Così come vogliamo nelle nostre parrocchie organisti e strumentisti preparati, cori all’altezza del loro servizio, allo stesso modo dobbiamo esigere assemblee consapevoli, pronte e formate. In questo percorso la guida del canto dell’assemblea è una figura di primaria importanza, non solo durante la celebrazione, ma anche nella fase delle prove dei canti e dell’acculturazione musicale dei parrocchiani.
“In un mondo in cui sembra regnare il chiasso, lo schiamazzo, a volte la volgarità – dice don Antonio Parisi, uno dei massimi esperti di musica liturgica in Italia - la comunità dei credenti offre un’alternativa e una differenza. Essa risponde con la bellezza, il silenzio, lo stupore, la meraviglia, lo splendore dei propri canti, dei gesti, dei simboli, delle preghiere, il tutto celebrato con nobile semplicità, come ci raccomanda il Concilio Vaticano II”.
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