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LA SANTITÀ COME SEGNO DI FEDELTÀ TOTALE A DIO
I SANTI DI GIOVANNI PAOLO II
Papa Giovanni Paolo II è ricordato anche per aver canonizzato e beatificato innumerevoli testimoni dell’amore per Dio e per gli uomini. Tra i tanti, due figure significative: quelle di Edith Stein e di padre Kolbe, che hanno pagato con le loro vite la fedeltà a Cristo.
di Aldo Maria Valli
Più di milletrecento beati (per l’esattezza 1345) e 483 santi. Sono le persone beatificate e canonizzate da Giovanni Paolo II. Perché così tante? Per rispondere bisogna pensare a come è cambiata l’idea di santità dopo il Concilio Vaticano II. Se prima i beati e i santi erano visti per lo più come figure eroiche, quasi poste sopra un piedistallo o fra le nuvole, irraggiungibili per i comuni mortali, dal Concilio in poi la santità è stata proposta di vita rivolta a tutti i battezzati, compresi i credenti laici. É da allora che i santi hanno incominciato, per così dire, a scendere dagli altari per diventare esempi di vita quotidiana. In questo modo la santità non è stata banalizzata, ma proposta in modo più efficace.
La santità è ovunque, in ogni ambito della vita
Alcune figure sono particolarmente significative. Penso a un giovane dinamico e sportivo come Pier Giorgio Frassati, nato nel 1901, morto a soli ventiquattro anni e beatificato nel 1990, considerato un esempio di giovane laico cattolico impegnato nel sociale. Penso a Gianna Beretta Molla, medico e madre di famiglia, canonizzata nel 2004, morta a quarant’anni nel 1962 per aver scelto, nonostante un tumore, di consentire la nascita della sua quarta figlia. Penso ai coniugi Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Luisa Corsini, vissuti a Roma tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, proclamati beati nel 2001 proprio in quanto marito e moglie, come esempio di santità maturata nella vita di coppia. Ma penso anche a un missionario come Daniele Comboni (1831-1881), proclamato santo nel 2003 per aver speso la sua vita al servizio del riscatto dei popoli africani, contro ogni discriminazione razziale.
Tutto questo per dimostrare che la santità può e deve essere cercata e trovata ovunque, in ogni ambito della vita, non solo nel chiuso delle sacrestie o dei conventi.
Non dimentichiamo poi che nel corso dei suoi viaggi Giovanni Paolo II ha beatificato e canonizzato anche persone lontane dalla cultura europea, dimostrando così che la santità può germogliare in ogni terreno se questo è debitamente nutrito con la parola di Gesù.
I santi hanno particolare valore per la vita della Chiesa lì dove i cristiani soffrono o hanno sofferto persecuzioni. Ecco perché il Papa, specialmente durante i viaggi, ha proclamato beati e santi tanti martiri della fede, rilanciando l’immagine del martirio come massima espressione di fedeltà e suprema offerta di sé al Signore.
Una riflessione merita Madre Teresa di Calcutta, che conosciamo come la santa dei moribondi, missionaria determinata e intraprendente, ma fu anche una donna fragile, sottoposta per lungo tempo a una tremenda prova spirituale: la sensazione cioè di essere abbandonata da Dio, di non sentire più la sua voce, una “notte dell’anima” che non è rara nei mistici e che Madre Teresa paragonò al castigo dei dannati dell’inferno.
Due su tutti
Prima di terminare vorrei ricordare la domanda che mi pose anni fa un giovane: quali i santi più importanti del ventesimo secolo? Messo alle strette, e consapevole che la scelta è opinabile, ho fatto due nomi: Edith Stein e Massimiliano Kolbe, perché mi sembra che entrambi siano i simboli del rapporto drammatico fra un cristianesimo vissuto nel segno della fedeltà totale e un mondo segnato dalla barbarie di chi vuole annientare la dignità umana. Ebrea di nascita, filosofa, carmelitana, martire, Edith Stein (1891-1942) porta iscritta nella sua stessa vita, come ha detto papa Wojtyla, “una sintesi drammatica” del Novecento. Nel 1933 entra in convento e nel 1942 è uccisa in un lager nazista. Dichiarata beata nel 1987, undici anni dopo è stata canonizzata in piazza San Pietro.
Quanto a Padre Kolbe (polacco, nato nel 1894, morto nel 1941 ad Auschwitz, beatificato da Paolo VI nel 1971 e canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1982), non bisogna dimenticare un aspetto della sua vita: nel 1917, in piena rivoluzione bolscevica, subito dopo le apparizioni di Fatima, fonda la Milizia dell’Immacolata, un movimento che vuole rispondere con il messaggio dell’amore mariano a quello della violenza e dell’odio che imperversava in quei tempi. Un ideale al quale resterà fedele fino all’ultimo, quando, rinchiuso nel lager, offrirà la sua vita per salvare quella di un padre di famiglia.
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