ORIENTARSI - Mondo Voc giugno-luglio 2013 Torna al sommario
I vari volti della vocazione
Una interessante rassegna sui differenti modi di intendere la “vocazione”, aldilà di facili equivoci e di errate comprensioni di una realtà che accompagna tutta la vita del cristiano. Differenti sono le vocazioni, tante le strade nella vita, ma unica è la meta: la santità che si compie nell’amore.
di Sandro Perrone
Qualche giorno fa, una notissima giornalista di costume intitolava così il suo articolo sulla moda: “Karl Lagerfeld: la mia unica vocazione è farvi desiderare il superfluo”. Fra le tante, innumerevoli, accezioni del termine vocazione, mi sembra che questa sia la prima volta che prende questo significato. L’occasione è stata utile per fare un piccolo punto sulla questione vocazione.
Molti modi di dire vocazione
A cinquanta anni dal Concilio Vaticano II, non sono pochi quelli che, parlando di vocazione, intendono preferibilmente (se non esclusivamente) quella al presbiterato e alla vita consacrata, lasciando in secondo ordine tutte le altre, a cominciare da quella matrimoniale. È necessario uscire una volta per tutte dall’equivoco. Se è vero che nei tempi anteriori al Concilio la vocazione coincideva tout court quella cosiddetta sacra, è anche vero che quella mentalità sembra dura a morire. Il Vaticano II, nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium (21 novembre 1964), intitola il Capitolo V: “Universale vocazione alla santità”. E spiega: «Tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia, sia che siano retti da essa, sono chiamati alla santità, secondo le parole dell’Apostolo: “Sì, ciò che Dio vuole è la vostra santificazione” (1 Ts 4,3; cfr. Ef 1,4)».
L’universale vocazione alla santità
Tutti i cristiani, senza distinzione alcuna, sono chiamati alla santità, cioè ad essere di Dio e con Dio; meglio: sono chiamati a dare compimento a ciò che, tramite il battesimo, già sono: santi. Non ci sono “fasce differenziate o privilegiate” di fedeli. Non c’è un cristianesimo di “serie A” (per preti, frati, monaci, per intenderci), per i chiamati alla “via stretta” del cammino di fede, con forme più o meno accentuate di “separazione” dalle cose del mondo; e poi quello di “serie B”, destinato a tutti gli altri, la gran massa di sposati e di laici in genere, ai quali si chiederebbe soltanto di seguire alla meno peggio il Vangelo, puntando soprattutto sui comportamentì morali (con il rischio, fra l’altro, di ridurre l’esperienza cristiana a morale).
Il Vaticano spazza via questa concezione riduttiva della vita cristiana; la santità non è appannaggio di pochi eletti; la santità è la naturale condizione del cristiano, la sua fondamentale vocazione. Essere santi significa, in breve, essere conformi a Gesù (Benedetto XVI, Udienza generale, 13 aprile 2011). Tuttavia, se unica è la vocazione del cristiano, quella alla santità e della santità, molteplici sono le sue forme e le vie per raggiungerla. È come se si dicesse che una sola è la vetta della montagna, ma molti i cammini per arrivarvi. Questo è l’equivoco nel quale molti cadono: confondere la meta per la strada. Curiosamente, poi, del termine vocazione si è appropriato chi è le mille miglia lontano dal mondo religioso, e così si parla di vocazione teatrale, calcistica, per gli affari, per la danza, ecc.
Vocazioni differenti ma di pari dignità
Il Signore chiama tutti all’intimità con la sua vita divina. A tutti dona una vocazione, perché possano realizzarsi pienamente come persone e come figli di Dio. Alcuni raggiungono questo ideale attraverso il cammino sacerdotale oppure come consacrati nelle sue varie specificazioni, ma la grande maggioranza dei cristiana è chiamata a raggiungerlo attraverso la strada della vita matrimoniale e laicale. Tutte le vocazioni hanno pari dignità dinanzi a Dio e non c’è un più o un meno. Il cristiano raggiunge la santità attraverso la specifica e individuale chiamata rivolta alla propria coscienza dal datore di ogni bene. Chi è chiamato al sacerdozio o alla vita religiosa raggiunge la santità attraverso l’esercizio del sacro ministero e della professione dei consigli evangelici; chi è chiamato alla vita matrimoniale o celibataria raggiunge la santità attraverso l’esercizio delle virtù tipiche della vita matrimoniale o celibataria, senza sognare immaginarie spelonche nascoste nei boschi, dove vivere una vita isolata ed eremitica.
Laici impegnati nella missione
Oggi, mentre si assiste con una certa tristezza alla diminuzione delle vocazioni al presbiterato e alla vita consacrata, vi è al contempo la felice riscoperta della missionarietà della Chiesa da parte di molti laici impegnati, soprattutto di quelli inseriti nei movimenti e gruppi ecclesiali che, con tutta la famiglia, partono per la missio ad gentes o verso Paesi in cui la presenza cristiana è poca o nulla. Si pensi ai neocatecumeni, che sempre più spesso partono e danno una splendida testimonianza cristiana.
Accanto a questa, vi è anche la riscoperta del volontariato che in mille forme offre un contributo preziosissimo nei vari campi della carità evangelica. In parrocchia, nel proprio paese, nelle terre di missione, fra i poveri e i diseredati della terra, una moltitudine di cristiani si sente chiamata ad essere presente là dove si soffre, si piange, si vive in situazioni di disagio, di miseria, di povertà. Anche questa è un’autentica vocazione, che rende presente la mano e il cuore di Cristo accanto al fratello sofferente. I nuovi samaritani non nascono e non sorgono per caso, ma sono il frutto e il risultato di una chiamata che parte dal cuore di Dio e raggiunge il cuore di migliaia e migliaia di persone aperte e sensibili ai bisogni dell’umanità sofferente e bisognosa.
L’amore, compimento di ogni vocazione
Paradossalmente, mentre si piange e ci si lamenta della scarsezza delle vocazioni, ci si accorge invece con meraviglia e stupore che lo Spirito di Dio suscita e fa nascere nuove ed inattese vocazioni nel seno della Chiesa. Occorre avere un diverso sguardo di fede con cogliere ed accettare tutto questo, senza inutili rimpianti. «Alla sera della vita, saremo giudicati sull' amore» (San Giovanni della Croce, Parole di luce e di amore, l, 57).
Nei Manuscrits autobiographiques Santa Teresa di Gesù Bambino ha lasciato scritto: «Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l’amore è eterno. Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore».
Ogni cristiano può e deve ripetere con Santa Teresa: La mia vocazione è l’amore.
Mille sono i suoi volti e le sue manifestazioni, ma unica è l’essenza e la natura della vocazione cristiana, ed unico è il suo nome: l’amore, cioè Cristo Gesù.
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