I sacerdoti nell'immaginario cinematografico.
PRETI AL CINEMA
La presenza dei preti nel cinema è assai variegata. A volte sono solo anonimi 'don' di fantasia, come il don Matteo di Terence Hill, altre volte sono figure eroiche come don Pino Puglisi o don Luigi Di Liegro, a volte sono addirittura santi come san Giovanni Bosco.
di Paolo Fucili
Dalla pellicola comica, che a nulla altro mira che a qualche sana risata, al pensoso film 'impegnato', dall'arguto affresco sociale o di costume al melodrammatico, al romantico, allo storico. La casistica della presenza del prete nel cinema è assai variegata, quali che siano toni, registri, generi dei film dove nei panni se non di protagonisti, di personaggi comunque non secondari svolazzano tonache varie. A proposito: magari serve solo a farlo identificare dallo spettatore, ma nei set cinematografici il prete osserva in genere con più rigore la disciplina ecclesiastica dell'abito... E i preti 'veri'? Forse non sarebbe utile anche a loro farsi riconoscere meglio e sempre?
Viene in mente il celebre proemio della Gaudium et Spes, Costituzione conciliare che nel 1965 recitava: “Le gioie e le speranze, le angosce e le tristezze degli uomini d'oggi [...] sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”. E se il sacerdote è un discepolo che al suo maestro ha dato addirittura la vita, come stupirsi in fondo del suo ricorrere in sceneggiature varie? Dove si ride e dove si piange, dove si teme e dove si spera, là c'è il prete... non è così anche nella realtà?
A volte sono solo anonimi 'don' di fantasia, come per dirne uno il don Matteo di Terence Hill, orfano dell'alter ego Bud Spencer con cui distribuiva sganassoni a destra e a manca. Sarà pure fiction, ma perché siano 'credibili' qualunque regista si preoccupa di far trasparire dai loro gesti e parole l'umanità profonda, la passione per Dio e per l'uomo, la capacità di accogliere ed ascoltare che tutti, anche i meno avvezzi a frequentare chiese e parrocchie, abbiamo saggiato almeno una volta nella vita incontrando un prete. Magari è solo un ricordo d'infanzia o di gioventù. Lo scintillante mondo del cinema e della TV, al pari di molti altri, non risulta distinguersi per una particolare religiosità e devozione. Eppure, sarebbe da chiedersi, chissà cosa c'è dietro la simpatia con cui dà vita a tanti preti e la simpatia che molti di quei preti emanano... Che sia un desiderio latente ed inespresso di spiritualità? E di uomini che sappiano coglierlo, purificarlo, indirizzarlo, questo desiderio? E chi altri può e deve farlo, se non il prete? Che pure avrà anche lui, al pari di ogni altro uomo, difetti e debolezze, immortalati essi pure in tante rappresentazioni cinematografiche. Ma non è il caso di essere troppo permalosi. Perché comunque sono numerosissime le figure positive di prete in film e sceneggiati vari.
Alcuni sono addirittura santi assurti alla gloria della settima arte, dopo quella degli altari. È stato il simpatico Flavio Insinna, l'esuberante conduttore della “Corrida” di canale 5, a dar faccia e voce ad un san Giovanni Bosco dal magnetico carisma. Oppure Luca Zingaretti nei panni dell'indimenticato don Pino Puglisi in “Alla luce del sole” (2005), intenso omaggio al sacerdote palermitano ucciso dalla mafia, per il quale il processo di beatificazione è in corso.
Anche Giulio Scarpati in “L'uomo della carità” (2006) ha impersonato don Luigi Di Liegro, direttore della Caritas di Roma, infaticabile apostolo di tutti i disgraziati 'ultimi' della capitale.
Massimo D'Apporto è stato per due serie di sceneggiati TV il don Marco di “Un prete tra noi” (1997-1999).
E come non ricordare Carlo Verdone? Nel 1983, in “Acqua e sapone”, era un finto prete che per non essere smascherato spacciava l'ATAC della tessera dell'autobus come “Associazione teologica amici di Cristo”.
Anche con l'ultimo “Io, loro e Lara” (2010) si ride parecchio, ma si riflette anche: il missionario che torna a Roma in crisi di fede, calandosi in un contesto familiare e sociale lontano anni luce dalla sua Africa, tanto è inviluppato nel proprio insipiente vuoto di senso, ritrova così, ripartendo per la missione, quella fede che prima vacillava. La galleria di attori che si sono ritrovati al collo il collarino bianco, è davvero sterminata. E gli esempi appena citati non hanno, ovvio, la minima pretesa di esaustività, né di essere i più significativi. Meglio non avventurarsi in un catalogo che risulterebbe irrimediabilmente parziale, col rischio di scontentare comunque qualche escluso più o meno illustre. Basterà ricordare, nondimeno, che a maggio scorso la Fondazione Ente dello Spettacolo ha curato in Vaticano una mostra, “Preti al cinema. I sacerdoti e l'immaginario cinematografico”: cento fotografie più altre sequenze di scatti di foto di scena che ripercorrono un lungo pezzo di storia di cinema italiano e non solo, illustrando la presenza del prete nel cinema stesso e i contesti e le modalità con cui è stato ed è rappresentato. Se il cinema è specchio e memoria della nostra storia, allora bene si può dire che anche i preti hanno fatto questa storia.Meglio rimandare a quella esposizione e al relativo catalogo chi fosse interessato ad approfondire l'argomento.
Anche papa Benedetto XVI, narrano le cronache, vi ha potuto dare un'occhiata, nell'atrio dell'ampia aula Paolo VI dove il mercoledì tiene le udienze generali. E lui stesso, si legge non senza sorpresa nel suo recente libro-intervista “Luce del mondo”, ha confidato al connazionale Peter Seewald uno dei modi con cui impiega, coi collaboratori più stretti, il raro tempo libero. Ovvero guardare in TV notiziari, qualche dvd e qualche film... “Ci piace Peppone e don Camillo”, ha rivelato. “Immagino conosca a memoria ogni episodio”, ha commentato l'intervistatore. “Non tutti”, ha replicato il Papa ridendo. Un riconoscimento inatteso per uno dei 'padri nobili' dei preti del cinema, il sanguigno parroco di Brescello e le sue baruffe più o meno serie col sindaco comunista del paese, nell'Emilia del dopoguerra, nel clima del più acceso scontro ideologico tra Chiesa e comunismo, tutto ispirato ai celeberrimi racconti della forbita penna di Giovannino Guareschi. Bello, ma anche un po' datato.
“Fatevi sotto”, viene quasi da consigliare a produttori, registi, attori, con qualche nuova storia di preti. Chissà che non riusciate a far breccia persino in Sua Santità...
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