LETTERE - Mondo Voc marzo 2013 Torna al sommario
√ Crisi delle vocazioni
e nuova cultura vocazionale
√ Cosa avviene dopo la rinuncia del Papa
Risponde Padre Sandro Perrone
Crisi delle vocazioni e nuova cultura vocazionale
Caro Padre, vorrei tornare ancora su una questione che, mi sembra, sia stata dibattuta già varie volte e che pure è fonte di smarrimento, se non di angoscia. Mi riferisco al calo delle vocazioni in Italia (e, mi pare, anche in tutto il resto d’Europa). Cosa sta succedendo? Non mi sembra che non si preghi per le vocazioni, eppure gli effetti non si vedono. Lei come la pensa?
(Un cristiano inquieto di Torino).
Caro cristiano inquieto (questa volta siamo nell’anonimato, perché? Cosa c’è di male o di pericoloso a firmarsi?), la questione effettivamente è già stata posta altre volte, ma merita comunque di essere ripresa, per approfondirla, conoscerla meglio e, possibilmente, cercare e trovare delle soluzioni adeguate. Tu dici che si prega per le vocazioni: ma dove e quanto? Ma, soprattutto, quando arriveremo ad imparare che la preghiera non è una semplice ripetizione di formule più o meno belle, ma aderire con tutto il cuore, l’animo e la mente, con tutte le forze, alla volontà di Dio. Che significato può avere chiedere vocazioni se non si è disposti a lavorare nella messe di Dio, secondo modi, compiti, stili diversi, ma tutti animati dallo stesso fervore di spendersi per Dio e il suo Regno? Un tempo circolava la famosa battuta: armiamoci e partite! Oggi, invece, molti cristiani pregano: Signore, manda gli altri a lavorare nella tua messe! Questa non è preghiera, è falsità, ipocrisia, presa in giro. In breve, quello che manca è la cultura vocazionale, di cui fa parte anche la preghiera, ma non solo. Sant’Annibale Maria Di Francia, l’apostolo della preghiera per le vocazioni, scriveva giustamente: «Pregare e non impegnarsi per le vocazioni è cosa vana». In breve, pregare per le vocazioni significa fare cultura vocazionale, favorire le vocazioni, impegnarsi per le vocazioni e… rispondere quando si sente la chiamata!
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Cosa avviene dopo la rinuncia del Papa
Caro Padre, sono rimasto letteralmente sconvolto dalle dimissioni del Papa. Ma un Papa può dimettersi? Ma non è Cristo in terra? Gesù è morto sulla croce, non ha pensato di dimettersi per il tradimento di Giuda, il rinnegamento, l’abbandono da parte di tutti i suoi apostoli. Sento citare continuamente il caso di Celestino V, ma oggi cosa prevede il Diritto Canonico? E, soprattutto, cosa succederà dopo?
(Rosario G., Roma)
Caro Rosario, molti hanno scritto e parlato sulla rinunzia (non le dimissioni) di Papa Benedetto XVI e non tutti correttamente. Per fare chiarezza, se possibile, partiamo prima dal Codice di Diritto Canonico, che al can 332 § 2, recita testualmente: “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti”. Come vedi, il caso di rinunzia era previsto, anche se fino ad oggi nessuno vi era ricorso. Non c’è alcun dubbio che Benedetto XVI abbia preso liberamente la decisione di rinunziare al papato. Nella sua Dichiarazione ha infatti detto con forza: “Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”. La stessa cosa ha ripetuto poi nell’Udienza Generale del 13 febbraio davanti a migliaia di persone. La seconda “condizione” del canone era che “la rinuncia venga debitamente manifestata”. Il Papa ha espresso la sua volontà davanti a numerosi Cardinali, che sono la massima autorità nella Chiesa dopo il Papa, presenti per il Concistoro ordinario (cioè la riunione formale dei Cardinali residenti in Roma). Così facendo Papa Ratzinger ha voluto dare la massima rilevanza possibile alla decisione che aveva preso. Come sopra, la sua volontà è stata manifestata poi davanti a migliaia di persone accorse per l’Udienza Generale del mercoledì.
Cosa succede adesso? La rinunzia del Papa, secondo la sua esplicita volontà, entra in vigore alle ore 20 del 28 febbraio 2013: da quel momento, ha detto lo stesso Papa Benedetto XVI, “la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l'elezione del nuovo Sommo Pontefice». “Sede vacante” significa che, dopo le ore 20 del 28 febbraio, il trono di San Pietro resta vuoto, il governo della Chiesa è affidato al Collegio dei Cardinali, presieduto dal Camerlengo, il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. I Cardinali in maniera del tutto consultiva suppliscono all’autorità papale; si tratta degli affari pubblici della Chiesa, ad esempio stabilire la data di inizio del Conclave, ma nulla di ciò che spetta esclusivamente al Pontefice può essere discusso né tanto meno deciso. Poiché non vi sono i novendiali, cioè il periodo di nove giorni di lutto che segue alla morte di un Papa, è probabile che il Conclave si apra verso la metà del mese di marzo e che il nuovo Pontefice possa già presiedere le celebrazioni dei riti della Settimana Santa. Quando uscirà la nostra rivista, avremo già il nuovo Papa. Non ci saranno due Papi, uno regnante e l’altro emerito. Ratzinger rimane semplice cardinale, Vescovo emerito di Roma. La Chiesa è di Dio e Lui la guida verso il compimento della storia per strade a noi sconosciute e a volte misteriose. È il caso di ricordare che siamo nell’anno della fede, e che la fede viene messa alla prova come l’oro nel crogiolo?