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L’11 OTTOBRE 1962 PAPA GIOVANNI XXIII APRIVA I LAVORI CONCILIARI
Il Concilio Vaticano II
“Il risveglio della Chiesa nelle anime”
Dopo quasi un secolo dal Concilio Vaticano I, la Chiesa avvertì l’esigenza di un nuovo sinodo dei Vescovi che permettesse di superare una dottrina troppo statica e ferma ed intraprendere nuove strade. Quel passo, coraggioso ed importante, annunciato a sorpresa dal Pontefice Giovanni XXIII, ma già preconizzato da Pio XII, ha lasciato in eredità al mondo un messaggio che Benedetto XVI invita i giovani a riscoprire.
di Salvatore Izzo
“E venne un uomo”
Con il film "E venne un uomo", il regista Ermanno Olmi celebrò nel 1965 la novità del Concilio Vaticano II e di Giovanni XXIII che lo aveva convocato con un annuncio a sorpresa nella Basilica di San Paolo, il 25 gennaio 1959, a soli tre mesi dalla sua elezione al Soglio Pontificio. Annuncio fatto, come confidò il Papa stesso, "tremando un poco, di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito".
Quel film contribuì a far passare l'idea di un'intuizione profetica quanto improvvisa del Pontefice bergamasco, al quale certo va attribuito il grande merito di un'iniziativa tanto coraggiosa e importante.
Dal Concilio Vaticano I al secondo dopoguerra: le tappe
In realtà però la convocazione del Concilio era la risposta ad un'attesa molto sentita, già da tempo, da tutta la Chiesa. E presentarlo come assoluta discontinuità - come ha fatto ad esempio lo storico Giuseppe Alberigo, leader della cosiddetta "Scuola di Bologna" - ha probabilmente contribuito a una serie di ricadute negative che comunque non oscurano la grandezza dell'evento.
Romano Guardini, il grande teologo italo-tedesco che possiamo considerare il maestro di Joseph Ratzinger, annunciava nel 1922: "Un processo di incalcolabile portata è iniziato: il risveglio della Chiesa nelle anime".
Dopo il Concilio Vaticano I (1869-1870), il cui svolgimento fu condizionato dalla Questione Romana e cioè dalla perdita del potere temporale ("provvidenziale", disse un secolo più tardi Paolo VI) si era aperto infatti quello che Yves Congar, teologo che fu protagonista del Concilio Vaticano II, definì "il secolo della Chiesa". E con il risveglio del senso della Chiesa si sperimentò, proprio a partire dal 1920, tutta l'insufficienza della dottrina sulla Chiesa, così statica e ferma alle categorie sociologiche e giuridiche che sembravano eterne e intoccabili. Le nuove esperienze e un rinnovato ricorso alle fonti bibliche fecero sentire il bisogno di uscire da un concetto di Chiesa come società perfetta, obbligando la riflessione teologica ad elaborare nuove sintesi, ad intraprendere nuove strade.
L'esigenza dunque di un nuovo Concilio era molto avvertita nella Chiesa Cattolica della prima metà del '900, ma due guerre mondiali ne impedirono la convocazione.
Da Pio XII a Giovanni XXIII e Paolo VI
Il discorso fu ripreso nel dopoguerra, quando il Concilio Vaticano II fu attentamente e diligentemente preparato da Pio XII, come testimoniano gli stessi documenti definitivi del Concilio, che contengono 201 citazioni o riferimenti a 92 atti del magistero del suo Pontificato. Nella sola costituzione dogmatica “Lumen gentium” si contano 58 citazioni che rinviano al magistero di Pio XII. "Se si studiano gli indici del Vaticano II, si può agevolmente rilevare che, dopo quelle tratte dalla Sacra Scrittura, le citazioni più numerose sono quelle ricavate dagli scritti di questo Pontefice", affermò il cardinale Giuseppe Siri, intervenendo al Sinodo del 1983, alla presenza di Giovanni Paolo II, che da parte sua commentò: "non possiamo dimenticare quanto Pio XII contribuì alla preparazione teologica del Concilio Vaticano II, soprattutto per quanto riguarda la dottrina circa la Chiesa, le prime riforme liturgiche, il nuovo impulso dato agli studi biblici, la grande attenzione ai problemi del mondo contemporaneo".
E quella straordinaria assise dei vescovi di tutto il mondo (parteciparono in 2500), inaugurata da Giovanni XXIII l'11 ottobre 1962, cioè un anno prima di morire, fu condotta in porto da Paolo VI che lo concluse dopo quattro sessioni, il 7 dicembre 1965, sottolineando come il Concilio avesse rivolto "la mente della Chiesa verso la direzione antropocentrica della cultura moderna", senza che però questo interesse fosse disgiunto "dall'interesse religioso più autentico, soprattutto a motivo del collegamento dei valori umani e temporali con quelli propriamente spirituali, religiosi ed eterni: la Chiesa sull'uomo e sulla terra si piega, ma al regno di Dio si solleva".
L’attualità dei testi conciliari
Una apertura che fu attuata, nel suo Pontificato itinerante, da Giovanni Paolo II. Ed oggi da un altro Papa, Benedetto XVI, che all'indomani dell'elezione, il 20 aprile 2005, ha voluto riaffermare con forza "la decisa volontà di proseguire nell'impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa".
Un appello forte Benedetto XVI lo ha rivolto anche lo scorso 15 luglio ai ragazzi cattolici, perché nel loro cammino di fede si avvicinino ai documenti del Concilio Vaticano II, troppo presto archiviati anche da chi, a parole, dice di difenderli (e anzi arriva addirittura ad accusare il Papa di averli traditi, ad esempio nel tendere la mano ai tradizionalisti per favorire il superamento dello scisma voluto da monsignor Marcel Lefebvre che al Concilio si era opposto a tutte le aperture). I testi conciliari, ha spiegato nell'omelia della messa celebrata a Frascati, "contengono una ricchezza enorme per la formazione delle nuove generazioni cristiane, per la formazione della nostra coscienza". Secondo il Pontefice, lo studio di questi documenti va inteso dunque come una tappa indispensabile verso un impegno maturo, a livello ecclesiale ma anche civile, perché essi ci fanno "riscoprire la bellezza di essere cristiani, di essere Chiesa, di vivere il grande 'noi' che Gesù ha formato intorno a sé, per evangelizzare il mondo".
"Fedeltà alla tradizione, apertura al futuro": è questa per il Papa teologo l'interpretazione più corretta del Concilio Vaticano II, che, ha spiegato recentemente il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, "resta la magna charta della Chiesa anche nel terzo millennio".
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