STORIE DI VITA - Mondo Voc agosto-settembre 2013                           Torna al sommario

 

 

 

Quando i giovani sono “maestri” di fede

 

In un mondo secolarizzato, la testimonianza delle nuove generazioni è preziosa per riportare il Vangelo al centro della nostra vita, per renderla credibile, facendo vedere come la fede possa rappresentare una marcia in più nell’esistenza di tutti i giorni.


di Carlo Climati


campane“Domenica è sempre domenica, si sveglia la città con le campane…”. Sono le parole di una bella canzone degli anni cinquanta, specchio di un’epoca in cui i valori cristiani erano ben presenti e si respiravano nell’aria. I tempi sono cambiati.

 

La nostra epoca è schiava del relativismo morale e della confusione tra il bene e il male. Viviamo in una società secolarizzata, dove Dio è sempre più spesso evitato, nascosto, censurato.


Che cosa significa essere cristiani in un mondo che non si risveglia più con il suono delle campane? Mi è capitato di chiederlo spesso ai giovani, nel corso dei miei frequenti incontri presso scuole, parrocchie e università. Ecco una sintesi delle risposte che mi hanno maggiormente colpito.

 


Conquistare la stima

giovani_gmg_croce_cliLe parole di Papa Francesco durante la Giornata Mondiale della Gioventù sono state meravigliose”, mi dice Marco, sedici anni. “Sento tanto entusiasmo nel cuore e penso proprio che noi giovani possiamo fare molto per portare i valori del Vangelo nella società, anche in un mondo secolarizzato”.


“Non è facile essere cristiani, oggi”, mi confida Margherita, diciassette anni. “Io cerco di essere fedele ai miei ideali e inizialmente ho provato sofferenza per questo. A volte le mie amiche mi prendevano in giro. Mi facevano sentire come un extraterrestre. Poi, alla fine, mi hanno dato ragione e hanno cominciato a stimarmi. Alcune hanno cominciato a frequentare gli incontri del mio stesso movimento”.


È vero”, dice Alberto, diciottenne. “Alcuni amici, in buona fede, possono trovare strano che un ragazzo preghi prima di mangiare o che vada puntualmente a Messa. Ma l’importante è conquistare la loro stima. Se tratti le persone con amicizia e rispetto, cominciano ad apprezzarti. Si rendono conto che la fede rappresenta una marcia in più nella vita quotidiana”.

 


I valori condivisibili

gmg_39“Io non ho complessi”, dice Paolo, diciannove anni. “Se mi trovo in una discussione con gli amici, non mi nascondo. Cerco di manifestare sempre il mio punto di vista, che è quello cristiano. Penso che i miei argomenti siano ragionevoli, perché la fede aiuta a trovare la verità. Giorni fa, ad esempio, ho parlato con i miei amici del tema dell’aborto. All’inizio i miei amici restavano sulle loro posizioni. Io ho cercato di esporre il mio punto di vista con serenità, basandomi su elementi concreti, scientifici. Alla fine, i miei amici hanno dovuto ammettere che la visione della Chiesa è quella giusta, perché non è mai accettabile sopprimere una vita umana”.


“Io utilizzo una piccola strategia che, di solito, funziona”, racconta Elisa, diciassettenne. “Nei dialoghi con le persone, cerco sempre di partire da valori che siano condivisibili per tutti. Poi, attraverso questo terreno comune, si può costruire una buona amicizia”.


“Essere cristiani, secondo me, non deve sembrare strano”, mi spiega Eugenio, diciannove anni. “I valori espressi nella Giornata Mondiale della Gioventù sono pienamente accettabili da tutti. In particolare, mi è piaciuto il Papa quando ha parlato contro la legalizzazione della droga. I cristiani possono dare un grande contributo alla lotta contro questa piaga, creando un terreno culturale nuovo”.

 


Una Chiesa secolarizzata

La-Gmg_rio“Il mondo, purtroppo, è secolarizzato”, dice Martina, diciotto anni. “Ma penso che questa secolarizzazione sia entrata un po’ anche nella Chiesa. Quindi la nostra missione, in questo momento, è anche quella di evangelizzare all’interno delle parrocchie”.


“Io ho avuto un’esperienza spiacevole”, mi racconta Alessandro, diciannove anni. “I sacerdoti della nostra parrocchia, purtroppo, hanno un modo di fare molto terreno e poco spirituale. Si interessano solo del sociale e trascurano la preghiera, le confessioni e tutto ciò che riguarda la dimensione verticale. Ma la Chiesa non può trasformarsi in un’opera assistenziale, altrimenti si scade nella filantropia”.


Il nostro parroco è un classico prete secolarizzato”, racconta Silvia, diciotto anni. “Le sue messe assomigliano quasi a dei comizi politici. Parla di tutto, tranne che di Gesù Cristo. Ho smesso di frequentare la mia parrocchia e adesso vado a messa da un’altra parte, dove mi trovo benissimo”.


“La nostra missione, come cristiani, è quella di dialogare anche con i preti che si perdono per strada e rinnegano la loro identità”, mi dice Renzo, diciotto anni. “Alcuni arrivano al punto di contraddire perfino ciò che insegna il Magistero. Ma noi possiamo avvicinarli e far capire loro, attraverso un sereno dialogo, che stanno sbagliando”.

 


Il buon esempio dei laici

Queste diverse testimonianze raccolte sono lo specchio di una gioventù viva, che desidera fare la sua parte e dire “Ci siamo anche noi”. Crede fermamente nella propria identità cristiana e non ha paura di manifestarla. Significative sono le risposte dei giovani che si lamentano di una Chiesa secolarizzata, un po’ “fai da te”, in cui alcuni preti non si comportano più da preti. Questo è certamente un segno negativo, ma è anche una bella opportunità che viene offerta ai laici di tutto il mondo.

La Chiesa del terzo millennio sarà una Chiesa di laici con le idee chiare. Tra questi ci saranno sicuramente moltissimi giovani, che credono negli insegnamenti del Magistero e manifestano la loro fedeltà al Papa.


È da qui che bisogna ripartire per riportare il Vangelo in un mondo secolarizzato. Ripartire dai giovani che non si vergognano di mostrarsi per ciò che sono. Dal loro buon esempio abbiamo tutti molto da imparare.

 

 

 

 


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