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NELLE VITE DEI SANTI ESEMPI DA IMITARE
"Va' anche tu e fa' lo stesso"
Santa Caterina, San Giovanni Bosco, Sant’Annibale di Francia, Santa Francesca Cabrini, … sono tanti i Santi che con il loro esempio hanno consegnato al mondo un messaggio importante: nelle difficoltà, mai arrendersi o piangersi addosso, ma rimboccarsi le maniche e lottare. Questo paradigma è attuale più che mai ed è dalle loro vite che si può imparare a farlo.
di Sandro Perrone
Si stava meglio quando si stava peggio?
Capita di sentire sempre più spesso: “Non c’è più religione! Si stava meglio quando si stava peggio! Di questo passo, dove andremo a finire?!”. Quelli che hanno studiato commentano: “Eh! Laudatores temporis acti…”. Come è noto, il poeta latino Orazio, nell’Ars poetica (173) la riferiva alle persone anziane che, non potendo far tornare gli anni passati, vi ritornano volentieri con la memoria. Egli condanna questo comportamento, in quanto denota l’incapacità di cogliere la ricchezza e la varietà del presente e di adeguarsi al progresso e alle vicende attuali. Oggi la locuzione, più che in campo politico per bollare i conservatori, chiusi a qualsiasi rinnovamento, sembra che sia più usata in campo religioso per deprecare la nequizia dei tempi, lo sfacelo della morale, la mancanza di regole certe, ecc.
Non è il caso di elencare minuziosamente le difficoltà nelle quali si dibatte la società di oggi, sconvolta dalla gravissima crisi economico-finanziaria che minaccia le fondamenta stesse dell’edificio capitalistico su cui è poggiato il mondo occidentale, con il rischio molto concreto di trascinarsi nell’abisso tutto il pianeta e gettando nella disperazione chi tenta affannosamente di sopravvivere, nonostante tutto.
Ma davvero oggi la situazione è peggiore di quella in cui vissero Agostino di Ippona o Benedetto da Norcia, che hanno visto il tramonto non di un impero ma di una civiltà, assediati da popoli barbari capaci soltanto di distruggere e di uccidere? L’ora et labora di stampo benedettino non è uno slogan salottiero tra un pasticcino e l’altro all’ora del tè, ma l’impegno duro, faticoso, incessante per rinascere. Dove ci sono delle macerie, dopo aver pianto, è inutile continuare a lamentarsi, bisogna ricostruire, occorre raccogliere mattoni e pietre per mettere su una nuova casa, tra una preghiera e l’altra.
L’impresa di Santa Caterina
In uno dei momenti più difficili della storia della Chiesa, durante i secoli bui del medioevo, Caterina da Siena, sola, analfabeta, osteggiata da tutti, riesce a far tornare a Roma il Papa dall’esilio avignonese. Caterina non si è limitata a pregare e a piangere, ma ha lottato con tutte le sue forze contro tutti e contro tutto, riuscendo a far rientrare a Roma Gregorio XI, anche contro il parere dei suoi Cardinali che lo consigliavano di rimanere ad Avignone.
I Santi degli ultimi
Giovanni di Dio, Camillo de Lellis e altri non si sono limitati a visitare o soccorrere qualche ammalato, ma hanno fondato gli Ospedali moderni, per curare gratuitamente chiunque fosse afflitto da malattie e infermità, e questo senza ricorrere allo Stato (che non c’era) o alle pubbliche autorità (che avevano altro a cui pensare).
Giovanni Battista de la Salle (uno per tutti) inventa le scuole attuali, aprendo la via della cultura e dell’istruzione a tutti coloro che avevano sete del sapere, a cominciare dai bambini e dai ragazzi, senza sospettarsi nulla in cambio.
Nella seconda metà dell’800, in tempi a noi più vicini, San Giovanni Bosco, don Bosco, mentre l’Italia cercava con fatica di diventare una nazione, tra disordini sociali immensi e divisioni laceranti, mentre spariva lo Stato della Chiesa e volavano scomuniche a raffica, decise di scendere per le strade della sua città, Torino, e osservare in quale stato di degrado fossero i giovani del tempo. Insieme a Don Giuseppe Cafasso cominciò a visitare anche le carceri e inorridì di fronte al degrado nel quale vivevano giovani dai 12 ai 18 anni. Di fronte a tanta miseria, non si limitò a deprecare, come la maggior parte dei suoi confratelli sacerdoti, ma si rimboccò le maniche, fondando un Istituto, i Salesiani, che si dedicasse unicamente alla salvezza e all’educazione della gioventù, con scuole, collegi, officine, oratori, che assicurassero un futuro dignitoso.
In un tempo di emigrazione massiccia e selvaggia, tra la seconda metà dell’800 e il primo 900, fino alla Guerra Mondiale del 1915 -1918, Francesca Cabrini non è rimasta a piangere con il fazzoletto in mano nel porto di Genova, ma è salita lei stessa su quelle navi (ha attraversato l’Atlantico per ben 28 volte per recarsi in America) per dare aiuto, sollievo, conforto agli emigranti italiani, vittime di ogni sopruso (nel 1890, quando a New Orleans il capo della polizia locale fu assassinato da ignoti, e la colpa ricadde, senza alcuna prova, sui Dagos, cioè gli italiani laceri, malnutriti, senza fissa dimora, la Cabrini si recò nella città due anni dopo, annunciando: “Gli italiani sono stati diffamati, al punto che la folla, aizzata da chi ne voleva l’espulsione, ne ha linciati a dozzine”; prima di andarsene fece nascere dalle rovine un orfanotrofio e poi un ospedale).
Ricorda qualcosa, oggi?
Annibale Di Francia incontra un povero cieco nelle strade di Messina: “Dove abiti?” chiede. “Verrò a trovarti”. Abbandonati sogni, ambizioni, progetti, s’immerse nella realtà squallida del “Quartiere Avignone” per portare salvezza e redenzione.
Dal Vangelo a Kennedy il motto è fare
Gli esempi si potrebbero moltiplicare a migliaia, ma non è necessario. Quello che serve è un cambio di mentalità. “Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo paese” affermava nel 1962 J. F. Kennedy. Nel primo caso ci si limita a lamentarsi, nel secondo c’è la volontà d’impegnarsi e di costruire. Nel Vangelo, Gesù racconta una parabola, detta del buon Samaritano (Lc 10,30-36), in cui un uomo incappa nei briganti che lo aggrediscono e lo lasciano mezzo morto. Lo vedono un sacerdote e un levita, che probabilmente si sono limitati soltanto a biascicare una preghierina. Un Samaritano, invece, lo soccorre, senza domandarsi come e perché, senza lamentare l’insicurezza delle strade e l’inefficienza del governo. Vede un problema e lo risolve, aiutando e curando; « Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa' lo stesso».
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