ATTUALITÀ - Mondo Voc dicembre 2012 Torna al sommario
UN MOMENTO PER INCLUDERE L'ALTRO
Il Natale dalla parte dei poveri
L’esigenza di una solidarietà matura
Gesù ha scelto la condizione dei poveri per rivelarsi, abbracciando un progetto di vita che è quello degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati, dei soli. Nei loro volti è l’incarnazione di Dio e nel nostro impegno per loro è il senso vero del Natale.
di Luigi Lorenzato
Natale, tempo di impegni
Natale non è tempo solo di regali: è tempo di emozioni, di buone intenzioni e di solidarietà.
È la festa che in qualche modo richiama tutti, anche i non credenti, al recupero di aspetti valoriali, fosse anche per un puro aspetto emotivo, persi lungo il percorso quotidiano di un anno.
Se poi ci si dovesse collegare inevitabilmente alla crisi che in questi ultimi mesi si sta manifestando nella sua durezza, si scoprirebbe allora che il significato del Natale potrebbe trascendere di molto gli aspetti esteriori, per abbracciare piuttosto quelli pratici, fatti di incontri tra persone, tra famiglie e porzioni di una società che sente il desiderio di un profondo rinnovamento.
Se poi si dovesse accettare la provocazione di Monsignor Tonino Bello, un profeta dei nostri tempi, prematuramente scomparso, la festa del Natale potrebbe addirittura rivelarsi contraddittoria se non sostenuta da motivazioni profonde e spirituali: “È ora di dire basta alla strizzatina di buoni sentimenti che vien fuori dalla torchiatura del nostro cuore”.
Si tratta quindi di un pressante invito ad uscire dall’autogratificazione delle elemosine natalizie e dalla sonnolenza delle nostre vite tranquille e indifferenti, per cambiare gli stili di vita radicati e consolidati, per impegnarci finalmente a non “fabbricare i nuovi poveri”.
A Natale, anche quest’anno imperverserà la sindrome della bontà natalizia, nonostante le tredicesime penalizzate, la disoccupazione dei giovani e le inquietudini al riguardo di un futuro che minaccia la tempesta perfetta, quella di cui non è possibile intravedere la fine.
I mezzi di comunicazione, soprattutto la televisione, domineranno con il solito buonismo annacquato, perché in fondo anche le immagini non devono creare troppo turbamento nel momento della festa.
Momento di scelte etiche e responsabili
Ma allora che senso ha festeggiare il Natale?
Qual è il significato di una festa che si ricollega esclusivamente ad un evento unico nella storia dell’uomo, con la rivelazione di un Dio che ha scelto proprio la condizione dei poveri per rivelarsi, creando da subito un turbamento nelle coscienze di ogni epoca successiva?
“Natale allora come atto di accusa”, come afferma lo scrittore napoletano Erri De Luca, può diventare il momento privilegiato per un forte richiamo di conversione, di scelte, di solidarietà, di carità vera, quella che decide di includere “l’altro”, il povero, nella vita personale.
Rimangono illuminanti le parole di Monsignor Luigi Di Liegro, il moderno organizzatore di una carità cristiana coinvolgente e non solo delegata ad altri, quando divorato dall’ansia di rispondere alle urgenze delle nuove povertà di Roma, al riguardo di Dio che si fa uomo nelle sembianze di un indifeso, sosteneva che “la vera questione è come aiutare il povero ad accorgersi di Dio. E non intendo una verità puramente spirituale da quando si è incarnato”.
E proseguiva dicendo che “Dio è quella persona che mi sta davanti. Dio non è solo in quella persona, è quella persona. Questa è l’incarnazione. Allora dovremmo entrare in contatto con questa verità misterica, rivelata e realizzata, per poter aiutare la gente ad accorgersi non di noi, non della Chiesa, ma del mistero che è già dentro ognuno di loro”.
Diventa allora pressante dare un significato al Natale che non può prescindere dall’incontro con il povero, con il suo volto.
È, infatti, quasi impossibile comprendere il Natale senza riuscire a capire questo abbassamento di Dio in un progetto di vita, quello del povero, che si può definire randagio, sempre mescolato alla gente disprezzata, a quelli che non contano, senza apparente dignità.
Soltanto nell’incontro con il povero si può trovare una logica e chiara spiegazione di quei parametri a cui rifarsi per un motivo di speranza eterna quando Gesù parla di avere fame, di avere sete, di essere nudo, di essere carcerato, assicurando la sua reale presenza in tutte quelle situazioni di esclusione, di fallimento e di solitudine.
Nel Natale, in un Bambino, Dio, il Dio della giustizia si affida alle nostre mani e ci chiede di difenderlo dalle troppe ingiustizie che ancora sovrabbondano, ci sollecita dunque all’incontro vero, quello fatto con le persone che per mille motivi sono rimaste indietro, talora pronte solo a raccogliere le briciole che cadono dalla tavola imbandita del ricco Epulone.
Nei Paesi del Terzo Mondo, ma anche in quelli del mondo sviluppato, milioni di persone aspettano un segnale, un gesto di carità, un atteggiamento di condivisione.
Natale può e deve diventare il momento di scelte etiche e responsabili.
Proposte e riflessioni
Le proposte sono molteplici, soprattutto per far fare il Natale a quei poveri che aspettano, oltrepassando la crisi economica, le reticenze dell’egoismo e la sfiducia dei tempi.
Ecco allora che a partire dalla classica, ma sempre valida adozione a distanza, all’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale, al sostegno alle tante micro realizzazioni, alla partecipazione diretta a un’iniziativa concreta e tangibile come la costruzione di un pozzo in un villaggio africano o la garanzia di un parto sicuro per una mamma della savana o della Papua Nuova Guinea, in un dispensario di una missione, diventa possibile dare un significato nuovo a una festa, come quella del Natale, che corre il rischio di essere bruciata come ogni manifestazione del consumismo e del capitalismo più sfrenato, dove l’indice dei consumi caratterizza la qualità del benessere materiale.
Cercando di trovare una conclusione a questi ragionamenti, i parametri del discorso di Gesù diventano degli interrogativi che necessitano di una risposta, perché è l’affamato che accusa me sazio, l’ignudo che accusa me ben vestito e le opzioni sono due: o investo la mia libertà o mi libero dall’accusa allontanando il povero con un po’ di soldi.
Andare incontro al volto dell’altro, del povero, significa mettere in questione la mia libertà, il mio potere sulle cose, questa libertà della “forza che può”, questa impetuosità sfrenata alla quale tutto è permesso per mettersi invece in seria discussione.
Il Natale deve includere l’altro, il povero, per forza, altrimenti, diciamolo pure, non è Natale!
Sosteniamo, inventiamo qualcosa, rinunciamo a un ennesimo capriccio, cerchiamo quello che è più vicino alla nostra sensibilità, ma andiamo incontro al volto di quel Bambino che a Natale interpella maggiormente le nostre coscienze.
L’Ufficio Missionario Rogazionista e la Ong Labor Mundi rimangono disponibili anche nell’orientamento della carità missionaria, in una proposta vasta e a largo raggio che abbraccia il mondo intero.
Gli auguri di un Santo Natale di pace e di serenità, nell’incontro esclusivo con il volto del povero, quello che mi offre l’opportunità di contemplare il mistero di questa festa.
Copyright © La riproduzione degli articoli di MondoVoc richiede il permesso espresso dell'editore