STORIE DI VITA - Mondo Voc ottobre Torna al sommario
BEPPE CARLETTI
Diecimila volte "Nomadi"
Il 25 giugno scorso i più noti cantanti emiliani e romagnoli hanno tenuto un concerto allo stadio Dall’Ara di Bologna per raccogliere fondi a favore delle persone colpite dal recente terremoto. Il concerto è nato da un’idea di Beppe Carletti, leader de “I Nomadi”, la band più longeva del rock italiano. Proprio quest’anno la loro canzone- bandiera, “Io vagabondo”, compie 40 anni.
di Vito Magno
Quante volte in 40 anni voi Nomadi avete cantato e suonato “Io vagabondo”?
Minimo dieci mila volte! Ma forse anche di più.
“Io vagabondo” comincia con le parole: “Io un giorno crescerò”. Anche voi con questa canzone siete cresciuti?
Esattamente. Specialmente io che sono rimasto l’unico dei primi momenti di vita dei Nomadi. Sono passati tanti anni e sono successe cose belle e anche non belle, però il sogno del viaggio è rimasto. Il sogno di tanti ragazzi di allora penso che sia anche il sogno di molti ragazzi di oggi.
Ognuno a modo suo è “vagabondo”, nel senso di sentirsi libero!
Certo, liberi, ma non di poter fare tutto quello che si vuole. Liberi vuol dire sapere rispettare la libertà degli altri, prima della propria.
Da chi è stata scritta la canzone “Io vagabondo”?
Da Salerno e Dattoli, due amici. Ci siamo trovati e credo che mai unione sia stata così riuscita.
Si dice che gli autori si ispirarono alle canzoni di John Lennon!
Forse. Credo, tuttavia, che si siano ispirati soprattutto ai ragazzi in generale.
Il 1972 era l’anno dei “Figli dei fiori”, che ben volentieri cantavano “soldi in tasca non ne ho, ma lassù mi è rimasto Dio”. Il vento pacifista si univa a quello della speranza cristiana!
Certo. È basilare la speranza di un mondo migliore, la speranza di volersi bene. Possiamo non avere niente, ma nessuno può toglierci Dio che da lassù, ci aiuta e ci aspetta.
“Poi, una notte di settembre me ne andai”.
Cos’è un urlo di libertà questo verso?
Sì, è un richiamo all’indipendenza, è lo sguardo alla vita considerato un viaggio. Quando si diventa grandi la memoria va anche “a quel bambino che giocava nel cortile con un pallone fatto di stracci”.
In questo senso siamo tutti vagabondi!
Vagabondi, ma sani, positivi.
Viene percepito in questo modo il messaggio anche in tanti Paesi dove cantate “Io vagabondo”? Penso soprattutto all’America Latina?
Il linguaggio della musica è un linguaggio universale.
Cantate il brano in italiano?
Certo. Però lo traduciamo nella lingua locale in modo che tutti possano capire.
E dopo tanto cantare e viaggiare non vi siete stancati! Qual è il collante dell’indissolubile matrimonio musicale dei Nomadi?
L’amicizia! Stiamo bene insieme, c’è rispetto reciproco.
Oggi fra tanti gruppi e cantanti vi sentite forse dei nonni?
Non del tutto! Ci sono ancora tante cose da dire e da fare. I giovani cantanti vogliono arrivare al successo senza perdere tempo, senza guardarsi intorno, magari calpestando gli altri. Io mi sento privilegiato, perché sono vissuto in anni dove si cantava solo per amore della musica. È un motivo di orgoglio esserci ancora, ed essere nonni è un traguardo importante in tutti i sensi, sia in campo musicale che familiare.
Ma cantare, fare tournée, vi diverte come 50 anni fa?
Non mi sono mai divertito tanto come in questi ultimi anni; forse perché con l’età le cose si vedono sotto un altro aspetto, si gusta di più quello che si fa. E poi facciamo quello che amiamo fare, non siamo condizionati da nessuno e da niente!
Quale messaggio cercate ancora di fare passare con le canzoni?
Cerchiamo di dire sempre cose importanti che possano toccare il cuore delle persone. Cerchiamo di dare una speranza a chi ci ascolta, perché di negatività ce ne è tanta in giro! Cerchiamo che almeno la musica dia messaggi che aiutino a tenere alto lo spirito.
Non vi preoccupa che passate come moralisti?
Se una canzone può servire a moralizzare qualcuno ben venga! Di certo non intendiamo insegnare niente a nessuno, né vogliamo essere bacchettoni, ma se la nostra musica serve a qualcuno non mi dispiace che si dica che siamo moralisti.
Pensate che cantando si possa cambiare il mondo?
Magari! Saremmo le persone più felici della terra. Cambiare il mondo non si può, ma lo si può migliorare. È questo il motivo per cui oltre a cantare abbiamo fatto, e continuiamo a fare, tante piccole iniziative umanitarie, a cominciare dai bambini cubani fino a quelli cambogiani, palestinesi, indiani, tibetani, marocchini.
Fino a quando farete i “Nomadi”, i “vagabondi”?
Fino a che ci sarà gente che verrà ad ascoltarci.
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