DIVERSO PARERE - Mondo Voc agosto-settembre 2013 Torna al sommario
IL SENSO DI UNA FRASE CHE RESTERÀ NELLA STORIA
Controcorrente
L’invito di Papa Francesco ai giovani
Analisi di un fenomeno che dovrebbe caratterizzare la vita dei cristiani di oggi, sempre tentati dall’istinto del “gregge” e dal pecorismo massificante. Essere originali e alternativi per guardare dove nessuno guarda più – ossia nella profondità delle persone – e arrivare agli ultimi e agli emarginati che il mondo semplicemente non “vede”.
di Aldo Maria Valli
Che cosa significa oggi andare controcorrente? Forse significa ciò che ha sempre significato: pensare con la propria testa, senza lasciarsi condizionare da mode e opportunismi; giudicare con onestà, evitando di seguire il gregge; avere il coraggio delle proprie azioni, costi quel che costi; dire le cose come stanno, evitando di addolcire la pillola o di lasciarsi prendere dal mimetismo culturale.
Il grande Giuseppe Prezzolini (che probabilmente la maggior parte dei giovani non ha mai sentito nominare) nel
Il cristiano è “uno che non se la beve”
Direi che ogni cristiano dovrebbe essere un ápota, uno che non se la beve, nel senso che non si accontenta del «così fan tutti» e del «così dicono tutti», uno che non si lascia incantare dalle parole d’ordine del momento ma cerca instancabilmente
Va da sé che vivere controcorrente non è facile, perché richiede risolutezza e senso del sacrificio. Quando il mondo intero ti invita a seguire la corrente, perché è più comodo e perché, così ti dicono, l’impegno di una sola persona non può cambiare niente, ecco che tu, al contrario, segui un’altra strada. Ma quale? La risposta, in fondo, non è troppo complicata: è la strada del samaritano che si china sull’uomo ferito e si prende cura di lui, che non si limita a dargli un’occhiata e a provare una certa compassione, ma si mette in gioco, carica il ferito sulle proprie spalle e lo porta al sicuro.
Una questione di occhi
Di gente che predica bene e invita alla solidarietà ne abbiamo fin troppa. Serve gente che si prenda cura concretamente. Non occorre fare gli eroi, né pensare di dover andare il giro con il costume da Superman. Si tratta semplicemente di accorgersi del bisogno e di agire con senso di fraternità e di sollecitudine.
Voi direte: ma se io non vedo alcun ferito lungo la strada, come faccio a prendermi cura, a prestare soccorso? Anche in questo caso la risposta non è troppo complicata: ognuno è chiamato a comportarsi da buon samaritano là dove si trova, nella vita di ogni giorno, prestando attenzione alle tante ferite interiori a causa delle quali le persone soffrono. Non occorre partire e andare lontano. Le ferite da curare sono qui, proprio accanto a noi. Sono quelle di mia moglie, di mio marito, dei miei anziani genitori, dei miei figli, dei miei colleghi di lavoro, di tutte le persone che incontro sul mio cammino. È una questione di occhi. Quelli del samaritano vedono ciò che agli altri sfugge. Vedono perché sono allenati a scorgere la sofferenza e il bisogno altrui.
Sguardo e sensibilità differenti
Occorre però essere chiari, e papa Francesco lo ha detto e ridetto. Il cristiano non è semplicemente un volontario della solidarietà, così come la Chiesa non è una ong. Intendiamoci: essere un volontario della solidarietà e far parte di una ong va benissimo, ci mancherebbe, ma per il cristiano la solidarietà è il mezzo, non il fine. È lo strumento attraverso il quale cooperare al progetto di salvezza.
Andare controcorrente è dunque un problema di occhi? Diciamo che è un problema di sguardo e di sensibilità. Il modello è Gesù stesso, che si lasciava avvicinare da tutti coloro che nella società del suo tempo erano respinti ed emarginati. Gesù che aveva una parola per il lebbroso, per lo storpio, per il cieco, e li guariva! Possiamo noi guarire le ferite delle persone che stanno accanto a noi o incontriamo sul nostro cammino? La risposta è sì. A volte basta pochissimo: un sorriso, una parola buona, un gesto di attenzione e di sollecitudine. Non occorrono imprese mirabolanti.
Averne di questi “tipi loschi”
Prendiamo l’esempio del giovane Pier Giorgio Frassati (1901 – 1925), proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 1990. «Io vorrei che noi giurassimo un patto che non conosce confini terreni né limiti temporali: l'unione nella preghiera»: scriveva così a un amico pochi mesi prima di morire. Aveva fondato la “Compagnia dei tipi loschi”, formata da giovani che, come lui, avevano voglia di divertirsi e di fare belle arrampicate in montagna, ma nello stesso tempo si occupavano dei poveri, si prendevano cura dei meno fortunati, andavano a trovare gli ammalati, e pregavano. Ecco: Pier Giorgio e i suoi amici, come il samaritano, sapevano vedere ciò che altri non vedevano. E arrivavano là dove altri neppure immaginavano si potesse arrivare. Non erano superuomini. Erano seguaci di Gesù.
Chi va controcorrente non sempre ha l’energia necessaria. Ci sono le giornate in cui ti senti svuotato e debole, in cui ti viene la tentazione di invertire la rotta e lasciarti andare alla corrente. Ma il cristiano non è mai solo e il suo propellente, la preghiera, è potentissimo, molto più di quello che spinge i razzi. Provare per credere.
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