Quasi tutti da ragazzi abbiamo preso in giro qualcuno dei nostri amici e compagni o siamo stati a nostra volta oggetto di canzonature. Ma oggi questo comportamento è diventato una forma di violenza acutissima. Perché questo fenomeno? E quale il disagio che nasconde? Compito degli educatori è prima di tutto quello di far emergere il problema.
di Aldo Maria Valli
In un libro interessante e stimolante, appena pubblicato dalla Edizioni Ares, il saggista Ugo Borghello si occupa del sarcasmo nel mondo giovanile e descrive questo modo di fare come una vera e propria arma impugnata dal gruppo, o dal branco, per escludere gli altri e rafforzare i rapporti di potere al suo interno. Il libro, Liberi dal sarcasmo. Come prevenire le derive negative del gruppo di coetanei, è da consigliare a tutti coloro che hanno responsabilità educative perché mette a fuoco un problema che fa da spia di un disagio reale.
Quasi tutti da ragazzi abbiamo preso in giro qualcuno dei nostri amici e compagni o siamo stati a nostra volta oggetto di canzonature. Ma oggi, nota Borghello, questo comportamento tutto sommato innocuo è diventato una forma di violenza acutissima, che arriva a coinvolgere anche i giovani apparentemente meglio attrezzati sul piano morale. Perché questo fenomeno? E quale il disagio che nasconde?
L’autore esamina il gruppo giovanile, questa realtà che caratterizza così fortemente i comportamenti delle nuove generazioni, e spiega che si tratta di un modo sbagliato di rispondere al bisogno d’amore connaturato a noi tutti. In un mondo che nega le grandi questioni della verità e della libertà e che non dà risposte al bisogno di senso avvertito da ogni creatura, l’appartenenza al gruppo diventa la soluzione più immediata. Ma è in realtà una scorciatoia piena di limiti e di rischi.
Appartenere a un gruppo fa credere di essere liberi, ma al suo interno si fanno solo le cose che sono apprezzate dagli altri, perché l’esigenza del riconoscimento prevale su tutto.
L’appartenenza a un gruppo non è un male in sé. Ma lo diventa se il soggetto non esercita più il senso critico e non ricerca più la verità, bensì l’approvazione degli altri appartenenti. Inoltre, quando l’orizzonte del gruppo si fa totalizzante, chi ne resta fuori si trasforma in nemico, ed è a questo punto che entra in gioco il sarcasmo come arma.
I problemi qui esposti non sono teorici. Come padre di due gemelle di quindici anni posso testimoniare che il meccanismo inclusione-esclusione scatta puntuale a questa età, con riflessi molto pesanti sulla vita dei giovani. Lo vedo soprattutto nell’ambito del gruppo sportivo frequentato dalle mie figlie, dove le ragazze meno in gamba dal punto di vista delle prestazioni atletiche e un po’ più timide nel rapporto con le altre vengono automaticamente messe ai margini.
Come combattere questi fenomeni? La risposta non è facile e non ce ne può essere una sola. Dipende dalle situazioni e dai contesti. Compito degli educatori (genitori, insegnanti, allenatori) è prima di tutto quello di far emergere il problema. Se lo si tiene nascosto, se lo si dà per scontato, oppure se, per comodità, si preferisce ignorarlo, si arreca un danno gravissimo ai giovani, specialmente nella preadolescenza.
Con tatto e sensibilità, partendo dalla vita vissuta, occorre invece lasciarlo emergere, per far notare che l’esclusione sociale attraverso l’uso del sarcasmo non è soltanto un’ingiustizia, ma è come una mala pianta che, soffocando la vita e i rapporti sociali di tutti, lascia un deserto di macerie che provoca sofferenza per tutti.
In aggiunta a quanto sostenuto nel libro, vorrei però osservare che, purtroppo, sempre più spesso noto comportamenti tipici della preadolescenza anche nei genitori stessi, che a loro volta si riuniscono in gruppi chiusi escludendo chi non è giudicato degno di entrare nella cerchia. Inutile dire che è questo un dato altamente preoccupante sotto ogni profilo.
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