STORIE DI VITA - Mondo Voc aprile 2011                                                        Torna al sommario

 

 

SIMONA ATZORI

Il bello di danzare senza braccia


di Vito Magno

 

È nata senza braccia, ma è diventata ballerina e pittrice di fama internazionale. Milanese, 36 anni, Simona Atzori ha raggiunto traguardi prestigiosi grazie alla sua determinazione. Molto impegnata nel sociale, è stata recentemente in Kenia con la Fondazione Fontana, dove ha danzato per i bambini disabili, malati di Aids, detenuti e ragazzi di strada.

 

Leggo sul suo sito: “Sorrido vivendo, sorrido amando, sorrido dipingendo e danzando”. La vita con lei è davvero così benevola?

Credo che la vita più che benevola sia una grande sorpresa di emozioni e di colori, che mi piace affrontare con il sorriso, non esclusi i colori più scuri. Fin da piccola ho scoperto  di avere due mani che però sono in basso, cioè i miei piedi, quando tutti gli altri le mani le hanno in alto. Ho dovuto inventare una vita tutta mia. Così hanno dovuto fare  anche i miei genitori. Ma non sento di avere qualcosa in meno. Dio è un pittore perfetto. Se mi ha disegnata così è perché lo ha voluto.


Come fa a  mangiare e  scrivere, a svolgere  le mansioni che sono proprie delle mani?

Faccio tutto con le mie mani basse: i piedi mi permettono di camminare, di mangiare, scrivere, truccarmi.

 

Perfino guidare la macchina!

Certo! Questo è stato un traguardo molto importante per me. I limiti assolutamente non mi appartengono. Quando trovo un limite cerco sempre di superarlo.

 

È dunque vero che la diversità contiene potenzialità immense?

Assolutamente sì. Ma credo che questo valga per tutti, perché tutti siamo diversi l’uno dall’altro. Le diversità sono ricchezze. Penso sempre come sarebbe un mondo dove fossimo tutti uguali, e credo che probabilmente un mondo così non potrebbe esistere. È dalla diversità che nascono le cose più belle.

 

Prima diceva che Dio ha un disegno su ciascuno. Quanto le è costato accettarlo?

Non più di quanto avviene con gli altri, per tanti motivi. Primo perché i miei genitori mi hanno accettata come un dono; non mi hanno mai fatto sentire diversa per il fatto di essere nata senza braccia. Quando cresci in una famiglia così ti senti giusta, ti senti bella, ti senti amata. Poi ho un’altra grande fortuna: un carattere ottimista. Vedendo le cose in positivo la vita diventa più facile. Ho dovuto affrontare i giudizi degli altri sulla mia diversità che, costituendo per me la normalità, non mi sono pesati.

 

Si è mai chiesta il motivo perché Dio l’ha fatta senza braccia?

Ho sempre creduto che Dio mi ha voluto così non per errore. Ciò mi ha aiutato a scoprire gradualmente il bisogno di partecipare agli altri il dono ricevuto attraverso la danza, la pittura, il modo di comunicare. Svegliarmi tutte le mattine dicendo: “Ti ringrazio Signore per il dono grande che mi hai fatto”, e comunicare agli altri questa positività, è motivo del mio essere credente.

 

So che manifestò questa fede anche a Giovanni Paolo II nel regalargli un ritratto che lei stessa aveva fatto!

È vero. Quello è stato uno degli incontri più belli della mia vita. Avevo 17 anni, ero nel pieno della mia freschezza. Ebbi la percezione di trovarmi di fronte a un uomo che aveva la capacità di scrutare i cuori. Il suo sguardo, il suo sorriso, mi ha dato una forza che mi è rimasta. Per questo sono stata tra coloro che hanno gridato “Santo subito”.

 

Il primo maggio sarà beatificato! Non gli ha mai chiesto un miracolo?

Mai. Quell’incontro è stato già un miracolo, mi ha dato la capacità di ringraziare sempre il Signore per il dono della vita.

 

Che dire della danza e dei suoi balletti con Roberto Bolle, il primo ballerino della Scala. È stato facile arrivare fino a questo punto?

Credo che di facile ci sia poco nella vita, perché le grandi soddisfazioni si ottengono con il sacrificio dopo averle sognate. Ho sempre desiderato diventare una danzatrice, anche quando tutti mi dicevano che per una ballerina senza le braccia non era il caso. Però ci ho creduto con la semplicità che mi caratterizza. Ho salito uno per uno tutti i gradini della danza  senza voler dimostrare niente a nessuno, ma solamente perché sentivo che questa era la mia strada. E i riconoscimenti sono venuti, perché la gente ha visto nei miei movimenti la gioia che provoca grandi emozioni. Anche Roberto Bolle ha la stessa filosofia della vita. Ballare con lui è stato un grande piacere.

 

Con la danza è ora arrivata anche in Kenia!

Questo viaggio è stato per me un’esperienza straordinaria, qualcosa di talmente bello che ancora oggi, guardando le foto, mi sembra un sogno. Attraverso la Fondazione Fontana ho danzato nell’università e nel carcere di Niaruri. Ho scoperto quanto la vita abbia un altro sapore in Kenia, dove si vive senza filtri, dove il riso è riso e il pianto è pianto.

 

Per quale scopo si è recata in Kenia?

Sono andata in qualità di testimonial della Fondazione Fontana. La loro Comunità Saint Martin, che è a Niaruri, si occupa di bambini malati di Aids, di ragazzi con disabilità, di bambini di strada. In Kenia, attraverso la danza e gli incontri, ho avuto modo di far conoscere il mio modo di concepire la vita, ho  scoperto l’importanza che la Fondazione Fontana attribuisce a  “fare comunità” con la gente bisognosa.

 

Cosa risponde a chi, soprattutto per email, le chiede aiuto, conforto nelle difficoltà della vita?

Dico sempre a tutti di amare la vita, di considerala come un dono e di sforzarsi di capire in quale forma essa può diventare un valore. Giovanni Paolo II diceva una cosa meravigliosa: “Prendete la vostra vita fra le mani e fatene un capolavoro”.

 

Mi accorgo che lei lo ha preso in parola! Ma ora quale altra barriera pensa di superare?

Mi piacerebbe che la gente vedesse in me una donna, una ballerina, una pittrice, una persona che ama la vita. Mi piacerebbe che tutti mi considerassero per quello che sono e che ho, non per quello che pensano che mi manchi.

 

Si sente fortunata!

Molto, perché dalla mia parte ho la forza di amare la vita.

 

 

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