I giovani nella settima arte
Sin dalla sua nascita il cinema si è sempre occupato di tematiche giovanili. Argomenti come delinquenza giovanile, tossicodipendenza, lavoro, droga, violenza, disoccupazione, bullismo, amore, disagio sono stati soggetti di pellicole straordinarie lungo tutta la storia del cinema e hanno descritto le diverse sfaccettature dell'universo giovanile. Ecco un breve percorso tra le opere più significative.
di Antonella Prenna
I film sui ragazzi sono molti, moltissimi, tanti di più di quelli che si occupano di altre categorie. Da sempre il mondo giovanile ha occupato parte della cinematografia internazionale tanto da creare veri e propri filoni.
Il cinema per ragazzi resta una realtà molto consistente, in quanto essi stessi costituiscono una parte considerevole dell'umanità. Dappertutto lo si continua a fare. Amore, lavoro, droga, violenza, disoccupazione, bullismo, sono tutti temi con cui abbiamo a che fare quotidianamente, ne sentiamo parlare ai telegiornali, li leggiamo sui giornali, se ne parla tra amici, a scuola o in famiglia, ne sono invase le sale cinematografiche.
Tanti sono anche i romanzi dai quali vengono presi i soggetti dei film che si occupano proprio di queste problematiche. Esiste una produzione riservata ai giovani in cui i protagonisti sono spesso ragazzi-simbolo, un gruppo, una banda, una scolaresca, una squadra, rappresentanti della loro età o condizione.
Sin dalla sua nascita nel XIX secolo, il cinema si è sempre occupato di tematiche sociali e continua ad offrire panoramiche giovanili sempre più realistiche. Nella metà degli anni ’50 i cambiamenti epocali hanno coinvolto anche i soggetti cinematografici introducendo, tra gli altri, temi come la delinquenza giovanile (“Gioventù bruciata” di Nicholas Ray, 1955).
Tra gli anni ’40 e ’50 è nato un nuovo tipo di divo (James Dean, Marlon Brando, Burt Lancaster, Kirk Douglas) e sono emersi gli "autori indipendenti", come Stanley Kramer e Otto Preminger, che si occuparono entrambi di tematiche come tossicodipendenza ("L’uomo dal braccio d’oro", 1955), stupro ("Anatomia di un omicidio", 1959) e omosessualità ("Tempesta su Washington", 1962).
Tante le pellicole che hanno affrontato e affrontano il tema della droga. Si parte dai classici come “Noi. I Ragazzi dello Zoo di Berlino”, in cui Christiane F., protagonista tredicenne della storia vera alla base del film, ha cominciato a fumare hashish in giovane età, per passare poi all'eroina. La pellicola, che si può definire appartenente al filone del "cinema verità", racconta in maniera agghiacciante il travaglio della tossicodipendenza. È diventato un documento che ha dato adito ad un confronto di opinioni da parte di tutte la parti sociali (tra cui medici ed insegnati), diventando anche oggetto di discussione e di visione in molte scuole superiori. La pellicola rimane tuttora, ad oltre 30 anni dalla sua uscita, uno dei film drammatici più duri e sconvolgenti da digerire, ma per ciò stesso indispensabile.
“Trainspotting”, che tra i film sulla droga è il migliore in assoluto, oltre che forse il più realistico, è la storia del tossicomane Mark e della sua banda di amici: brutti, sporchi, cattivi e ladri, ma nella loro insolenza suscitano pena e simpatia, più che paura. È il primo film che in modo esplicito racconta una storia di drogati dal loro punto di vista.
Meritevole di menzione è l'italiano “Radiofreccia”, se non altro per la profondità psicologica di trama e personaggi. Ligabue, che ne è il regista, ci da uno spaccato degli Anni 70, l'epoca delle radio libere, non ancora imbavagliate da sponsor o vincoli. I protagonisti sono giovani ragazzi con pochi soldi in tasca, in difficoltà ad affrontare i problemi della vita ma con voglia di musica e di stare assieme. Il film mostra una generazione in conflitto con l'universo adulto e con una ribellione interiore inarrestabile, che si scatena in relazioni distruttive con la propria famiglia. Anche qui il protagonista finisce nel tunnel della droga.
In “Ritorno dal nulla”, tratto dal romanzo autobiografico Jim entra nel campo di basket del poeta e musicista Jim Carroll, si narra l'irrequieto percorso di un adolescente in un istituto cattolico di New York che passa dalle partite di basket all'autodistruttiva discesa nei paradisi artificiali dell'eroina.
Di disagio giovanile e alcolismo parla “Vorrei averti qui”, il nuovo film del giovane regista Angelo Antonucci che nel suo precedente “Nient’altro che noi” aveva affrontato il bullismo nelle scuole. Antonucci racconta tematiche giovanili che vanno oltre ai consueti film d’amore adolescenziali. Racconto storie vere di giovani che si perdono negli eccessi dell’alcool e del facile divertimento, ma da un messaggio positivo di speranza per una presa di coscienza tra i giovani su questi fenomeni che purtroppo ogni anno causano migliaia di vittime.
“Il bacio che aspettavo” pur essendo una pellicola sentimentale è ben lontano dall’essere una banale commedia adolescenziale come farebbe intuire l’inadatto titolo italiano. Si tratta piuttosto di una storia di sentimenti e di emozioni inespresse o colte nel loro fluire, una ricerca della propria identità contro la non chiara consapevolezza di sé, delle proprie potenzialità e del proprio capitale umano. Parla di rapporti molto intensi e profondi che permetteranno a ciascuno dei personaggi di esplorare il senso della propria vita.
Storie normalissime di vita sociale di giovani qualunque sono quelle raccontate nella commedia italiana “Che ne sarà di noi” in cui un gruppo di amici, subito dopo l'esame di stato si reca in Grecia per festeggiare la maturità. Diciannovenni normalissimi, di quelli che si trovano in tutte le scuole d'Italia. Attraverso le loro esperienze di vita si arriva a constatare che prima di capire, gli errori bisogna commetterli da sé.
Un film dedicato agli adolescenti è “Notte prima degli esami” che parla degli adolescenti degli anni '80 raccontati per i trentenni del terzo millennio. Cambiano solo le musiche, i punti di riferimento, le mode del vestire, le vie di comunicazione (oggi abbiamo internet e i cellulari). Il film racconta gli adolescenti di ieri per i trentacinquenni di oggi, non trascurando chi ha diciotto anni e che probabilmente vive da vicino le emozioni dei protagonisti.
Quella che potrebbe sembrare una commedia pseudo-studentesca è il recentissimo “Immaturi”, il film di Paolo Genovese ricco di imprevisti, disavventure più o meno sentimentali, furberie ed escamotage in cui il regista parla di amici, di un gruppo che il tempo ha allontanato per poi fare ritrovare.
In questa panoramica non può mancare una menzione a Federico Moccia che sul mondo dei ragazzi italiani impera. Tutto iniziò con il suo romanzo “Tre Metri sopra il cielo”, un caso letterario che, divenuto un film ha dato il via ad un genere in piena regola con incassi da record al botteghino. Così anche i due romanzi successivi di (Ho voglia di te e Scusa ma ti chiamo amore) sono diventati film. I ragazzi hanno voglia di amare e di sognare e questi romanzi parlano proprio di questo. I personaggi sono sempre positivi, legati al mondo reale, alla vita di tutti i giorni. Sono giovani pieni di passione come tutti i giovani sono per natura. E che, se anche intraprendono strade difficili o sbagliate, si accorgono degli errori, cercano comprensione e spesso in qualche modo si redimono. Parlando dell'amore che muove la vita di questi ragazzi, lo stesso Moccia in una intervista ha detto che "si tratta di un ideale e di una parola che spinge tutti a vivere. La crisi della famiglia, i tradimenti e quant'altro non modificano l'ideale dell'amore. È più difficile tenersi intatta una famiglia al giorno d'oggi ma io ci credo. Bisogna crederci e cercare di superare le difficoltà", ha dichiarato.
La risposta a questa teoria potrebbe essere quella del nuovo film di Carlo Verdone, “Posti in piedi in Paradiso”, in cui l'attore romano si cimenterà con un tema serio: il fenomeno dei nuovi poveri. Protagonisti tre uomini molto diversi che, ridotti al verde per pagare gli alimenti alle ex mogli, si trovano costretti a condividere lo stesso appartamento. Per fortuna a consolarli ci sono i figli che giocano un ruolo determinante. Secondo quanto detto dal regista "in quanto giovani, pur non avendo molte possibilità di esprimersi, in questo momento, le troveranno di sicuro, andranno verso una ricostruzione del nucleo familiare, perché la famiglia sarà la loro possibile isola felice".
Sempre del filone adolescenziale fa parte il già citato “Ho voglia di te”, continuazione di Tre metri sopra il cielo. È più immediato, più televisivo, forse più acerbo del precedente, gli incontri e i dialoghi leggeri, dipingono un quadro che è vicino a chi ha venti anni e non pensa che il tempo prima o poi passerà. Incontra ciò che siamo a quell'età, lo mette in luce con estrema semplicità e ingenuità.
Di tutt'altro genere è “Scrivilo sui muri”, una commedia sentimentale “armata” di vernice e bombolette spray. Attingendo alla cultura dei writer, nata nei ghetti americani e scoppiata negli anni Ottanta sui muri “immacolati” del vecchio continente, il regista Giancarlo Scarchilli gira la pellicola. La creatività di un gruppo di amici che lanciano il loro messaggio per uscire dall’anonimato si esprime sulle facciate dei palazzi, sulle pareti di un deposito in periferia, sui finestrini dei treni in sosta nelle stazioni. Affrontano la notte per rendere pubblico il loro disegno, il loro amore o il loro disappunto. Dall’altra parte del muro ci sono gli adulti e le irriducibili incomprensioni fra padri, madri, figli e figlie. Una distanza che il regista romano cerca di interrogare ancorando i suoi writer a un paesaggio italiano, più peculiarmente romano.
Sostanza e apparenza in “Come tu mi vuoi”, opera prima di De Biasi, in cui emergono la noia e i vizi di una gioventù bruciata, lo squallido rituale della droga chic, la rappresentazione dei luoghi dei neo-ricchi spregiudicati.
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